Situazione di incompatibilità per due consiglieri comunali ai sensi dell’art. 63, comma 4, del decreto legislativo n. 267/2000.

Territorio e autonomie locali
11 Maggio 2007
Categoria 
12.01.04 Incompatibilità
Sintesi/Massima 

Nei confronti di un consigliere assolto, con sentenza divenuta irrevocabile, in un processo penale, in cui l’amministrazione comunale si era costituita parte civile, non è possibile ravvisare la causa di incompatibilità di cui all’art. 63 comma 1 n. 4. Tale disposizione, infatti, così come modificata dal decreto-legge 22 febbraio 2002 n. 13, convertito con legge 24 aprile 2002 n. 75, nel disporre che non può ricoprire la carica di consigliere comunale colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile o amministrativo, con il comune, prevede espressamente che “la costituzione di parte civile nel processo penale non costituisce causa di incompatibilità”.
In merito ad un secondo consigliere, la cui moglie ha promosso nei confronti del comune un giudizio civile, pendente, per la condanna dell’ente al risarcimento dei danni subiti dal proprio figlio, ugualmente non si ritiene sussistente la causa di incompatibilità prevista dal citato art. 63 comma 1 n. 4. La Corte di Cassazione ha, difatti, ribadito che l’espressione “essere parte di un procedimento” deve essere intesa in senso tecnico, per cui la pendenza di una lite va accertata con riferimento alla parte in senso processuale, non riferibile, pertanto, alla diversa figura del soggetto genericamente interessato all’esito della lite per le ricadute patrimoniali che possono riguardarlo (Cass. Civile sez. I 1666/1991).

Testo 

E' stato trasmesso un quesito posto da un comune, concernente una possibile causa di incompatibilità a carico di due consiglieri comunali ai sensi dell'art. 63, comma 1, n. 4, del decreto legislativo n. 267/2000.
Relativamente al primo consigliere, viene rappresentato che lo stesso, veniva assolto dal Tribunale, con sentenza divenuta irrevocabile, per i reati di cui agli art. 81, 319, 319 bis e 321 del c.p. Nel procedimento penale l'amministrazione comunale si era costituita parte civile.
Per quanto concerne il secondo consigliere, viene rappresentata l'esistenza di una lite pendente tra la moglie del consigliere ed il comune presso cui il consorte esercita il mandato, per un risarcimento danni a favore del proprio figlio.
Riguardo al primo consigliere, si significa che l'art. 63, comma 1, n. 4. del T.U.O.E.L., come modificato dall'art. 3-ter del decreto legge 22 febbraio 2002, n. 13, convertito con legge 24 aprile 2002, n. 75, nel disporre che non può ricoprire la carica di consigliere comunale colui cha ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, con il comune, prevede espressamente che 'la costituzione di parte civile nel processo penale non costituisce causa di incompatibilità'. Al riguardo questo Ministero ha tra l'altro precisato che, la costituzione di parte civile nel processo penale non determina di per se l'incompatibilità richiamata, atteso che l'azione civile così fatta valere è accessoria al processo penale, che era e resta fuori dall'ambito di applicazione della normativa in esame, che concerne solo liti civili ed amministrative.
Si ritiene invece che una causa di incompatibilità possa configurarsi, ai sensi del comma 1, numero 4, del citato articolo 63, per effetto dell'atto di citazione innanzi al Tribunale , con il quale il primo consigliere ha convenuto in giudizio il comune ai fini del rimborso delle spese legali dal medesimo sostenute per il suddetto procedimento penale.
In merito al secondo consigliere comunale, è stata rappresentata la questione relativa alla possibile sussistenza della causa di incompatibilità prevista dal citato art. 63, significando che la moglie dell'amministratore ha promosso nei confronti del comune un giudizio civile, tuttora pendente, volto ad ottenere l'accertamento di responsabilità nonché la condanna dell'ente, al risarcimento dei danni subiti dal proprio figlio.
Come evidenziato, in forza dell'art. 63, comma 1, n. 4 del T.U.O.E.L., la causa di incompatibilità per lite pendente prevista per il consigliere comunale, attiene all'essere parte di un procedimento civile o amministrativo pendente nei confronti dell'ente di riferimento. L'incompatibilità consegue al presupposto che sia stato iniziato un giudizio civile o amministrativo e che in esso il comune e l'eletto abbiano assunto la condizione di parti contrapposte.
La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che l'espressione di 'essere parte di un procedimento' va intesa in senso tecnico, per cui la pendenza di una lite va accertata con riferimento alla parte in senso processuale, che non è riferibile, in chiave sostanzialistica, alla diversa figura del soggetto genericamente interessato all'esito della lite per le ricadute patrimoniali che possano derivargliene. Agli effetti della sussistenza della causa di incompatibilità della lite pendente con il comune, non sono, infine, sindacabili i motivi del giudizio pendente, dovendo unicamente rilevarsi il dato formale ed obiettivo di tale pendenza, che esaurisce 'ex se' il presupposto dell'incompatibilità (Cass. Civile sez. I, 16 febbraio 1991, n. 1666). Il predetto concetto, pertanto, non può essere esteso a tutti coloro che potrebbero trarre vantaggio da una pronuncia giurisdizionale, in quanto si aprirebbe il varco ad una compressione ingiustificata del diritto costituzionalmente garantito di ricoprire una carica amministrativa.
Tale orientamento, volto a salvaguardare il più generale principio della tassatività delle ipotesi di ineleggibilità ed incompatibilità è stato confermato dalla pronuncia della Corte Suprema n. 6880 del 19 maggio 2001.
Premesso quanto sopra nel secondo caso rappresentato, si ritiene che non sussista la causa di incompatibilità prevista dall' art. 63, comma 1, n. 4 del decreto legislativo n. 267/2000.