È ammissibile l'utilizzo di postazioni informatiche dai locali del comune per l'accesso ai dati di sintesi, da parte dei consiglieri comunali, mentre è demandata all'ente la valutazione dell'opportunità di consentire l'accesso da remoto.
Il segretario generale di un comune ha posto un quesito in materia di diritto d'accesso dei consiglieri comunali, in ragione della richiesta di un consigliere comunale di accedere, anche da remoto, al protocollo informatico dell'ente, mediante il rilascio di username ed apposita password di servizio. In subordine, il consigliere ha chiesto la predisposizione di apposita postazione informatica all'interno dei locali comunali da dove poter accedere al protocollo informatico e ai dati contabili. Al riguardo, si osserva che lo statuto comunale, prevede, tra l'altro, che i consiglieri comunali hanno diritto alla copia degli atti, dei provvedimenti e dei verbali degli organi comunali, delle aziende speciali, dei consorzi, delle istituzioni e delle società a prevalente capitale pubblico locale cui partecipa il comune, e, nel rispetto del segreto d'ufficio, hanno diritto di accesso agli uffici di tali enti. La predetta elencazione è stata ampliata dal regolamento consiliare, mentre un altro articolo, sebbene non lo citi espressamente, ribadisce il diritto di accesso generalizzato a tutti gli atti e le informazioni in possesso dell'ente, come previsto dall'art.43 del decreto legislativo n.267/00. Ciò premesso, come più volte sostenuto dalla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi (in particolare, Plenum del 2.2.2010 e del 23.2.2010 e parere del 5.10.2010), il "diritto di accesso" ed il "diritto di informazione" dei consiglieri comunali nei confronti della P.A. trovano la loro disciplina specifica nell'art.43 del decreto legislativo n.267/00 che riconosce ai consiglieri comunali e provinciali il "diritto di ottenere dagli uffici, ... del comune, nonché dalle ... aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato". Dal contenuto della citata norma si evince il riconoscimento in capo al consigliere comunale di un diritto dai confini più ampi sia del diritto di accesso ai documenti amministrativi attribuito al cittadino nei confronti del comune di residenza (art.10, T.U. Enti locali) sia, più in generale, nei confronti della P.A. quale disciplinato dalla legge n.241/90. In merito alla problematica generale della legittimità dell'accesso da remoto mediante rilascio delle credenziali ai programmi di gestione informatica del protocollo, ovvero del sistema di contabilità, con il già citato parere n.18368 P-2.4.5.2.4 del 5.10.2010 la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, aveva riconosciuto la possibilità per il consigliere comunale di avere accesso diretto al sistema informatico interno (anche contabile) dell'ente attraverso l'uso della password di servizio (cfr. anche parere del 29.11.2009 ed il parere del 7.4.2016). Tuttavia, la giurisprudenza formatasi in materia non è univoca anche se l'orientamento più recente sembra consolidarsi verso una interpretazione meno estensiva rispetto alla specifica tematica del diritto di accesso del consigliere da remoto. Si richiama, in proposito, la sentenza n.926/2020, emessa dal T.A.R. della Sicilia - Sez. di Catania, con la quale è stato osservato che il rilascio delle credenziali di servizio consentirebbe ai consiglieri comunali di conoscere indiscriminatamente la generalità dei documenti relativi alla contabilità dell'ente in mancanza di apposita istanza e consentirebbe l'accesso generalizzato ed indiscriminato a tutti i dati della corrispondenza in entrata e uscita; tale forma di accesso "diretto", secondo il giudice amministrativo, si risolverebbe in un monitoraggio assoluto e permanente sull'attività degli uffici (T.A.R. Molise, sez.I, 3.9.2019, n.285) ... ed in un sindacato generalizzato dell'attività degli organi decidenti, deliberanti ed amministrativi dell'ente […] (cfr. Cons. Stato, sez.IV, 