Polizia municipale - Svvolgimento servizio presso amministrazione diversa da quella di appartenenza – Norme applicabili.

Territorio e autonomie locali
12 Luglio 2008
Categoria 
15.05 Personale area di vigilanza
Sintesi/Massima 

Possibilità o meno- per personale corpo polizia municipale - effettuazione servizio presso amministrazione diversa da quella di appartenenza, luce disposizioni art. 36, D.Lgs. n. 165/2001 (come novellato dall’art. 3, comma 79 L. n. 244/2007, successivamente riformato da art. 49 del recente decreto legge n. 112, del 25.6.2008) - Applicazione disposizioni ex art. 1, comma 2 L. n. 65/1986 ed art. 30 e seguenti, D.Lgs. n. 267/2000 (forma associata), oppure norma contrattuale ex art. 14, CCNL del 22.1.2004 (disciplinante personale utilizzato a tempo parziale e servizi in convenzione, così detto “scavalco”).

Testo 

Con una nota, un'Organizzazione Sindacale, nel rappresentare che molti comuni lamentano la carenza di addetti alla polizia municipale, ha chiesto alcuni chiarimenti in ordine alla possibilità per il personale di polizia municipale di svolgere la propria attività lavorativa presso amministrazioni diverse da quella di appartenenza alla luce delle disposizioni recate dall'art. 36, del D.Lgs. n. 165/2001, come novellato dall'art. 3, comma 79 della legge n. 244/2007.
Al riguardo, si premette che il citato art. 36, del D. Lgs. n. 165/2001 è stato nuovamente riformato ad opera dell'art. 49 del recente decreto legge del 25 giugno 2008, n. 112.
Si tralascia, tuttavia, di esaminarne il contenuto in quanto le modifiche apportate sono ininfluenti rispetto alla problematica che andiamo ad esaminare.
Si deve tenere conto, infatti, che la possibilità di impiegare agenti di polizia municipale appartenente a corpi e/o servizi di altri comuni, è consentita esclusivamente attraverso le forme associative disciplinate dall'art. 30 e seguenti del D.Lgs. n. 267/2000 oppure, ricorrendo alla norma contrattuale ex art. 14 del CCNL del 22.1.2004, disciplinante il personale utilizzato a tempo parziale e servizi in convenzione (così detto 'scavalco'), ovvero, ma solo per i comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, mediante l'utilizzo della disposizione recata dall'art. 1, comma 557 della legge n. 311/2004.
Per quanto attiene al primo punto, si fa presente che la stessa legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale n. 65/1986, ammette la possibilità di gestire in forma associata il servizio di polizia municipale rinviando alle forme associative previste dalla legge.
In tale caso è necessario che tra le amministrazioni interessate venga stipulato apposito atto di convenzionamento con il quale le stesse provvedono a disciplinarne tutti gli aspetti, in conformità a quanto previsto dal richiamato art. 30 del D.Lgs. n. 267/2000.
Si deve rilevare, infatti, come assumano particolare rilevanza alcuni aspetti scaturenti dallo svolgimento dei servizi di polizia municipale in forma associata con particolare riguardo sia all'ambito territoriale di competenza e sia alla possibilità di costituire corpi unici di polizia municipale.
Questo Ufficio, più volte interessatosi delle problematiche sopraevidenziate ha sostenuto, su conforme avviso espresso dal Dipartimento di P.S., che l'individuazione del limite territoriale in presenza di un atto di convenzione tra comuni per lo svolgimento associato delle funzioni di cui trattasi, ex art. 30 del. T.U.E.L. 267/2000, coincidesse con il territorio dei comuni convenzionati e, che comunque, in alcun caso poteva essere consentita l'istituzione di un nuovo corpo di polizia distinto da quello dei comuni convenzionati.
Invero, la convenzione non può dare luogo di per sé alla formazione di un corpo di polizia municipale potendo, invece, dare luogo alla costituzione di uffici comuni cui affidare l'esercizio di funzioni pubbliche con assegnazione di personale da parte degli enti partecipanti.
