Eventuale condizione di incompatibilità di un consigliere comunale titolare di una farmacia cui l’ente corrisponde il rimborso dei farmaci del prontuario farmaceutico svizzero

Territorio e autonomie locali
18 Marzo 2021
Categoria 
12 Cause ostative all'assunzione e all'espletamento del mandato elettivo
Sintesi/Massima 

Non sussiste incompatibilità ai sensi dell’art. 63, comma 1, punto 1 del TUOEL se non vi sono gli estremi di un rapporto di vigilanza tra il comune e la farmacia in questione, né si ravvisano i caratteri della facoltatività nella erogazione dei rimborsi dei medicinali del prontuario farmaceutico svizzero.

Testo 

E’ stato chiesto a questo Ufficio un parere in merito alla eventuale condizione di incompatibilità di un consigliere comunale titolare di una farmacia cui l’ente corrisponde il rimborso dei farmaci del prontuario farmaceutico svizzero.
Al riguardo, con parere prot. 690 del 19/01/2021, si è osservato quanto segue.
Il succitato rimborso si fonda su una intesa sottoscritta tra il Comune, la ASL della Provincia e Regione, con la quale è stato stabilito che i costi riguardanti la fornitura dei medicinali del prontuario farmaceutico svizzero sono sostenuti dal comune secondo modalità e procedure dallo stesso definite. All’ente, infatti, viene assegnato annualmente, in forza dell’articolo 7-bis della legge 31 marzo 2005, n. 43, un contributo economico per sostenere i costi dell’assistenza sanitaria eccedenti la disponibilità del SSR.
Il consiglio comunale, in sede di convalida degli eletti, ha contestato al menzionato consigliere la causa di incompatibilità di cui all’articolo 63, comma 1, punto 1 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, a norma del quale: “Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale: 1) l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente”.
Le osservazioni prodotte dal consigliere nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 69 del T.U.O.E.L. hanno determinato il consiglio comunale a deliberare nel senso della insussistenza della causa di incompatibilità in argomento.
Tuttavia, la minoranza consiliare ritiene che il consigliere in questione possa influenzare il consiglio comunale in sede di adozione di eventuali deliberazioni riguardanti le condizioni di erogazione del contributo statale di cui alla legge n. 43/2005.
Come chiarito in giurisprudenza, le cause d’incompatibilità di cui all’articolo 63 sono ascrivibili al novero delle c.d. incompatibilità d’interessi, in quanto hanno la finalità di impedire che possano concorrere all’esercizio delle funzioni di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli dell’istituzione locale o i quali si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità (cfr. Corte costituzionale, sentenza 20 febbraio 1997, n. 44; Id., sentenza 24 giugno 2003, n. 220).
In particolare, l’ipotesi prevista dal comma 1, n. 1), del menzionato articolo 63, è ravvisabile in presenza di un duplice presupposto: il primo di natura soggettiva ed il secondo di natura oggettiva.
Sotto il profilo soggettivo, è necessario che l’interessato rivesta la qualità di “amministratore” ovvero di “dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento”. Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che, con il termine “amministratore” il legislatore ha inteso alludere a tutti i componenti l’organo collegiale cui è affidata l’amministrazione di un ente, muniti o meno di poteri di rappresentanza (cfr. in tal senso, Cass., Sez. I Civ., sentenza 25.06.1987, n. 5594).
Nel caso che ci occupa, il consigliere comunale è contitolare della farmacia in questione, il cui direttore responsabile è un altro soggetto. Tuttavia, come si evince dalla giurisprudenza sopra citata, ricorre senz’altro il presupposto soggettivo dell’ipotesi di incompatibilità di cui all’articolo 63, comma 1, n. 1 del T.U.O.E.L..
Dal punto di vista oggettivo, per quanto qui interessa, l’amministratore locale deve rivestire una delle citate qualità nell’ambito di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il venti per cento di partecipazione da parte del comune o che dallo stesso riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell’anno il dieci per cento del totale delle entrate dell’ente.
