Considerato che il primo ricorso presentato dal sindaco unitamente ai consiglieri risulta essere stato definito dal TAR con dichiarazione di inammissibilità, facendo venir meno la sussistenza della lite, per il ricorso tuttora pendente la questione va esaminata sotto il profilo dell’operatività dell’esimente di cui all’art. 63, 3° comma del citato Testo Unico.
Infatti, la Corte di Cassazione, con indirizzo giurisprudenziale costante, ha enunciato il principio secondo cui il suddetto 3° comma, in base al quale l’incompatibilità con la carica di consigliere comunale, per effetto di lite civile od amministrativa con il comune, non sussiste in relazione ai fatti connessi con l’esercizio del mandato, va inteso come riferito non soltanto alle controversie che risultino strettamente correlate ai compiti istituzionali del consigliere, ma anche a quelle in cui detto amministratore non faccia valere le proprie posizioni personali e private, ma interessi della comunità.
Pertanto, ove risulti che l’impugnazione davanti ad un Tribunale amministrativo degli atti deliberativi sia stata proposta a tutela esclusivamente di interessi generali, deve escludersi, in applicazione alla citata norma, una situazione d’incompatibilità per lite pendente prevista dall’art. 63, comma 1, n. 4 del decreto legislativo n. 267/2000.