Si è dell'avviso che il disposto normativo recato dall'art.53, c.23, legge 388/2000 non possa essere applicato alle Unioni di comuni laddove la popolazione complessiva, data dalla somma delle singole popolazioni dei comuni aderenti, superi 5000 abitanti.
(Parere n.12781 del 12.4.2024) È stato chiesto l'avviso di quest'Ufficio in merito alla possibilità per gli assessori dell'Unione … di ricoprire l'incarico di responsabili degli uffici e servizi in applicazione dell'art.53, comma 23, legge 388/2000. Tutti i comuni aderenti all'Unione, in quanto enti con popolazione inferiore a 5000 abitanti, possono attribuire agli assessori l'incarico di responsabili degli uffici e servizi, ai sensi del citato art.53, comma 23. Preliminarmente, si rappresenta che la popolazione complessiva dell'Unione dei comuni … risulta essere superiore a 5000 abitanti. La predetta disposizione normativa prevede che "Gli enti locali con popolazione inferiore a cinquemila abitanti fatta salva l'ipotesi di cui all'articolo 97, comma 4, lettera d), del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, anche al fine di operare un contenimento della spesa, possono adottare disposizioni regolamentari organizzative, se necessario anche in deroga a quanto disposto all'articolo 3, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29, e successive modificazioni, e all'articolo 107 del predetto testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, attribuendo ai componenti dell'organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnico-gestionale. Il contenimento della spesa deve essere documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio". Com'è noto l'unione di comuni è qualificata come "ente locale" sia dall'art.2, primo comma, che dall'art.32, primo comma, del d.lgs. n.267/2000, sia dall'art.1, comma 4, della legge n.56/2014. Inoltre, l'Unione, ai sensi dell'art.32, comma 4, del citato d.lgs. n.267/2000 "ha potestà statutaria e regolamentare e ad essa si applicano, in quanto compatibili e non derogati con le disposizioni della legge recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, i principi previsti per l'ordinamento dei comuni, con particolare riguardo allo status degli amministratori, all'ordinamento finanziario e contabile, al personale e all'organizzazione". Con riferimento alla materia in questione, si è espresso il TAR Lombardia-sez.II che, con sentenza n.814 del 2012, ha precisato come "… anche nell'ottica del risparmio di spesa, l'art.107 del D.Lgs. n.267/2000 non ostacola l'estensione alle Unioni della disposizione (art.53 comma 23 sopra richiamato) dettata in via derogatoria per i singoli Comuni che ne fanno parte". Si fa presente, altresì, che il TAR Liguria-sez.I, con la sentenza n.284 del 2021, ha osservato, in ordine al citato articolo 53, comma 23, che "Si tratta di una disposizione che fa eccezione ad un principio generale, sicché, in conformità al canone interpretativo restrittivo di cui all'art.14 disp. prel. cod. civ., è necessario che le relative disposizioni organizzative rivestano la prescritta forma "regolamentare", ovvero siano contenute nello statuto o in un regolamento comunale, cioè in atti di competenza del consiglio comunale (art.42 T.U.E.L.) o della giunta (articolo 48 comma 3 T.U.E.L., relativamente al regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi)". La necessità di una normativa regolamentare che consenta l'applicazione dell'art.53, comma 23, legge 388/2000 è stata ribadita di recente anche dal Consiglio di Stato-sez.VI, che, nella sentenza n.1860 del 2022, ha osservato come "L'art.53, comma 23, della L. n.388/2000, e s.m.i., non è immediatamente precettivo, richiedendo che gli enti locali ne recepiscano il contenuto nell'ambito di 'disposizioni regolamentari organizzative' interne …". Chiarito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, si è dell'avviso che il disposto normativo recato dall'art.53, comma 23, della legge 388/2000 non possa essere applicato nel caso in esame in quanto la popolazione complessiva, data dalla somma delle singole popolazioni dei comuni aderenti all'Unione, supera ampiamente il numero di 5000 abitanti. Tale osservazione sembra potersi dedurre proprio dall'art.32, comma 4, del citato d.lgs. n.267/2000, in base al quale si applicano alle unioni i principi previsti per l'ordinamento dei comuni. Infatti, con la predetta disposizione normativa, secondo cui all'unione si applicano, in quanto compatibili, i principi previsti per l'ordinamento dei comuni, deve ritenersi applicabile alle unioni di comuni anche il limite di 5.000 abitanti previsto per i comuni dall'art.53, comma 23, della legge 388/2000. Giova, in proposito, fare riferimento alla deliberazione n.5/2018 reso dalla Corte dei Conti-Sezione Regionale di Controllo per il Lazio, laddove viene specificato che l'art.53, comma 23, della legge n.388/2000 rappresenta una puntuale disposizione derogatoria rispetto al principio di separazione tra indirizzo politico e compiti gestionali. Pertanto, la deroga "… è ammessa in ragione delle ridotte dimensioni demografiche dell'Ente locale, ma va interpretata restrittivamente e non è estensibile oltre i casi e i modi espressamente regolati (Corte dei conti - sez. reg. controllo Lombardia, delib. n.513/2012/PAR del 10 dicembre 2012). A latere della possibilità di attribuire a componenti della giunta lo svolgimento di funzioni gestionali amministrative, l'ordinamento disciplina, al contempo, la possibilità - ed in taluni casi l'obbligo - di svolgere in forma associata, le medesime funzioni fondamentali: articoli 30 e 32 del Tuel e art.14, comma 28, del D.L. n.78/2010, convertito dalla L. n.122/2010 e successive modifiche ed integrazioni."