Compatibilità tra la carica di presidente del consiglio comunale e la carica di assessore

Territorio e autonomie locali
10 Luglio 2020
Categoria 
05 Organi dei Comuni e delle Province
Sintesi/Massima 

Il cumulo tra la carica di presidente del consiglio comunale e quella di assessore, nei comuni fino a 15.000 abitanti, non costituisce causa di incompatibilità, stante l’assenza di una norma che la sancisca espressamente.

Testo 

Un comune avente popolazione inferiore ai 15.000 abitanti ha chiesto un parere in merito alla compatibilità tra la carica di presidente del consiglio comunale e la carica di assessore.
Sul tema, va ricordato in primo luogo che ai sensi dell’articolo 42, comma 3, del decreto legislativo n.267/2000, il consiglio comunale partecipa alla “verifica periodica dell’attuazione delle linee programmatiche da parte del sindaco o del presidente della provincia e dei singoli assessori”. I vigenti principi ordinamentali in tema di riparto di competenze tra organi condizionano i rapporti tra consiglio comunale e giunta, in quanto il primo svolge attività di indirizzo e controllo politico – amministrativo mentre la seconda, organo esecutivo - gestionale, ha competenza residuale su tutti gli atti non riservati dalla legge al consiglio ovvero all’organo di vertice dell'ente locale. Ne deriva che i rispettivi ambiti decisionali sono da mantenere distinti e autonomi.
Il consiglio comunale, nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, è presieduto da un presidente che, a norma del comma 1 dell’articolo 39 del T.U.O.E.L., viene eletto nella prima seduta del consiglio ed esercita il potere di convocazione e direzione dei lavori e delle attività dell’assemblea consiliare. Per i comuni che non raggiungono tale soglia di abitanti, la norma stabilisce la possibilità di prevedere nello statuto la figura del presidente del consiglio comunale, disponendo al successivo comma 3 che, in mancanza di previsione statutaria al riguardo, le funzioni di presidenza sono svolte dal sindaco.
Atteso quanto sopra, il presidente del consiglio comunale deve possedere requisiti di neutralità, imparzialità e terzietà; ciò è confermato da una giurisprudenza consolidata, che pacificamente rimarca “l’incontestabile rilievo istituzionale della funzione di presidente del consiglio, che trascende gli equilibri politici, che pure ne fondano la costituzione attraverso l’elezione, di garante del regolare funzionamento dell’organo consiliare e dell’ordinato svolgersi della dialettica tra le forze politiche in esso presenti” (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 2678/2017).
Questo Ministero ha ritenuto (parere del 27 settembre 2018) che il presidente del consiglio possa essere delegato dal sindaco al pari degli altri consiglieri per la cura di affari particolari, purché non gli si attribuiscano anche poteri di gestione assimilabili a quelli degli assessori e dei dirigenti, tenendo conto anche della sentenza n. 1248 del 2004 del TAR Toscana, che si è pronunciato nel senso che “Lo Statuto comunale, fatto salvo il rispetto dei principi e dei precetti legislativi in materia di organizzazione degli enti locali, ben possa prevedere la delegabilità ai consiglieri, da parte del Sindaco, di alcune competenze” purché tali previsioni escludano che “possano essere delegati compiti di amministrazione attiva, che comporterebbero l’inammissibile confusione in capo al medesimo soggetto del ruolo di controllore e di controllato”.
Il rapporto tra i due organi in termini di “controllore-controllato” ha orientato l’avviso di questo Ministero anche in merito alla semplice partecipazione del presidente del consiglio comunale, senza diritto di voto, alle sedute della giunta (parere del 30 novembre 2009). Infatti, il riparto di competenze tra consiglio e giunta sopra illustrato, “comporta l'esigenza di evitare una commistione tra 'controllore' e 'controllato' pur in un contesto collaborativo e trasparente, finalizzato alla migliore attuazione del pubblico interesse”. Ancora più incisiva apparirebbe, dunque, tale commistione qualora vi fosse l’attribuzione al presidente del consiglio comunale di deleghe assessorili che lo vedrebbero protagonista delle decisioni di governo dell’ente. Ciononostante, l’assenza di una specifica norma che sancisca espressamente l’incompatibilità tra la carica di presidente del consiglio comunale e quella di assessore, nei comuni fino a 15.000 abitanti, impone di confinare il tema relativo al cumulo delle stesse nell’ambito delle scelte di opportunità politico-istituzionale. Difatti, le norme poste in materia di ineleggibilità e di incompatibilità sono di stretta interpretazione; per esse sussiste il divieto di interpretazione analogica (v. Corte Costituzionale, sentenza n. 44/1997; v. anche Cass. Civ., Sez. I, sentenza n. 28504 del 22.12.2011).
Pertanto, non essendo l’incompatibilità in argomento prevista da alcuna disposizione normativa e non rivenendosi precedenti giurisprudenziali al riguardo, si ritiene che la necessità di salvaguardare la imparzialità e terzietà del presidente del consiglio comunale vada ricondotta alla sfera delle valutazioni di opportunità, ma non escluda di per sé che tale figura, in un comune con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, possa far parte anche della giunta comunale.