Per ciò che concerne, in particolare, le sovvenzioni, secondo la norma in commento queste non devono trovare origine in un obbligo stabilito dalla legge, devono avere il carattere della continuatività e devono essere caratterizzate da un’apprezzabile consistenza quantitativa, oggettivamente rapportata all’entità complessiva delle entrate annuali dell’ente sovvenzionato (cfr. Cass., Sez. I Civ., sentenza 27 giugno 1986, n. 4260). Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che: “un ente deve ritenersi sovvenzionato dal comune ogni qualvolta riceva da questo, direttamente o indirettamente, erogazioni spontanee continuative di denaro o di altra utilità, realizzate anche mediante sgravi di bilancio ed accollo di spese” (cfr. Cass., Sez. I Civ., 21 settembre 1981, n. 5159).
Nel caso di specie, non si ravvisano gli estremi di un rapporto di vigilanza tra il comune e la farmacia in questione, né si ravvisano i caratteri della facoltatività nella erogazione dei rimborsi dei medicinali del prontuario farmaceutico svizzero. A tali rimborsi, infatti, si procede in forza di un accordo attuativo delle disposizioni di cui all’articolo 7-bis della legge n. 43/2005.
Va inoltre ricordato che secondo il costante insegnamento del Supremo Giudice delle Leggi, il diritto di elettorato passivo, quale diritto politico fondamentale, intangibile nel suo contenuto di valore ed annoverabile tra i diritti inviolabili riconosciuti e garantiti dall’articolo 2 della nostra Carta Costituzionale, può essere unicamente disciplinato dalla legge e può essere limitato soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali parimenti fondamentali e generali; pertanto, essendo le disposizioni normative in materia di ineleggibilità e di incompatibilità di stretta interpretazione ed applicazione, le stesse non sono suscettibili di interpretazione analogica o estensiva (v. Corte Cost. n. 44/1997 supra cit.; v. anche Cass. Civ., sez. I, n. 28504/2011). La Consulta ha, altresì, rimarcato che “è proprio il princìpio di cui all’art. 51 della Costituzione a svolgere il ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell’inviolabilità (ex art. 2 della Costituzione). Pertanto, le restrizioni del contenuto di tale diritto sono ammissibili solo in presenza di situazioni peculiari ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale” (in questi termini Corte Cost. n. 25/2008; v. anche Corte Cost. n. 288/2007 cit.).
Alla luce di quanto sopra, non sembra sussistere, nel caso prospettato, l’ipotesi di incompatibilità di cui all’articolo 63, comma 1, n. 1 del T.U.O.E.L.
Attesa la delicatezza della fattispecie, soccorre, in ogni caso, il disposto di cui all’articolo 78 del T.U.O.E.L., rubricato “Doveri e condizione giuridica”.  I primi due commi di detto articolo dispongono espressamente che “1. Il comportamento degli amministratori, nell’esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato all’imparzialità e al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, e quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni. 2. Gli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado […]”.
Dunque, il citato articolo 78 intende garantire la imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa in un quadro di attenzione alle concrete condizioni di operatività degli enti locali. Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, l’obbligo di astenersi ricorre per il solo fatto che i membri del collegio siano portatori di interessi divergenti rispetto a quelli generali affidati alle cure dell’organo di cui fanno parte, risultando irrilevante che la votazione non avrebbe potuto avere altro apprezzabile esito, che la scelta sia stata in concreto la più utile e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico o che non sia stato dimostrato il fine specifico di realizzare l’interesse privato o il concreto pregiudizio dell’amministrazione (in tal senso v. Cons. Stato, sez. V., 13 giugno 2008, n. 2970; Id., sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2826). I soggetti interessati alle deliberazioni assunte dagli organi di cui fanno parte devono evitare di partecipare finanche alla discussione, potendo condizionare nel complesso la formazione della volontà assembleare (v. Cons. Stato, sez. IV, 7 ottobre 1998, n. 1291).