La causa ostativa all’espletamento della carica è stata riconosciuta sussistere dalla giurisprudenza anche laddove vengono svolte attività professionali con carattere di continuità nell’interesse dell’ente territoriale, che potrebbero sostanziare quindi un potenziale conflitto tra il dovere d’ufficio e l’interesse personale.
Con riferimento al rapporto di lavoro libero professionale, la Corte di Cassazione ha ritenuto (Cass. Civ. 8 gennaio 1979, n. 72) che gli incarichi saltuari non hanno peso rilevante sull’elettorato passivo, ed ancora (Cass. Civ. 14 maggio 1975, n. 1854) che è irrilevante il susseguirsi di una serie di incarichi professionali a meno che non si ripetano costantemente nel tempo.
In considerazione di quanto sopra e del fatto che l’amministratore in questione ha rinunciato a tutti gli incarichi assunti a qualsiasi titolo sia per conto del comune che per conto di terzi, si ritiene che l’ipotesi prospettata non configura alcuna delle cause di incompatibilità previste dal citato art. 63.
Per quanto attiene la sentenza della Corte di Cassazione n. 11959/2003 che ha affermato il principio secondo il quale “…sino a quando non sia intervenuta l’approvazione del collaudo finale sussiste l’incompatibilità tra la carica di sindaco e quella di subappaltatore di opera pubblica di interesse del Comune…”, si rappresenta che tale concetto si riferisce, in modo tassativo, alla figura dell’imprenditore appaltatore. Invero, il direttore dei lavori, così come il progettista, sono estranei al rapporto d’appalto intercorrente tra l’ente locale e la ditta appaltatrice.
Tali figure, infatti, svolgendo nell’interesse dell’amministrazione incarichi professionali di natura tecnica, uno mirato a verificare che l’esecuzione dell’opera avvenga secondo le condizioni stabilite dalle parti contraenti, l’altra finalizzata al traguardo di un obiettivo programmato dalla committenza, non possono essere associate all’aspetto dell’imprenditore appaltatore.