l’art. 78, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 dispone che: “gli amministratori di cui all’art. 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministrazione o di parenti o affini fino al quarto grado”.
Con specifico riferimento all’approvazione di provvedimenti normativi o di carattere generale, la giurisprudenza ha affermato più volte che il dovere di astensione degli amministratori locali costituisce principio generale che, in quanto tale, non ammette deroghe o eccezioni e ricorre ogni qualvolta sussista una correlazione diretta fra la posizione dell’amministratore e l’oggetto della deliberazione, anche se la votazione potrebbe non avere altro apprezzabile esito e la sceltafosse in concreto la più utile e la più opportuna per l’interesse pubblico (Consiglio di Stato, sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2826; idem 4 dicembre 2003, n. 7050; idem 12 dicembre 2000, n. 6596).
Pertanto, il dovere di astensione sussiste in tutti i casi in cui gli amministratori versino in situazioni, anche potenzialmente, idonee a porre in pericolo la loro assoluta imparzialità e serenità di giudizio.
E' stato chiesto un parere in materia di astensione recato dall'art. 78, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000.
Il consiglio comunale di .. ha deliberato, ai sensi della legge regionale 14 marzo 1994, n. 12, la richiesta di 'sclassificazione' dal regime demaniale civico dei terreni soggetti ad uso civico ricompresi nel centro abitato e nell'area industriale di . in quanto risultano avere -irreversibilmente perso la conformazione fisica o la destinazione funzionale di terreni agrari, ovvero boschivi o pascolativi- (art. 18 bis, comma 1, lett. a ).
Alla votazione in parola hanno preso parte quasi tutti i consiglieri, sindaco incluso, ancorchè proprietari di parte dei terreni oggetto della deliberazione.
Al riguardo si rappresenta che l'obbligo di astensione trova fondamento nei principi di legalità, imparzialità e trasparenza che devono caratterizzare l'azione amministrativa ai sensi dell'art. 97 della Costituzione.
In particolare, l'art. 78, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000dispone che: -gli amministratori di cui all'art. 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministrazione o di parenti o affini fino al quarto grado-.
Una costante giurisprudenza ritiene che l'obbligo di astensione, per conflitto di interessi da parte dei soggetti appartenenti ad organi collegiali, sussista in tutti i casi in cui i soggetti tenuti alla sua osservanza siano portatori di interessi personali che possano trovarsi in posizione di conflittualità o anche solo di divergenza rispetto a quello, generale, affidato alle cure dell'organo di cui fanno parte (ex multisTAR Puglia-Lecce, sez. I, 18 luglio 2009, n. 1884; Consiglio di Stato, sez. V, 13 giugno 2008, n. 2970).
Con specifico riferimento all'approvazione di provvedimenti normativi o di carattere generale, la giurisprudenza ha affermato più volte che il dovere di astensione degli amministratori locali costituisce principio generale che, in quanto tale, non ammette deroghe o eccezioni e ricorre ogni qualvolta sussista una correlazione diretta fra la posizione dell'amministratore e l'oggetto della deliberazione, anche se la votazione potrebbe non avere altro apprezzabile esito e la sceltafosse in concreto la più utile e la più opportuna per l'interesse pubblico (Consiglio di Stato, sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2826; idem 4 dicembre 2003, n. 7050; idem 12 dicembre 2000, n. 6596).
Pertanto, il dovere di astensione sussiste in tutti i casi in cui gli amministratori versino in situazioni, anche potenzialmente, idonee a porre in pericolo la loro assoluta imparzialità e serenità di giudizio. Ciò al fine di evitare che, partecipando alla discussione e all'approvazione del provvedimento, essi possano condizionare nel complesso la formazione della volontà dell'assemblea concorrendo a determinare un assetto complessivo non coerente con la volontà che sarebbe scaturita senza la loro presenza (Consiglio di Stato, sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3385).
La fattispecie in esame pare doversi ricondurre nell'ambito applicativo dell'art. 78, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000, avendo ad oggetto l'approvazione di un provvedimento di carattere generale (l'istanza di sclassificazione dal regime demaniale civico si riferisce a tutto il centro abitato e a tutta l'area industriale) e ricorrendo quella 'correlazione immediata e diretta' fra il contenuto della deliberazione e gli interessi personali dei componenti il consiglio comunale.
In tale ipotesi, per evitare che un possibile conflitto di interessi possa inficiare la legittimità della deliberazione, la giurisprudenza ha ritenuto che una votazione frazionata, cui di volta in volta si astengono gli amministratori interessati, seguita dall'approvazione del provvedimento nel suo complesso, rappresenti una soluzione ragionevole e realistica (TAR Veneto, sez. I, 8 giugno 2006, n. 1719).
Per la richiamata giurisprudenza è ammissibile che il consiglio comunale proceda a deliberazioni e votazioni sui singoli terreni interessati; in queste votazioni disgiunte i consiglieri interessati si devono astenere, dovendo risultare le suddette votazioni separate dalla votazione finale. Tuttavia, l'approvazione della istanza di 'sclassificazione' non può esaurirsi in singole votazioni frazionate riferite ai singoli terreni, ma deve necessariamente comprendere anche una fase conclusiva comportante l'esame, la discussione, la votazione e l'approvazione del provvedimento nel suo complesso.
I consiglieri che si sono astenuti su singoli punti del provvedimento, per una loro correlazione diretta ed immediata con lo stesso, potranno, invece, prendere parte all'approvazione finale. La ratio dell'art. 78 del d.lgs.vo n. 267/2000, costituita dall'esigenza di evitare situazioni di conflitto di interesse dei consiglieri comunali, deve ritenersi sufficientemente garantita in quanto il consigliere 'interessato', per quanto riguarda la scelta pianificatoria relativa ai suoi interessi, non è più in condizione di influire, almeno direttamente, sulla stessa in sede di votazione finale, posto che in ordine alla questione si è già formato il consenso senza la sua partecipazione ( T.A.R. Lazio Sez. II bis sent. N. 6506/2002; T.A.R. Veneto Sez. I sent. N. 4159/2003).
Nei termini suesposti è l'avviso di questo Ministero sulla questione rappresentata che si prega di voler portare a conoscenza dell'ente nei modi ritenuti più opportuni.