Decadenza del consigliere per mancata partecipazione alle sedute consiliari

Territorio e autonomie locali
3 Marzo 2021
Categoria 
05.02.05 Consiglieri: prerogative e compiti
Sintesi/Massima 

La valutazione circa la sussistenza delle cause di decadenza del consigliere è di esclusiva competenza del consiglio comunale ex art.43, c.1, del d.lgs. n.267/2000. Resta ferma la potestà del singolo consigliere comunale di esercitare il diritto d'iniziativa.

Testo 

Una Prefettura ha posto un quesito in merito alla legittimità di un regolamento comunale che attribuisce al sindaco il compito di instaurare il procedimento per la contestazione della decadenza dei consiglieri per protratta mancata partecipazione alle sedute del consiglio, alla luce dell'art.43, comma 1, del d.lgs. n.267/2000 che riconosce, invece, ai consiglieri comunali il diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio. Ciò in relazione al riconoscimento da parte del sindaco delle cause giustificative, nei confronti di un consigliere a cui si era contestata l'assenza dalle riunioni consiliari, che avrebbero caducato il procedimento di decadenza. Al riguardo, si osserva che l'istituto della decadenza per mancata partecipazione alle sedute è previsto dal citato art.43 del d.lgs n.267/2000 che al comma 4 demanda allo statuto comunale l'individuazione delle specifiche cause e le relative procedure, "garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative". La giurisprudenza, come peraltro è stato affermato dalla Prefettura, ha chiarito che la decadenza dalla carica di consigliere appartiene alla categoria di quelle limitazioni all'esercizio di un diritto al munus publicum che devono essere interpretate restrittivamente (T.A.R. Campania, Napoli-Sez.I n.436 del 4.12.1992). "Occorre attenersi ai criteri di restrittività ed estremo rigore nell'esaminare le cause di decadenza, criteri doverosi laddove sia in gioco una carica pubblica elettiva (si che la decadenza si tradurrebbe in una alterazione della rappresentanza quale emersa dal voto popolare ...)" (C.d.S. n.743 del 20.02.2017, richiamata da T.A.R. Campania – Sez.I n.1764 del 29.03.2019). Conseguentemente la decadenza non può riguardare il deliberato astensionismo di un gruppo politico che rientra nel novero delle facoltà ordinariamente a disposizione delle forze di opposizione, ma piuttosto sanziona comportamenti negligenti dei consiglieri dai quali possano derivare disagi all'attività dell'organo la cui valutazione, meramente discrezionale e di esclusiva competenza del solo consiglio comunale, costituisce il fondamento giuridico del provvedimento. Al consigliere comunale deve essere riconosciuta, in ogni caso, la facoltà di far valere le cause giustificative delle assenze nonché fornire eventuali documenti probatori. Nel caso di specie, si rileva che lo statuto comunale prevede che "i consiglieri che non intervengono a tre sedute consecutive senza giustificati motivi, sono dichiarati decaduti. La decadenza è pronunciata dal Consiglio comunale, dopo aver vagliato le eventuali controdeduzioni dell'interessato, decorsi almeno dieci giorni dalla notificazione allo stesso della proposta di decadenza". Il regolamento consiliare demanda al sindaco la potestà di contestare al consigliere, con lettera raccomandata, la situazione di decadenza, lasciando sempre al consiglio il potere di deliberare la decadenza del consigliere interessato qualora non produca le richieste giustificazioni nei termini previsti. Ciò posto, ricordando che questo Ministero non ha poteri di controllo sugli atti degli enti locali, la norma regolamentare in questione non sembra avere travalicato la specifica norma statutaria, confermando che spetta al consiglio deliberare la decadenza del consigliere. Il sindaco, infatti, dopo avere adottato l'atto di contestazione, può procedere all'archiviazione in presenza dei previsti elementi giustificativi, anche in conformità alla giurisprudenza sopra citata che richiede la massima cautela nell'applicazione dell'istituto in parola al fine di non ledere il diritto al munus del consigliere medesimo e di minare la rappresentatività elettiva. Tuttavia, proprio in ossequio alla previsione di cui all'articolo 43, comma 1, del d.lgs. n.267/2000, resta ferma la potestà del singolo consigliere comunale di esercitare il diritto di iniziativa ai sensi della citata norma, presentando proposte di deliberazione secondo le modalità previste dal regolamento o chiedendo la convocazione del consiglio sulla base dell'art. 39, comma 2, del medesimo d.lgs. n.267/2000 (istanza da parte di un quinto dei consiglieri con obbligo di inserire all'ordine del giorno le questioni richieste).