Ai sensi dell'art.57 statuto speciale Regione Sardegna, fino a quando non sia diversamente disposto con leggi regionali, si applicano le leggi statali. Si applica alla Regione Sardegna l'art.38, c.6, del d.lgs. n.267/00 in materia di commissioni consiliari.
Un sindaco ha trasmesso un quesito in materia di formazione delle commissioni consiliari. In particolare, è stato rappresentato che, a seguito di spostamenti di consiglieri all'interno dei gruppi, si era resa necessaria la ricomposizione delle commissioni consiliari, sulla base anche di quanto previsto dal regolamento consiliare. Tale ricomposizione non è stata completata a causa dell'ostruzionismo delle minoranze che ritengono non regolare la mancata diretta designazione dei propri componenti (effettuata invece dal consiglio comunale) e la mancata previsione della presenza in ciascuna commissione di un rappresentante di ciascun gruppo consiliare. Si osserva preliminarmente che, ai sensi dell'art.3 dello statuto speciale della Regione Sardegna, l'ordinamento degli enti locali rientra nella competenza della legislazione regionale nel rispetto della Costituzione, dei principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica. Tuttavia, il medesimo statuto speciale della Regione all'articolo 57 prevede che "fino a quando non sia diversamente disposto con leggi regionali" si applicano le leggi dello Stato. Nella specie, non sembra che sussista una normazione regionale che disciplini la materia, tant'è che l'assessorato regionale degli enti locali, interpellato da alcuni consiglieri comunali, si è limitato a raccomandare all'ente interessato di adottare "le opportune decisioni" nell'ambito della propria autonomia organizzativa. Si richiama, pertanto, l'articolo 38, comma 6, del decreto legislativo n.267/00, il quale stabilisce che le commissioni consiliari, una volta istituite sulla base di una facoltativa previsione statutaria, sono disciplinate dal regolamento comunale con l'unico limite, posto dal legislatore, riguardante il rispetto del criterio proporzionale nella composizione. Ciò significa che le forze politiche presenti in consiglio debbano essere il più possibile rispecchiate anche nelle commissioni, in modo che in ciascuna di esse sia riprodotto il loro peso numerico e di voto. Quanto al rispetto del criterio proporzionale previsto dal citato articolo 38, comma 6, il legislatore non precisa come lo stesso debba essere declinato in concreto. Lo statuto comunale all'art.13, comma 9, demanda al regolamento consiliare la disciplina per la costituzione dei gruppi consiliari, mentre al comma 11 stabilisce che il consiglio comunale si avvale di commissioni consiliari permanenti costituite, con criterio proporzionale, all'inizio di ogni legislatura, rinviando sempre al regolamento, tra l'altro, "i poteri", "le norme organizzative" "... nonché le modalità di elezione dei componenti" ed il loro numero. Il regolamento, all'articolo 56, disciplina la composizione delle commissioni, riaffermando il criterio di proporzionalità tra maggioranza e minoranza, precisando che i componenti sono proposti da ciascun gruppo consiliare con poteri sostitutivi da parte del consiglio comunale nel caso in cui non si proceda alla designazione o vi sia disaccordo all'interno della maggioranza o della minoranza. Il comma 10 prevede che i gruppi che non hanno propri componenti in talune commissioni possono partecipare ai lavori con un proprio rappresentante, ma senza diritto di voto. Il consiglio comunale, dunque, avrebbe proceduto alle nomine mancanti, ma non è stato possibile votare i vicepresidenti e il presidente della V commissione, a causa della omessa proposta di candidature spettante ai presidenti dei gruppi consiliari. Ciò posto, si osserva che il regolamento, a cui sono demandate la determinazione dei poteri delle commissioni, nonché la disciplina dell'organizzazione e delle forme di pubblicità dei lavori, dovrebbe stabilire anche i meccanismi idonei a garantirne il rispetto. L'indirizzo giurisprudenziale prevalente in materia – con l'eccezione della sentenza contraria del TAR Puglia–Lecce n.516/2013 - stabilisce che il criterio proporzionale può dirsi rispettato solo ove sia assicurata, in ogni commissione, la presenza di ciascun gruppo – anche se formato da un solo consigliere - presente in consiglio (v. T.A.R. Lombardia, Brescia, 4.7.1992, n.796; T.A.R. Lombardia, Milano, 3.5.1996, n.567). Il predetto principio, peraltro, è stato ribadito dal Consiglio di Stato, il quale, con parere n.04323/2009 del 14 aprile 2010, emesso su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ha osservato che "come da consolidata giurisprudenza, dalla quale la Sezione non intende discostarsi, il criterio di proporzionalità di rappresentanza della minoranza non può prescindere dalla presenza in ciascuna Commissione permanente di almeno un rappresentante di ciascun gruppo consiliare. In tal caso il criterio di proporzionalità si può esplicare attraverso il voto ponderato (v. anche TAR Lombardia-Sez.II, 19.11.1996, n.1661) o plurimo assegnato a ciascun componente della commissione in ragione corrispondente a quello della forza politica rappresentata nel consiglio comunale, vale a dire corrispondente al numero di voti di cui dispone il gruppo di appartenenza in seno al consiglio, diviso per il numero dei rappresentanti della stessa lista nella commissione interessata" (v. anche T.A.R. Campania, Salerno n.2714 del 20.12.2016, che ha richiamato l'orientamento ministeriale ed il successivo parere del C.d.S. n.771 del 7 marzo 2018 che ha richiamato C.d.S. – Sez.V, 25 ottobre 2017, n.4919). Si osserva, comunque, che le commissioni consiliari non sono organi necessari dell'ente locale, cioè non sono componenti indispensabili della sua struttura organizzativa, bensì organi strumentali dei consigli e, in quanto tali, costituiscono componenti interne dell'organo assembleare, prive di una competenza autonoma e distinta da quella ad esso attribuita. Pertanto, a fronte della oggettiva impossibilità di insediare validamente le commissioni, la situazione di fatto verificatasi è tale da giustificare, in ragione del principio della continuità amministrativa, il riespandersi della competenza piena del consiglio comunale. Ovviamente ciò non esclude che l'argomento della ricostituzione delle commissioni comunali possa essere iscritto all'ordine del giorno delle sedute consiliari, fino alla sua positiva trattazione. Tanto premesso, l'ente in oggetto, con riferimento alle commissioni consiliari, potrebbe valutare anche l'opportunità di adottare le modifiche normative idonee a conformare il proprio ordinamento ai cennati principi giurisprudenziali.