12.2.2013, n.846; cfr. anche Cons. Stato, sez.V, 2.3.2018, n.1298 e T.A.R. Sardegna, sez.I, 13.2.2019, n.128). Il T.A.R. Sicilia, con la decisione in argomento, ha, infine, ribadito il principio che l'ente comunale è comunque tenuto a consentire la visione nonché a procedere al rilascio di copia cartacea di detti dati di sintesi del protocollo informatico. Analoga sentenza è stata recentemente emessa dal TAR della Campania (Sezione I n.5507 del 24.11.2020) il quale ha precisato che "il ritiro delle password di sola lettura ... non rende in ogni caso inaccessibile la documentazione integrale, le cui regole di accessibilità, mediante apposita istanza, restano immutate nel pieno rispetto della legge e del principio generale di trasparenza amministrativa". Di contro, la sentenza n.599/2019 del T.A.R. Basilicata ha precisato che il consigliere comunale ha il diritto di soddisfare le esigenze conoscitive connesse all'espletamento del suo mandato anche attraverso la modalità informatica, con accesso da remoto (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, sez.II, 4.4.2019, n.545; T.A.R. Sardegna, 4.4.2019, n.317). Il predetto T.A.R. ha, tuttavia, affermato "che l'accesso da remoto" (in maniera specifica al sistema contabile dell'ente) "vada consentito in relazione ai soli dati di sintesi ricavabili dalla consultazione telematica del protocollo, non potendo essere esteso al contenuto della documentazione, la cui acquisizione rimane soggetta alle ordinarie regole in materia di accesso - tra le quali la necessità di richiesta specifica". Anche il Consiglio di Stato, con sentenza n.3486 dell'8.06.2018, ha sostenuto la necessità per le amministrazioni di rendere fruibili le informazioni in modalità digitali ai sensi dell'art.2, comma 1, d.lgs. n.82/2005, recante il c.d. Codice dell'amministrazione digitale, intimando all'Amministrazione di apprestare, entro un termine ragionevole, le modalità organizzative per il rilascio di password per l'accesso da remoto al sistema informatico. Più recentemente, il T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia, con sentenza n.253/2020, nel non mettere in dubbio che un consigliere comunale abbia diritto di ottenere dagli uffici del comune tutte le notizie e le informazioni utili all'espletamento del proprio mandato, diritto ampiamente riconosciuto dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, ha ritenuto non assentibile "la pretesa dell'interessato, non assistita da alcun corrispondente obbligo di legge gravante sull'ente civico, di esercitare il diritto in questione nella modalità a lui più gradita", precisando che non si possono "invadere spazi intangibili di discrezionalità, né, tanto meno, sostituirsi all'Amministrazione in valutazioni di carattere organizzativo/funzionale che sola ad essa competono e che fuoriescono dal perimetro proprio della speciale forma di accesso spettante ai consiglieri comunali ex art.43 del d.lgs. n.267/2000". Anche il Consiglio di Stato, con la sentenza della sezione V n.12 del 2 gennaio 2019, chiarisce che "la finalizzazione dell'accesso ai documenti in relazione all'espletamento del mandato costituisce il presupposto legittimante ma anche il limite dello stesso configurandosi come funzionale allo svolgimento dei compiti di consigliere". Premesse tali coordinate generali interpretative enucleate dai principi espressi dalla giustizia amministrativa, escludendosi l'accesso generalizzato del consigliere ai sistemi che gestiscono i flussi documentali, ferme restando le modalità di consultazione degli atti e di estrazione di copia dei medesimi come previste dal regolamento, sembra ammissibile l'utilizzo di postazioni informatiche dai locali dell'ente per l'accesso ai dati di sintesi, mentre è demandata all'ente la valutazione dell'opportunità di consentire l'accesso da remoto ai consiglieri comunali (con le conseguenti integrazioni regolamentari) anche al fine di evitare possibili intralci alla ordinaria attività degli uffici.