Incompatibilità tra la carica di sindaco e l’esercizio della professione di geometra nel territorio del comune amministrato

Territorio e autonomie locali
16 Settembre 2019
Categoria 
12 Cause ostative all'assunzione e all'espletamento del mandato elettivo
Sintesi/Massima 

Sul sindaco, responsabile dell’amministrazione del comune ex articolo 50, comma 1, del D.lgs. n. 267/2000 e presidente dell’organo esecutivo ex comma 2 del medesimo articolo, grava l’obbligo di astensione positivizzato dal comma 3 dell’articolo 78 dello stesso decreto legislativo.

Testo 

E’ pervenuta la nota di un sindaco relativa alla “presunta conflittualità” tra la carica da lui ricoperta dal 2015 e l’esercizio dell’attività professionale di geometra nel territorio da lui amministrato. A sostegno della propria tesi, per cui sarebbe da escludersi la incompatibilità, il capo dell’amministrazione richiama il parere espresso in un caso analogo da questo Ministero in data 9 marzo 2010, onde, essendosi avvalso della facoltà di delega in materia urbanistica, edilizia e lavori pubblici, può ritenersi esonerato dall’osservanza dell’obbligo di astensione dallo svolgimento dell’attività professionale nel suo ente. Di contro, i consiglieri di minoranza, hanno trasmesso la sentenza n. 14764/2016 resa dalla Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la quale, invece, è stato ritenuto sussistente in capo al sindaco l’obbligo di astensione dall’esercizio di attività professionali in materia di edilizia privata e pubblica nell’ambito del territorio amministrato, ritenendosi tali attività incompatibili con la carica pubblica ricoperta. 
Al riguardo si rappresenta quanto segue.
L’articolo 78, comma 3, del D.lgs. n. 267/2000 – che è la norma della cui portata si discute – dispone testualmente che “I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato”.
Preliminarmente si osserva che l’articolo 78 del TUEL, rubricato “Doveri e condizione giuridica”, ha inteso disciplinare l’attività professionale privata dei titolari di uffici pubblici nell’ambito del territorio da essi amministrato, in special modo in quei settori potenzialmente confliggenti con gli interessi perseguiti dall’ente locale. Tuttavia, come chiarito anche dalla giurisprudenza di merito (v. Corte App. Salerno, sent. n. 270/2000), la inosservanza delle disposizioni di cui al detto articolo non comporta la decadenza degli amministratori dalla carica elettiva ricoperta, non avendo inteso il legislatore introdurre nuove ipotesi di incompatibilità, che, non solo debbono essere previste espressamente ex lege, ma, vertendosi in materia di norme di stretta interpretazione, è impedita qualunque forma di applicazione analogica o estensiva. Il diritto di elettorato passivo, infatti, è diritto politico fondamentale, intangibile nel suo contenuto di valore ed annoverabile tra i diritti inviolabili riconosciuti e garantiti dall’articolo 2 della nostra Carta Costituzionale; lo stesso può essere unicamente disciplinato dalla legge, che può limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali parimenti fondamentali e generali (v. Corte Cost., sent. n. 44 del 20.02.1997; v. anche Cass. Civ., sez. I, sent. n. 28504 del 22.12.2011).
Orbene, il citato articolo 78 intende garantire la imparzialità dell’azione amministrativa –  che, come noto, trova copertura costituzionale all’interno dell’articolo 97 della Costituzione – in un quadro di attenzione alle concrete condizioni di operatività degli enti locali e si rivolge a coloro che svolgono in proprio un’attività libero-professionale negli stessi delicati settori nei quali, come pubblici amministratori, sono chiamati a tutelare interessi della collettività locale.
Con specifico riferimento al sopra riportato comma 3 dell’articolo 78, deve sottolinearsi che i destinatari della norma sono, expressis verbis, i “componenti la giunta comunale” che, nei campi dell’edilizia, dell’urbanistica e dei lavori pubblici forniscono prestazioni di carattere prevalentemente intellettuale che richiedono il possesso di specifici requisiti di formazione culturale e tecnica (titoli di studio ed iscrizione ai relativi albi, ordini o collegi professionali). La violazione del positivizzato dovere di astensione se, come detto, non comporta la decadenza dalla carica, viceversa, può rilevare, comunque, sul piano della personale responsabilità politica e deontologica del soggetto interessato, nonché sul piano della legittimità degli atti adottati. Sul punto, infatti, la giurisprudenza amministrativa ha osservato che “non può […] affermarsi la legittimità, in