Il Consiglio di Stato, nel parere n.771/2018, ha ritenuto fondato un ricorso avverso una modifica regolamentare che non avrebbe consentito la partecipazione alle commissioni di almeno un rappresentante per ciascun gruppo presente in consiglio, violando così il criterio proporzionale.
Un sindaco ha formulato una richiesta di parere in ordine alla composizione delle commissioni consiliari. In particolare, il sindaco ha rappresentato la difficoltà di adeguare la composizione delle commissioni al mutato assetto politico del consiglio determinatosi a seguito dei riposizionamenti intervenuti nell'ambito dei gruppi consiliari. Attualmente sono presenti in consiglio quattro gruppi di minoranza e sei di maggioranza, di cui cinque monopersonali. Ai sensi dell'articolo 9 del regolamento del consiglio comunale sono previste sei commissioni consiliari composte da cinque componenti di cui tre in rappresentanza della maggioranza e due della minoranza. Al riguardo, si fa presente che, come noto, ai sensi dell'articolo 38, comma 6, del decreto legislativo n.267/2000, lo statuto può prevedere la costituzione di commissioni consiliari, istituite dal consiglio "nel proprio seno". Una volta istituite, le suddette commissioni sono disciplinate dal regolamento comunale con l'unico limite, posto dal legislatore, riguardante il rispetto del criterio proporzionale. Ciò significa che le forze politiche presenti in consiglio debbono essere il più possibile rispecchiate anche nelle commissioni. Ciò posto, al fine di corrispondere alla richiesta di parere, giova richiamare quanto osservato dal Consiglio di Stato, prima Sezione, nel parere n.771 reso in data del 7 marzo 2018. Con il citato parere, il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato un ricorso avverso una modifica regolamentare che non avrebbe consentito la partecipazione alle commissioni di almeno un rappresentante per ciascuno dei gruppi presenti in consiglio, violando, in questo modo, il criterio proporzionale che, invece, sarebbe stato garantito prevedendo l'istituto del voto plurimo in luogo del voto capitario. Con specifico riferimento all'istituto del voto plurimo, il Consiglio di Stato, sez.V, con sentenza n.4919 del 25 ottobre 2017, ha osservato che "questa modalità di voto, nel garantire il rispetto del principio di proporzionalità ex art.38, comma 6, d.lgs. n.267 del 2000, non viola il principio di parità tra i consiglieri". In sostanza, il Consiglio di Stato ha ritenuto che, al fine di garantire la funzionalità delle commissioni consiliari, l'inderogabile principio di proporzionalità "... può essere attuato non già solo con riguardo alla composizione dell'organo, ma alle modalità di voto". Pertanto, "la commissione può essere composta in modo tale da assicurare la presenza in essa di tutte le forze politiche presenti in consiglio, ma con la contestuale previsione di un sistema di voto in grado di rifletterne il diverso peso rappresentativo ...". Tanto premesso, l'ente locale potrebbe valutare la possibilità di addivenire a modifiche regolamentari tali da conformare il proprio ordinamento locale ai canoni ermeneutici indicati dal Consiglio di Stato nelle pronunce soprarichiamate. Nelle more delle modifiche normative, qualora permanga la situazione di impasse lamentata dal sindaco, si richiama il consolidato avviso di questo Ministero, espresso in altri casi analoghi e cioè che l'oggettiva impossibilità di insediare validamente le commissioni giustifica il riespandersi della piena attribuzione del consiglio comunale, del quale le commissioni costituiscono articolazioni, prive di competenza autonoma.