La qualificazione di gruppo misto è data dal fatto che questo comprende tutti i consiglieri che non si riconoscano in altro gruppo consiliare o che ne siano stati espulsi senza trovare ulteriore collocazione e che non necessariamente siano qualificabili come minoranza od opposizione rispetto alla maggioranza consiliare.
Un consigliere comunale ha rappresentato una problematica in materia di gruppi consiliari. Il consigliere ha rappresentato la volontà di passare alla minoranza e di dare vita ad un gruppo consiliare monopersonale. Tuttavia, il segretario generale e il presidente del consiglio, con una nota congiunta, hanno comunicato al consigliere di non poter accogliere positivamente tale richiesta, giudicata non conforme alle prescrizioni recate dal regolamento del consiglio in materia di gruppi consiliari. Pertanto, l'esponente ha comunicato l'intenzione di costituire il gruppo misto monopersonale, assumendone il ruolo di capogruppo. Successivamente, a seguito dell'adesione al gruppo misto di un consigliere di maggioranza, il presidente del consiglio, durante la seduta consiliare del 29 settembre scorso, ha dichiarato di considerare "capogruppo" del gruppo misto non più il consigliere esponente che per primo lo aveva costituito, ma il consigliere di maggioranza che vi era entrato in un secondo momento, in quanto "consigliere anziano". Secondo quanto osservato dal presidente del consiglio, la sostituzione del capogruppo trovava la propria ragione di essere nella previsione dell'articolo 7, comma 2, del regolamento sul funzionamento del consiglio secondo il quale, qualora i componenti del gruppo misto non esprimano un capo gruppo, si considera tale "il consigliere anziano del gruppo". Ad avviso del consigliere esponente, il passaggio del consigliere di maggioranza al gruppo misto rivelerebbe la strategia della compagine di maggioranza volta a depotenziare il ruolo dell'opposizione estromettendo lo stesso esponente dalla conferenza dei capigruppo. Al riguardo, si rappresenta, in linea generale, che l'esistenza dei gruppi consiliari non è espressamente prevista dalla legge, ma si desume implicitamente da quelle disposizioni normative che contemplano diritti e prerogative in capo ai gruppi o ai capigruppo (art.38, comma 3, art.39, comma 4 e art.125 del decreto legislativo n.267/00). La materia deve, comunque, essere regolata da apposite norme statutarie e regolamentari adottate dai singoli enti locali nell'ambito dell'autonomia organizzativa dei consigli, riconosciuta dall'art.38 del citato T.U.O.E.L.. Giova richiamare la pronuncia del T.A.R. Trentino Alto Adige, Sez. di Trento, sent. n.75 del 2009, la quale ha precisato che "il principio generale del divieto di mandato imperativo sancito dall'art.67 della Costituzione ... pacificamente applicabile ad ogni assemblea elettiva, assicura ad ogni consigliere l'esercizio del mandato ricevuto dagli elettori, pur conservando verso gli stessi la responsabilità politica, con assoluta libertà, ivi compresa quella di far venir meno l'appartenenza dell'eletto alla lista o alla coalizione di originaria appartenenza". Premesso quanto sopra, si osserva che la specifica problematica prospettata investe aspetti politici attinenti alle dinamiche tra maggioranza e opposizione che esulano dal perimetro di competenza della scrivente Amministrazione. Sotto il profilo tecnico-giuridico, dall'esame dell'articolo 6, comma 4, del regolamento del consiglio comunale, sembrerebbe evincersi che il consigliere esponente non avrebbe potuto costituire un nuovo gruppo monopersonale diverso dal gruppo misto né si rinvengono disposizioni che assicurino al consigliere che per primo abbia costituito il gruppo misto di continuare a rivestire il ruolo di capogruppo. Si ricorda che la qualificazione di gruppo misto è data dal fatto che questo comprende tutti i consiglieri che non si riconoscano in alcun altro gruppo presente in consiglio o che siano stati espulsi da questi senza possibilità di trovare ulteriore collocazione e che non necessariamente siano qualificabili come minoranza od opposizione rispetto alla maggioranza consiliare. Ciò posto, tuttavia, si ritiene che soltanto il consiglio comunale, nella sua autonomia ed in quanto titolare della competenza a dettare le norme cui conformarsi in tale materia, è abilitato a fornire un'interpretazione (eventualmente anche autentica attraverso l'adozione di deliberazione assunta con le stesse maggioranze previste per l'atto la cui disposizione viene interpretata) delle norme statutarie e regolamentari di cui lo stesso si è dotato.