astratto, di un procedimento amministrativo, di competenza del Comune, nel quale il professionista svolge le funzioni assessoriali, ed al quale detto professionista abbia partecipato nella qualità […] è sufficiente, in tal senso, osservare che il divieto di cui all’art. […] 78, comma 3, del d. lgs. n. 267 del 2000 […] è stato introdotto dal legislatore […] in un momento in cui il sistema ordinamentale degli enti locali sia statale che regionale aveva, da tempo, puntualmente sottratto ogni competenza in materia di edilizia ed urbanistica agli organi politici per assegnarlo agli organi burocratici […] Siffatto espresso divieto è stato dunque inteso, sin dall’origine, dal legislatore quale strumento applicativo dei richiamati canoni di imparzialità e buona amministrazione (oltre che di concorrenza tra i professionisti titolari di cariche pubbliche e quelli privi di tale status), e di tutela anche dei terzi eventualmente controinteressati” (così Tar Sicilia, Palermo, sez. III, sent. n. 8269 del 06.07.2010).
Ebbene, con riferimento alla specifica richiesta di parere, questo Ministero, come già fatto di recente in un precedente parere in data 7 giugno 2019, non può che sottolineare il contenuto della recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, resa con riferimento alla posizione di un sindaco, esercente la professione di architetto, che, in tale qualità, aveva firmato e presentato una segnalazione certificata di inizio attività proprio nel suo comune, nel quale aveva conferito espressa delega ad un assessore nelle materie relative a urbanistica, edilizia e lavori pubblici. Orbene, la Corte di Cassazione, nel merito, ha ritenuto che l’articolo 78, comma 3, del D.lgs. n. 267/2000 “contempla un obbligo di astensione dall’esercizio di attività professionali in materia di edilizia privata e pubblica nell’ambito del territorio amministrato, essendo tali attività ritenute incompatibili con la carica pubblica ricoperta. Tale obbligo di astensione – diretto non solo ad evitare che il professionista tragga vantaggio nella sua attività professionale dal mandato pubblico rivestito, ma anche a precludere, per ragioni di trasparenza e buon andamento dell’amministrazione dell’ente territoriale, che l’esercizio delle funzioni collegate a tale mandato sia sviato dall’interesse personale dell’amministratore – grava sui «componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici». Tra i destinatari dell’obbligo di astensione […] rientrano non solo gli assessori cui siano state conferite deleghe nei settori dell’urbanistica, dell’edilizia e dei lavori pubblici, ma anche lo stesso sindaco, sul quale, come organo responsabile dell’amministrazione del Comune e presidente della giunta comunale, grava l’onere di sovrintendere su tutte le attività del Comune, anche su quelle delegate. Tale interpretazione trova conferma nella stessa lettera della disposizione dell’art. 78, comma 3, del testo unico, il quale, per indicare i destinatari dell’obbligo di astensione, impiega la locuzione «componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici», non quella di assessori all’urbanistica, all’edilizia e ai lavori pubblici. Da un punto di vista sistematico, inoltre, occorre considerare che, anche nelle ipotesi in cui si avvalga della facoltà di delega, il sindaco conserva, in ogni caso, la titolarità delle competenze, mantenendo verso il delegato – l’assessore – i poteri di direttiva e di vigilanza, oltre quelli di nomina e di revoca. Va pertanto, escluso che, per il fatto di essersi avvalso della facoltà di delega ad un assessore nella materia urbanistica, edilizia e lavori pubblici, il sindaco possa ritenersi esonerato dall’osservanza dell’obbligo di astensione dall’esercitare, nel territorio da lui amministrato, attività professionale di architetto in materia di edilizia privata e pubblica” (così Cass. Civ., sez. II, sent. n. 14764 del 19.07.2016, supra cit.).
Dunque, seguendo il recente orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione, nonostante esplicita delega assessorile nelle materie dell’urbanistica, dell’edilizia e dei lavori pubblici, sul sindaco, “responsabile dell’amministrazione del comune” ex articolo 50, comma 1, del D.lgs. n. 267/2000 e presidente dell’organo esecutivo ex comma 2 del medesimo articolo, grava l’obbligo di astensione positivizzato dal comma 3 dell’articolo 78 dello stesso decreto legislativo, la cui inosservanza espone il medesimo soggetto a responsabilità politica, deontologica, oltre a poter essere causa di illegittimità degli atti approvati dall’organo presieduto.