La questione potrebbe essere ricondotta alla prima ipotesi di incompatibilità del comma 1, n. 2 dell’art. 63; infatti, il consigliere in questione è amministratore di un ente che, con la gestione di due impianti sportivi comunali, svolge un servizio nell’interesse del comune.
L’assenza della finalità di lucro non è sufficiente ad escludere la sussistenza dell’incompatibilità. Il comma 2 dell’art. 63 ha, infatti, escluso l’applicazione della suddetta ipotesi solo per coloro che hanno parte in cooperative sociali, iscritte regolarmente nei registri pubblici, dal momento che solo tali forme organizzative offrono adeguate garanzie per evitare il pericolo di deviazioni nell’esercizio del mandato da parte degli eletti ed il conflitto, anche solo potenziale, che la medesima persona sarebbe chiamata a dirimere se dovesse scegliere tra l’interesse che deve tutelare in quanto amministratore dell’ente che gestisce il servizio e l’interesse che deve tutelare in quanto consigliere del comune che di quel servizio fruisce.
La somma versata annualmente all’Associazione dal comune quale corrispettivo di un rapporto sinallagmatico di natura onerosa per i servizi resi, fa propendere per il configurarsi della predetta ipotesi di incompatibilità, salvo ulteriori diversi elementi concernenti la natura dell’ente e l’articolazione del rapporto con il comune che possono essere valutati dal consiglio, organo competente a deliberare sulla regolarità del titolo di appartenenza dei propri componenti, nell’ambito della procedura prevista dall’art. 69 del decreto legislativo n. 267/2000, che garantisce il contraddittorio tra organo e amministratore, assicurando a quest’ultimo l’esercizio del diritto alla difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la causa di incompatibilità contestata.