Consigliere comunale dipendente, con funzioni direttive, di una fondazione operante con contributi comunali

Territorio e autonomie locali
21 Maggio 2019
Categoria 
12 Cause ostative all'assunzione e all'espletamento del mandato elettivo
Sintesi/Massima 

Ai fini della sussistenza della causa di incompatibilità prevista dall’art. 63, comma 1, n. 1), è necessario far riferimento al conflitto di interessi, anche solo potenziale, in cui potrebbe trovarsi il soggetto rispetto all’esercizio imparziale della carica di consigliere

Testo 

Il segretario generale di un comune ha richiesto un parere in materia di incompatibilità, ai sensi dell’art. 63, comma 1, n. 1), del D. Lgs. n. 267/2000.
In particolare, con il suddetto quesito si chiede di conoscere se si possa considerare incompatibile, ai sensi del citato art. 63, comma 1, n. 1), un consigliere comunale che sia anche dipendente, con funzioni direttive, della Fondazione ….- ente partecipato dal comune in oggetto (che ne è socio fondatore) - operante principalmente con contributi corrisposti dallo stesso comune. Posto che la fondazione di che trattasi riceve, in via continuativa, una sovvenzione da parte del comune superiore al 10% del totale delle entrate, e che pertanto si ritiene acclarata la sussistenza del requisito oggettivo richiesto dalla citata disposizione dell’art. 63, il dubbio circa la sussistenza della causa di incompatibilità de qua riguarda il profilo soggettivo.
Più precisamente, nella nota in esame, si evidenzia che il consigliere de quo riveste la qualifica di dipendente di alto livello 1A e, dunque, secondo la declaratoria delle funzioni prevista dal CCNL di categoria, di lavoratore titolare di “funzioni direttive di rilevante interesse aziendale che implicano la responsabilità ed il controllo di più uffici e servizi con ampia discrezionalità nell’attuazione delle direttive impartite dalla direzione”. Lo Statuto della Fondazione, tuttavia, assegna al solo Presidente della stessa i più ampi poteri rappresentativi e di iniziativa, compresa la sovrintendenza dell’ente, con possibilità di delegare parte di tali poteri al solo Direttore Artistico.
Nel quesito si soggiunge, inoltre, che, come affermato dal Presidente della Fondazione, l’attività del consigliere in questione “consiste in attività meramente interna di carattere impiegatizio, non essendo mai stati assunti atti di rilevanza esterna”, non esercitando di fatto lo stesso, pur essendo il dipendente di maggior livello dell’ente, “poteri di coordinamento nei confronti di altri dipendenti”, muovendosi, tuttavia, “con discrezionalità, autonomia operativa ed in rappresentanza della fondazione”.
A parere del segretario generale del comune, il consigliere de quo esercita “un’attività che, per livello, qualità e quantità, è tale da incidere sulla politica complessiva della fondazione, ovvero sulle scelte rilevanti nei rapporti con il comune che esercita la vigilanza”, ed il fatto di “ricoprire la duplice veste di dipendente della fondazione e di consigliere comunale consente almeno astrattamente allo stesso di orientare le scelte della fondazione”. Pertanto, oltre alla declaratoria contrattuale, anche dalla posizione di fatto dallo stesso consigliere ricoperta all’interno della fondazione, potrebbe giungersi a ritenere sussistente la causa di incompatibilità prospettata.
Al riguardo, si osserva che, come chiarito in giurisprudenza, le cause d’incompatibilità di cui all’art. 63 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ascrivibili al novero delle c.d. incompatibilità d’interessi, hanno la finalità di impedire che possano concorrere all’esercizio delle funzioni di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli dell’istituzione locale o i quali si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità (cfr. Corte costituzionale, sentenza 20 febbraio 1997, n. 44; Id., sentenza 24 giugno 2003, n. 220).
In particolare, l’ipotesi prevista dal comma 1, n. 1), del menzionato art. 63, è ravvisabile in presenza di un duplice presupposto: il primo di natura soggettiva ed il secondo di natura oggettiva.
Dal punto di vista oggettivo, per quanto qui interessa, l’amministratore locale deve rivestire una delle citate qualità nell’ambito di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il venti per cento di partecipazione da parte del comune o che dallo stesso riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell’anno il dieci per cento del totale delle entrate dell’ente.
Come già evidenziato dall’analisi effettuata dal segretario generale, tale presupposto oggettivo è ritenuto sussistente nel caso di specie, in virtù di sovvenzioni a carattere continuativo effettuate da parte del comune in favore della fondazione che, per la parte facoltativa, superano il 10% del totale delle entrate, in conformità a quanto stabilito dall’art. 63, comma 1, n. 1), del T.U.O.E.L.
Sotto il profilo soggettivo, aspetto sul quale nella richiesta di parere in esame non emerge un pieno convincimento, è necessario che l’interessato rivesta la qualità di “amministratore” ovvero di “dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento”. Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che il potere di coordinamento “non può essere riconosciuto al personale direttivo in genere e neppure al personale chiamato a coordinare attività e compiti di altri dipendenti, ma solo a quei funzionari i quali svolgano tale attività a livello che, per la sua qualità e quantità, sia tale da incidere sulla politica complessiva dell’ente sottoposto a vigilanza, ovvero sulle scelte rilevanti nei rapporti con il comune che esercita la vigilanza” (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I Civile, sentenza 9 febbraio 1995, n. 1465; Id., sentenza 6 dicembre 1985, n. 6131).
Orbene, precisato che non rientra nelle prerogative di questa Amministrazione formulare indicazioni che spettano esclusivamente all’autonomia decisionale di ciascun ente locale, esulando dalle competenze di questo Ufficio qualsiasi valutazione in ordine a casi o atti specifici, rientranti nell’autonomia e nella responsabilità dell’ente medesimo, si rappresenta che l’analisi circa la sussistenza dei presupposti della prospettata causa di incompatibilità dovrà essere effettuata alla luce delle sopra riportate coordinate giurisprudenziali. A tal fine, sarà dunque necessario verificare, nel caso concreto, la ricorrenza, in capo al consigliere de quo, dei sopra citati elementi ritenuti necessari dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, ai fini della sussistenza della causa di incompatibilità prevista dall’art. 63, comma 1, n. 1), è necessario far riferimento al conflitto di interessi, anche solo potenziale, in cui potrebbe trovarsi il soggetto rispetto all’esercizio imparziale della carica di consigliere.
Al riguardo, si rammenta, inoltre, che, in conformità al generale principio per cui ogni organo collegiale è competente a deliberare sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la verifica delle cause ostative all’assunzione del mandato elettivo è compiuta con la procedura prevista dall’art. 69 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, che garantisce il contraddittorio tra organo ed amministratore, assicurando a quest’ultimo l’esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la preclusione contestata (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 10 luglio 2004, n. 12809; Id., sentenza 12 novembre 1999, n. 12529).