Possibilità per il sindaco di far parte di un gruppo consiliare
L'iscrizione del sindaco ad un gruppo potrebbe incidere sul corretto e bilanciato esercizio delle funzioni di governo dell'ente.
Raccolta di pareri espressi da questo Dipartimento nelle materie di propria competenza, in particolare in materia di Enti locali.
L'iscrizione del sindaco ad un gruppo potrebbe incidere sul corretto e bilanciato esercizio delle funzioni di governo dell'ente.
Un comune con popolazione inferiore a 15.000 abitanti se intende introdurre la figura del presidente del consiglio potrà adottare un'apposita modifica statutaria che sarà applicabile a decorrere dalla successiva tornata elettorale.
Un'ulteriore modalità d'individuazione dell'assessore che garantisca il principio della parità di genere potrà essere esperita nominando assessore un soggetto esterno al consiglio, qualora tale figura sia prevista nello statuto.
I componenti degli organi di revisione contabile non possono assumere incarichi o consulenze presso organismi o istituzioni comunque sottoposti al controllo o vigilanza dell'ente locale
Si fa presente che i comuni a decorrere dal 1.1.2013 con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 ab., quale quello di specie, sono soggetti al patto di stabilità interno. Si ritiene che codesto Ente potrebbe accedere alla richiesta di cui trattasi solamente in presenza di tutte le condizioni e limitazioni previste dalla normativa.
SUSSISTE CAUSA DI INCOMPATIBILITA' PER LITE PENDENTE DI UN AMMINISTRATORE CON IL PROPRIO ENTE.
In linea di principio, si osserva che i mutamenti che possono sopravvenire all’interno delle forze politiche presenti in consiglio comunale per effetto di dissociazioni dall’originario gruppo di appartenenza, comportanti la costituzione di nuovi gruppi consiliari ovvero l’adesione a diversi gruppi esistenti, sono ammissibili. Sono i singoli enti locali, nell’ambito della propria potestà di organizzazione, i titolari della competenza a dettare norme, statutarie e regolamentari, nella materia.
la materia dei “gruppi consiliari” è interamente demandata allo statuto ed al regolamento sul funzionamento del consiglio. E’ in tale ambito che dovrebbero trovare adeguata soluzione le eventuali problematiche attinenti la suddetta materia. Il rapporto tra il candidato eletto ed il partito di appartenenza “…non esercita influenza giuridicamente rilevabile...” (Tar Puglia, sez. di Bari sentenza n. 506 del 2005) Ne consegue che, all’interno del consiglio, i gruppi non sono configurabili quali organi dei partiti e, pertanto, non sussiste in capo a questi ultimi una potestà direttamente vincolante nei confronti dei membri del gruppo di riferimento.
La previsione contenuta nel comma 5-ter dell’art. 35 del d.lgs n. 165/2001 e s.m.i. stabilisce che le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione. La disciplina che regola i rapporti di lavoro a tempo determinato nella pubblica amministrazione è contenuta nell’art. 36 del citato D.L.gs n. 165/2001.
Gruppi consiliari formati da un unico componente. I mutamenti che possono sopravvenire all’interno delle forze politiche presenti in consiglio comunale comportanti la costituzione di nuovi gruppi consiliari, ovvero l’adesione a diversi gruppi esistenti sono ammissibili secondo il principio del “divieto del mandato imperativo” di cui all’art. 67 Cost (vedi T.A.R. Lazio, sentenza n. 649/2004). Sono i singoli enti locali, nell’ambito della propria potestà di organizzazione, i titolari della competenza a dettare norme, statutarie e regolamentari, nella materia e le relative problematiche dovrebbero trovare adeguata soluzione nella specifica disciplina di cui l’ente stesso si è dotato.
Convocazione consiglio comunale. Il funzionamento dei consigli “… nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento” (art. 38 del d. lgs.vo n. 267/2000). Per quanto riguarda la verifica dell’ammissibilità delle questioni da trattare, una costante giurisprudenza ha stabilito che “… appartiene ai poteri “sovrani” dell’assemblea decidere in via pregiudiziale che un dato argomento inserito nell’ordine del giorno non debba essere discusso - questione pregiudiziale -, ovvero se ne debba rinviare la discussione – questione sospensiva- (T.A.R. per la Puglia Sezione di Lecce, sentenza 4 febbraio 2004, n. 1022).
