Non sussiste incompatibilità ai sensi dell’art. 63, comma 1, n. 4), T.U.O.E.L in una controversia instaurata inter alia, sebbene questa sia riconducibile alla responsabilità “gestoria” dell’amministratore locale, qualora non sussista in capo a quest’ultimo la qualità di parte “processuale”.
Si fa riferimento alla richiesta di parere concernente la posizione di un consigliere comunale, rispetto al quale è stato chiesto di valutare la sussistenza di eventuali profili di incompatibilità ai sensi dell’art. 63 del T.U.O.E.L.
In particolare, la vicenda centrale da cui trae origine il quesito riguarda il rapporto obbligatorio tra il comune e una società di costruzioni a responsabilità limitata, avente ad oggetto il pagamento di oneri di urbanizzazione dovuti da quest’ultima all’amministrazione comunale per alcuni lavori di lottizzazione realizzati tra gli anni 2001-2018, periodo in cui il predetto consigliere ricopriva il ruolo di amministratore unico della stessa società, nonché titolare del 40% delle quote di quest’ultima.
In proposito, la relazione a cura del segretario comunale, estensore del quesito, ha altresì evidenziato che la posizione debitoria della società è stata estinta attraverso l’escussione di una polizza assicurativa stipulata in favore dell’ente comunale nell’anno 2020, quando ormai il consigliere interessato aveva già alienato la proprie quote della società, poco prima della convalida della stessa elezione.
Peraltro, in quest’ultima occasione, il consiglio comunale aveva già esaminato la posizione del consigliere neoeletto, escludendo profili di incompatibilità in relazione alla vicenda obbligatoria sopra descritta, in ragione della garanzia del diritto di credito vantato dall’ente offerta dalla menzionata polizza assicurativa.
Ciò stante, nella richiesta di parere viene richiamata l’attenzione sui recenti sviluppi contenziosi della vicenda, i quali sarebbero suscettibili di evidenziare nuovi attuali profili di incompatibilità nella posizione del suddetto consigliere.
Più nel dettaglio, viene menzionata una lite pendente riguardante la pretesa risarcitoria della compagnia assicurativa garante verso la società immobiliare, già debitrice del comune, nonché la volontà di quest’ultima, allo stato “potenziale” e non formalizzata, di chiamare in causa l’Ente beneficiario della polizza escussa contestando l’avvenuto pagamento; pertanto viene prospettata la possibile compromissione della posizione del consigliere, allora amministratore unico e socio della società, atteso che i presupposti dell’attuale contenzioso sono stati di fatto generati da comportamenti riconducibili alla responsabilità “gestoria” dello stesso.
Al riguardo, con nota prot. n. 5825 del 29/04/2021, si osserva che ai sensi dell’art. 63, comma 1, n. 4), T.U.O.E.L, non può ricoprire la carica di consigliere comunale «colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o la provincia».
La citata disposizione è chiara nel richiedere anzitutto, ai fini dell’accertamento della situazione di incompatibilità, intesa nel senso di reale conflitto di interessi con l’ente locale, la qualità di parte “processuale” di una vertenza sia in capo alla persona fisica dell’amministratore che rispetto all’ente locale, condizione che attualmente nessuno dei due soggetti riveste.
Più nel dettaglio, come osservato in alcuni recenti pareri resi da questo Ufficio su fattispecie analoghe, «Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la nozione di "parte" cui si riferisce il menzionato articolo 63, comma 1, n. 4), del decreto legislative n. 267/2000 n. 267/2000, assume carattere ''tecnico", ossia è da intendersi alla parte in senso processualistico, onde occorre la pendenza di un'effettiva controversia giudiziaria e non semplicemente una lite potenziale o un contrasto, potenziale o reale, di interessi (v., ex multis; Cass. Civ., sez. I, sent. 12 febbraio 2008, n. 3384; Id., sent. 24 febbraio 2005, n. 3904; /d., sent. 19 maggio 2001, n. 6880). La "lite", invece, deve riflettere uno scontro di interessi tra le parti, che, dunque, debbono risultare contrapposte. Per "lite pendente", quindi, deve intendersi la "pendenza" di un'effettiva controversia giudiziaria e non è sufficiente la semplice constatazione dell'esistenza di un procedimento civile o amministrativo nel quale risultino coinvolti, attivamente o passivamente, l'eletto o l'ente, ma occorre che a tale dato formale corrisponda una concreta contrapposizione di parti, ossia una reale situazione di conflitto, onde sussiste 1'esigenza di evitare che il conflitto di interessi che ha determinato la lite possa orientare le scelte dell'eletto in pregiudizio dell'ente amministrativo, o comunque, possa ingenerare all’esterno sospetti al riguardo (in questi termini Cass. Civ., sez. I, 28 luglio 2001, n. 10335)».
Stante quanto sopra, neppure l’eventuale chiamata in causa del comune, nel caso di specie in una controversia instaurata inter alia, appare allo stato idonea a rilevare profili di incompatibilità del consigliere interessato, atteso che la qualità di “parte” del rapporto obbligatorio oggetto di contestazione, ancorché riferito ad un arco temporale in cui le scelte operative della società privata erano imputabili all’attuale consigliere, spetta all’ente locale, da un lato, e alla società debitrice, dall’altro, la quale costituisce, invero, soggetto di diritto autonomo, titolare di una sfera giuridica e patrimoniale distinta da quella dei soci (principio dell’autonomia patrimoniale perfetta di cui gode la persona giuridica).
Infine, va ricordato che la giurisprudenza della Corte Costituzionale è ferma nel ritenere che il diritto di elettorato passivo quale diritto politico fondamentale, intangibile nel suo contenuto di valore ed annoverabile tra quelli “inviolabili”, riconosciuti e garantiti dall’articolo 2 Costituzione, può essere unicamente disciplinato da leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali parimenti fondamentali e generali. Per tale motivo, sussiste il divieto di interpretazione analogica delle norme poste in materia di ineleggibilità e di incompatibilità (v. Corte Costituzionale, sentenza n. 44/1997; v. anche Cass. Civ ., Sez. I, sentenza n. 28504 del 22.12.2011 ).