Art.39, comma 2, del d.lgs. n.267/2000

Territorio e autonomie locali
15 Luglio 2022
Categoria 
05.02.07 Richiesta convocazione Consiglio da parte di un quinto
Sintesi/Massima 

Il presidente del consiglio comunale non deve ritenersi vincolato a convocarlo esclusivamente quando le richieste vertano su un oggetto manifestamente estraneo alle competenze del collegio oppure su un oggetto illecito od impossibile. Il consiglio deciderà l'ammissibilità delle questioni da trattare.

Testo 

È stato formulato un quesito in ordine all'applicazione dell'art.39, comma 2, del d.lgs. n.267/2000, chiedendo se debba essere accolta la richiesta di convocazione del consiglio a norma degli artt.43, comma 1, e 39, comma 2, del TUOEL, sottoscritta da un quinto dei consiglieri, avente ad oggetto l'esame di una interrogazione parlamentare e relativa risposta del governo sui fatti accaduti durante una seduta del consiglio comunale. Al riguardo, va rilevato che, ai sensi del citato art.39, il presidente del consiglio comunale è tenuto a riunire lo stesso, "in un termine non superiore ai venti giorni", quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, inserendo all'ordine del giorno gli argomenti richiesti. Si osserva che, per quanto riguarda la sindacabilità dei motivi che determinano i consiglieri a chiedere la convocazione dell'assemblea, la giurisprudenza in materia si è da tempo espressa affermando che, in caso di richiesta di convocazione del consiglio da parte di un quinto dei consiglieri, "al presidente del consiglio comunale spetta soltanto la verifica formale che la richiesta provenga dal prescritto numero di soggetti legittimati, mentre non può sindacarne l'oggetto, poiché spetta allo stesso consiglio nella sua totalità la verifica circa la legalità della convocazione e l'ammissibilità delle questioni da trattare, salvo che non si tratti di oggetto che, in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell'assemblea, in nessun caso potrebbe essere posto all'ordine del giorno" (T.A.R. Piemonte n.268/1996). Alla luce del richiamato orientamento giurisprudenziale, si deduce che le uniche ipotesi per le quali l'organo che presiede il consiglio comunale può omettere la convocazione dell'assemblea sono la carenza del prescritto numero di consiglieri oppure la verificata illiceità, impossibilità o manifesta estraneità dell'oggetto alle competenze del consiglio. Passando all'esame della fattispecie rappresentata, l'attenzione va trasferita alla natura degli argomenti richiesti di inserimento all'ordine del giorno da parte dei consiglieri al fine di verificarne l'eventuale estraneità alle competenze del collegio. Nello stabilire se una determinata questione sia o meno di competenza del consiglio comunale occorre aver riguardo non solo agli atti fondamentali espressamente elencati dal comma 2 dell'art.42 del citato testo unico, ma anche alle funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo di cui al comma 1 del medesimo art.42, con la possibilità, quindi, che la trattazione da parte del collegio non debba necessariamente sfociare nell'adozione di un provvedimento finale. Nel caso in esame i consiglieri hanno richiesto la convocazione del consiglio ai sensi dell'art.43, comma 1, secondo periodo e art.39, comma 2, del TUOEL, oltre che ai sensi delle norme statutarie e regolamentari ivi citate. Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale richiamato, si concorda con l'avviso espresso dalla Prefettura nel ritenere che il presidente del consiglio comunale non debba ritenersi "vincolato a convocare il Consiglio esclusivamente nelle ipotesi in cui le richieste stesse vertano o su un oggetto che per legge è manifestamente estraneo alle competenze del collegio, oppure su un oggetto illecito o impossibile". Sarà poi il consiglio nella sua totalità, come emerge dalla giurisprudenza sopra citata, a decidere l'ammissibilità delle questioni da trattare.