Allo stato della normativa, la richiesta del lavoratore non possa trovare favorevole accoglimento tenuto conto, altresì, della disposizione contenuta nell’art. 5, comma 7, del D.L. n.95/2012, convertito in legge n. 135/2012 (spending review), che nel determinare in 7,00 euro il valore nominale massimo attribuibile, impone, alle università statali, l’obbligo di riconoscere il buono pasto esclusivamente al personale contrattualizzato.
L'iter deliberativo di approvazione dello statuto e delle sue modifiche comporta che in sede di prima votazione la delibera sia approvata con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati ivi compreso il sindaco, che è componente del consiglio comunale ai sensi dell'art. 37 del citato testo unico
Ove tale quorum non venga raggiunto, si apre un’ulteriore fase procedimentale per la quale lo statuto è approvato “se ottiene per due volte il voto favorevole dalla maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati”.
Le due votazioni per le quali la legge richiede la maggioranza assoluta, da tenersi entro trenta giorni, termine che dalla lettura della norma appare ordinatorio, possono anche non essere consecutive, ma intervallate da una o più votazioni infruttuose. Qualora l’ente, nella propria autonomia normativa non abbia fornito indicazioni in merito alla regola da applicarsi in tutti i casi in cui il computo dei consiglieri necessario a vari fini assommi ad una cifra decimale, possa trovare applicazione il criterio dell’arrotondamento aritmetico
L’art. 76, comma 4, del D.L. 112/2008 convertito in legge 133/2008 e s.m.i. prevede espressamente il divieto per gli enti che non hanno rispettato il patto di stabilità interno nell’esercizio precedente, di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione. La norma è chiara nel disporre il divieto assoluto e omnicomprensivo di procedure a nuove assunzioni. La soluzione della problematica evidenziata potrebbe essere ricercata nell’attuazione della mobilità operata tra enti ugualmente sottoposti al patto di stabilità.
Il comune nell’anno 2011 non ha rispettato il patto di stabilità interno, nel 2012, risulta soggetto alle sanzioni previste dall’art. 31, comma 26 della legge 183/2011, tra cui il divieto assoluto di procedere ad assunzioni a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale. Tale divieto si estende anche alle società partecipate dal predetto comune. Anche la Corte dei Conti, pronunciandosi sulle possibilità assunzionali dei disabili ex lege 68/99, ha ritenuto che il divieto assunzionale, previsto per gli enti che non hanno rispettato il patto di stabilità interno, non possa essere esteso alle assunzioni che l’ente è tenuto ad effettuare, nell’ambito della rispettiva quota di riserva, al fine di ottemperare agli obblighi di cui alla citata legge 68/99.
Nell’ambito delle proprie autonome determinazioni, spetterà all’ente decidere a quale orientamento accedere, nell’eventuale rispetto dei limiti di spesa. Ai sensi dell’art. 11 del CCNL 22.1.2004, l’attribuzione della posizione organizzativa al personale con rapporto di lavoro a tempo parziale può avvenire solamente nel caso di part-time inferiore al 50%. Pertanto, detta possibilità assunzionale resta subordinata al verificarsi delle condizioni previste dal surrichiamato comma 562, peraltro applicabile fino 31.12.2012.
L’assunzione di personale anche a tempo parziale, da parte di codesto ente fino al 31.12.2012, dovrà avvenire nel rispetto della disciplina contenuta nel citato comma 562 (cessazioni relative all’anno 2008) sempreché l’incidenza delle spese di personale su quelle correnti non sia superiore al 50%). A decorrere dal 1.1.2013, anno in cui anche i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 ab. Saranno soggetti al patto di stabilità, la normativa assunzionale cui fare riferimento sarà quella contenuta ai commi 557, 557-bis, 557-ter dell’art. 1 della legge 296/2006 e s.m.i. e nell’art. 76, comma 7 della legge 133/2008 e s.m.i..
Per il personale dipendente da una pubblica amministrazione vige il principio di amnicomprensività del trattamento economico. L’art. 2 del Dlgs 165/2011 nello stabilire che i contratti individuali di lavoro sono regolati contrattualmente, dispone che l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire eslcusivamente mediante contratti collettivi. Detti contratti ai sensi dell’art. 45 Dlgs 165/2001, stabiliscono il trattamento economico fondamentale ed accessorio spettante ai dipendenti.
