Costituzione gruppi consiliari. Asserita violazione art.67 della Costituzione

Territorio e autonomie locali
17 Settembre 2020
Categoria 
05.02.03 Commissioni e gruppi consiliari
Sintesi/Massima 

Il principio generale del divieto di mandato sancito dall'art.67 della Costituzione è pacificamente applicabile ad ogni assemblea elettiva ed assicura ad ogni consigliere l'esercizio del mandato ricevuto dagli elettori, pur conservando verso gli stessi la responsabilità politica, con assoluta libertà, ivi compresa quella di far venir meno l'appartenenza dell'eletto alla lista o alla coalizione originaria (T.A.R. Trentino Alto Adige, Sez. Trento, sent. n.75/2009).

Testo 

Alcuni consiglieri comunali hanno formulato una richiesta di parere in ordine all'applicazione della locale disciplina in tema di gruppi consiliari. In particolare, due consiglieri hanno rappresentato di aver comunicato al presidente del consiglio la costituzione di un nuovo gruppo consiliare e di aver ricevuto riscontro negativo da parte del segretario comunale in quanto, ai sensi dell'articolo 36 del regolamento del consiglio, la possibilità di costituire nuovi gruppi nel corso della consiliatura sarebbe preclusa. Ad avviso dei consiglieri, siffatta normativa regolamentare sarebbe incostituzionale per contrasto con l'articolo 67 della Costituzione e lederebbe, di fatto, il pieno esercizio del mandato politico. Al riguardo, si evidenzia che l'esistenza dei gruppi consiliari non è espressamente prevista dalla legge, ma si desume implicitamente da quelle disposizioni normative che contemplano diritti e prerogative in capo ai gruppi o ai capigruppo (in particolare, art.38, comma 3, art.39, comma 4 e art.125 del decreto legislativo n.267/2000). La materia, pertanto, è regolata dalle apposite norme statutarie e regolamentari, adottate dai singoli enti locali nell'ambito dell'autonomia organizzativa dei consigli, riconosciuta espressamente agli stessi dall'art.38 citato. I mutamenti che possono sopravvenire all'interno delle forze politiche presenti in consiglio comunale per effetto di dissociazioni dall'originario gruppo di appartenenza, comportanti la costituzione di nuovi gruppi consiliari ovvero l'adesione a diversi gruppi esistenti, devono essere consentiti pur nei limiti e con le modalità fissati dalle fonti di autonomia locale. Ai sensi dell'articolo 36 del regolamento del consiglio del comune in oggetto è previsto che "Il consigliere che intende appartenere a un gruppo diverso da quello della lista in cui è stato eletto deve darne comunicazione scritta al presidente e confluisce nel gruppo misto". Dall'esame di tale disposizione si evince, dunque, l'obbligo di cristallizzare i gruppi all'esito elettorale senza alcuna possibilità di variazione successiva all'insediamento del consiglio, se non quella di transitare nel gruppo misto, ciò in quanto finché vige la norma regolamentare è a questa che occorre fare riferimento. Ciò posto, tuttavia, corre l'obbligo di formulare alcune osservazioni alla luce della giurisprudenza formatasi in merito alla questione rappresentata. In particolare, la normativa regolamentare in commento sembrerebbe violare il principio generale del divieto di mandato imperativo sancito dall'art.67 della Costituzione. A tale proposito, il TAR Lazio, sezione staccata di Latina, con sentenza n.649 del 2004, ha osservato come nulla impedisca ad un consigliere di abbandonare la coalizione di origine in corso di consiliatura, dal momento che l'eletto rappresenta l'intera comunità ed esercita le proprie funzioni "senza vincolo di mandato". In particolare, il predetto tribunale ha stabilito che "non è configurabile alcun obbligo giuridico che vincoli l'eletto al proprio partito ovvero ai propri elettori che non permetta, nel corso della consiliatura, l'abbandono della coalizione d'origine ed il contemporaneo transito in altra coalizione". Tale principio, "pacificamente applicabile ad ogni assemblea elettiva, assicura ad ogni consigliere l'esercizio del mandato ricevuto dagli elettori, pur conservando verso gli stessi la responsabilità politica, con assoluta libertà, ivi compresa quella di far venir meno l'appartenenza dell'eletto alla lista o alla coalizione originaria di appartenenza" (T.A.R. Trentino Alto Adige, Sez. di Trento, sent. n.75 del 2009).