Per quanto attiene all'applicazione dell'art. 14 del CCNL 22.1.2004, è necessario prioritariamente procedere a formalizzare apposita intesa con l'amministrazione di appartenenza del dipendente che si intende utilizzare. Con tale modalità il soggetto da utilizzare deve essere incardinato nella struttura organizzativa dell'ente ove andrà a prestare la sua opera, incardinamento che consente l'esplicazione dei poteri di impegno dell'ente utilizzatore.
In relazione alla modalità consentita dall'art. 1, comma 557 della legge n. 311/2004, occorre considerare che detta norma, come sostenuto dal Consiglio di Stato nel parere n. 2141/2005 del 25 maggio 2005, i cui contenuti sono stati resi noti dalla scrivente Direzione con circolare 21 ottobre 2005, n. 2, a cui si rinvia, si configura come norma speciale che introduce, nel suo ristretto ambito di applicazione, una deroga al principio della esclusività della prestazione lavorativa del dipendente di una pubblica amministrazione, espresso dall'art. 53, comma 1 del D. Lgs. n. 165/2001.
Difatti, la norma in esame che, come noto, consente ai comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, ai consorzi ....la possibilità di servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali, purché autorizzati dall'amministrazione di provenienza, opera esclusivamente nei confronti dei dipendenti degli enti locali, superando il principio dell'unicità della prestazione a favore di un unico datore di lavoro pubblico e permettendo, solo per gli enti elencati nella norma stessa, di utilizzare personale dipendente a tempo pieno di altre amministrazioni locali, nel rispetto delle precise condizioni elencate dal Consiglio di Stato nel parere succitato.
Peraltro, l'Alto Consesso ha precisato che, per ragioni di coerenza sistemica, le lacunosità della norma siano colmabili ricorrendo alla disciplina dettata per le prestazioni di lavoro a tempo parziale, ex art. 4, comma 7 e seguenti del CCNL per il personale degli enti locali del 14 settembre 2000, fatta eccezione per le norme che risultino incompatibili, in relazione al rapporto di lavoro con l'ente di originaria appartenenza, che era e rimane a tempo pieno.
Da quanto sopra, consegue quindi che il dipendente utilizzato ai sensi del comma 557, possa essere assunto con contratto di lavoro subordinato o autonomo.
Nel caso in esame, affinché possa legittimamente espletare le funzioni di polizia municipale è necessario che il dipendente sia incardinato nella struttura dell'ente ove va a prestare la sua attività, incardinamento che può avvenire solo mediante la stipula di un contratto di lavoro subordinato.
Pertanto al di fuori delle specifiche ipotesi sopradescritte e di quelle contemplate dall'art. 4, comma 4, della stessa legge n. 65/86, relative alle missioni esterne al territorio autorizzate per solo fini di rappresentanza e di collegamento, ovvero per soccorso in caso di calamità o per particolari occasioni stagionali o eccezionali, missione ammesse previa esistenza di appositi piani o accordi tra le amministrazioni e previa comunicazione al prefetto, resta esclusa qualsiasi altra modalità di incarico ivi compreso quello ex art. 53 della legge n. 165/2001, incarico che qualora conferito comporterebbe la nullità degli atti assunti.
Ciò in quanto tale modalità non consente l'incardinamento dell'addetto di polizia municipale nella struttura organizzativa dell'ente che è invece presupposto imprescindibile, come già precisato, per il legittimo svolgimento delle funzioni di polizia municipale in ambito territoriale diverso da quello di appartenenza.
Non può, infatti, essere considerata come attività libero professionale quella che l'addetto al servizio o corpo di polizia municipale dipendente da altra amministrazione presta nel comune richiedente. Lo svolgimento delle funzioni di polizia municipale, per la propria peculiarità, esige il puntuale rispetto delle disposizioni normative e contrattuali dettate in materia.
Dalle considerazioni suesposte, appare quindi di tutta evidenza che per poter legittimamente utilizzare personale di altre amministrazioni occorre necessariamente, per tutte le modalità consentite ed esaminate, l'esistenza di un accordo tra le amministrazioni interessate.