Il legislatore statale (art. 38, co. 2 del T.U.E.L. n. 267/2000) ha demandato alla fonte regolamentare la determinazione del numero legale per la validità delle sedute. In tema di quorum strutturale, non si riscontrano univoci orientamenti giurisprudenziali. In assenza di diversa previsione regolamentare, si ritiene che il quorum debba essere calcolato includendo il sindaco.
Fatte salve eventuali previsioni regolamentari dell’ente che disciplinino la materia, in presenza di verbali già approvati che risultino difformi rispetto all’effettivo andamento della seduta, è demandato al consiglio comunale l’accertamento dell’errore e la sua successiva rettifica mediante un proprio deliberato.
La correzione dell’errore da parte dell’Amministrazione che ha emesso l’atto, appare peraltro compatibile con il sistema relativo al procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241/1990 e successive modificazioni ed integrazioni ed in particolare con le norme contenute nel capo IV-bis che disciplina “l’efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo, la revoca e il recesso”.
Tale correzione da parte del consiglio comunale non comporta, ovviamente, una nuova discussione dell’argomento, oggetto della deliberazione, che sia già stato discusso ed approvato.
l’art. 78, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 dispone che: “gli amministratori di cui all’art. 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministrazione o di parenti o affini fino al quarto grado”.
Con specifico riferimento all’approvazione di provvedimenti normativi o di carattere generale, la giurisprudenza ha affermato più volte che il dovere di astensione degli amministratori locali costituisce principio generale che, in quanto tale, non ammette deroghe o eccezioni e ricorre ogni qualvolta sussista una correlazione diretta fra la posizione dell’amministratore e l’oggetto della deliberazione, anche se la votazione potrebbe non avere altro apprezzabile esito e la sceltafosse in concreto la più utile e la più opportuna per l’interesse pubblico (Consiglio di Stato, sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2826; idem 4 dicembre 2003, n. 7050; idem 12 dicembre 2000, n. 6596).
Pertanto, il dovere di astensione sussiste in tutti i casi in cui gli amministratori versino in situazioni, anche potenzialmente, idonee a porre in pericolo la loro assoluta imparzialità e serenità di giudizio.
in base a quanto disposto dall’articolo 38, comma 6, del d.lgs. n. 267/2000, le commissioni consiliari, una volta istituite sulla base di una facoltativa previsione statutaria, sono disciplinate dall’apposito regolamento comunale con l’inderogabile limite, posto dal legislatore, riguardante il rispetto del criterio proporzionale nella composizione. Ciò significa che le forze politiche presenti in consiglio devono essere il più possibile rispecchiate anche nelle commissioni, in modo che in ciascuna di esse ne sia riprodotto il peso numerico e di voto.
Un’eventuale modifica regolamentare che determini l’aumento del numero dei componenti della commissione elettorale comunale, disciplinata dall’art. 12 del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223, non potrà in alcun modo trovare applicazione, atteso che la materia elettorale rientra tra quella di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. p) della Costituzione.
Ai sensi dell’articolo 38, comma 6, del d.lgs. n. 267/2000, le commissioni consiliari, una volta istituite sulla base di una facoltativa previsione statutaria, sono disciplinate dall’apposito regolamento comunale con l’inderogabile limite, posto dal legislatore, riguardante il rispetto del criterio proporzionale nella composizione. Ciò significa che le forze politiche presenti in consiglio devono essere il più possibile rispecchiate anche nelle commissioni, in modo che in ciascuna di esse ne sia riprodotto il peso numerico e di voto. In ogni caso è rimessa all’autonomia organizzativa dell’ente interessato l’individuazione, anche mediante opportune integrazioni del vigente regolamento, del meccanismo tecnico (quale voto plurimo, voto ponderato o altro) reputato maggiormente idoneo ad assicurare a ciascun commissario un peso corrispondente a quello del gruppo che rappresenta.
L'iter deliberativo di approvazione dello statuto e delle sue modifiche comporta che in sede di prima votazione la delibera sia approvata con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati ivi compreso il sindaco, che è componente del consiglio comunale ai sensi dell'art. 37 del citato testo unico.