Nei confronti di un consigliere assolto, con sentenza divenuta irrevocabile, in un processo penale, in cui l’amministrazione comunale si era costituita parte civile, non è possibile ravvisare la causa di incompatibilità di cui all’art. 63 comma 1 n. 4. Tale disposizione, infatti, così come modificata dal decreto-legge 22 febbraio 2002 n. 13, convertito con legge 24 aprile 2002 n. 75, nel disporre che non può ricoprire la carica di consigliere comunale colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile o amministrativo, con il comune, prevede espressamente che “la costituzione di parte civile nel processo penale non costituisce causa di incompatibilità”.
In merito ad un secondo consigliere, la cui moglie ha promosso nei confronti del comune un giudizio civile, pendente, per la condanna dell’ente al risarcimento dei danni subiti dal proprio figlio, ugualmente non si ritiene sussistente la causa di incompatibilità prevista dal citato art. 63 comma 1 n. 4. La Corte di Cassazione ha, difatti, ribadito che l’espressione “essere parte di un procedimento” deve essere intesa in senso tecnico, per cui la pendenza di una lite va accertata con riferimento alla parte in senso processuale, non riferibile, pertanto, alla diversa figura del soggetto genericamente interessato all’esito della lite per le ricadute patrimoniali che possono riguardarlo (Cass. Civile sez. I 1666/1991).