Assunzione a tempo indeterminato di un consigliere in carica

Territorio e autonomie locali
15 Maggio 2020
Categoria 
12 Cause ostative all'assunzione e all'espletamento del mandato elettivo
Sintesi/Massima 

L’assunzione a tempo indeterminato di un consigliere comunale da parte del comune in cui è stato eletto non comporta la necessità di dimettersi dalla carica, potendosi, invece, procedere al collocamento in aspettativa in base alla normativa vigente.

Testo 

Un comune ha chiesto a questo Ministero se il consigliere comunale inserito in una graduatoria dell’ente in posizione utile ai fini di un’assunzione programmata debba rassegnare le proprie dimissioni dalla carica o se possa assumere servizio e richiedere contestualmente l’aspettativa per mandato elettorale con conseguente diritto alla conservazione del posto, in tal modo rimuovendo la causa di incompatibilità ex articoli 63 e seguenti del decreto legislativo n. 267/2000.
Al riguardo si osserva che l’articolo 63 del decreto legislativo n. 267 del 2000, dedicato alla disciplina delle “Incompatibilità”, al suo comma 1, n. 7), dispone testualmente quanto segue: “Non può ricoprire la carica di […] consigliere comunale […] colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità prevista negli articoli precedenti”.
Il precedente articolo 60 dello stesso decreto legislativo elenca i casi tassativi di ineleggibilità alle cariche ivi indicate, ossia le cause limitative del diritto di elettorato passivo che, per costante orientamento costituzionale, “devono essere contenute entro i limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse, ricollegantisi alla funzione elettorale, cui sono di volta in volta preordinate” (così Corte Cost., n. 25/2008; v., altresì, Corte Cost., nn. 306/2003, 132/2001, 141/1996).
Tra i casi tassativi di ineleggibilità rientra la qualità di dipendente comunale o provinciale, secondo quanto stabilito dall’articolo 60 del decreto legislativo n. 267 del 2000, che al comma 1, punto 7), recita: “Non sono eleggibili a […] consigliere comunale […] i dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi consigli”. ”.
La ratio della disposizione in parola è volta, oltre che ad assicurare la regolarità del procedimento elettorale e l’uguaglianza tra i competitor, anche a garantire il più possibile l’attuazione del principio di separazione tra politica e gestione. Ha osservato la Corte di Cassazione che ciò che conta, al fine della sussistenza di tale causa di ineleggibilità, è la presenza delle condizioni tipiche del rapporto di impiego subordinato, così come declinate dalla giurisprudenza amministrativa ed ordinaria formatasi in materia, quali la sottoposizione ad ordini e direttive e l’inserimento del lavoratore nella struttura dell’ente (v. Cass. Civ., sez. I, sent. n. 6082 del 18.03.2006). L’articolo 60, comma 1, punto 7), del T.U.E.L., infatti, pone l’accento sul dato formale della dipendenza, subordinando la ineleggibilità alla sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente con il Comune. Dunque, come opinato anche in passato dalla Suprema Corte di Cassazione, la causa di ineleggibilità che colpisce i “dipendenti” del comune riguarda i “dipendenti” come tali dell’ente, a prescindere dalla natura, pubblica o privata, del relativo rapporto e dalla durata, determinata o indeterminata, dello stesso, nonché dalla circostanza che il lavoratore sia in posizione di distacco presso altro ente, tenuto conto che il distacco agisce sull’aspetto funzionale e non sul rapporto di servizio (in questi termini Cass. Civ., sez. I, sent. 8975 del 03.12.1987).
Alla luce di quanto sopra esposto, appare evidente come la fattispecie rappresentata dal comune in questione, prospettando l’assunzione a tempo indeterminato di un consigliere comunale in carica, concreti la causa di incompatibilità di cui al citato articolo 63 del decreto legislativo n. 267 del 2000, comma 1, punto 7). Infatti, nel caso di specie, essendosi già svolta la competizione elettorale, non sussiste il fondamento delle cause di ineleggibilità, che, secondo la Suprema Corte di Cassazione è da rinvenirsi nell’esigenza di garantire la “regolarità” del procedimento elettorale, escludendo soggetti che, per la loro particolare posizione, possono influenzare la compagine elettorale. In ossequio al principio di uguaglianza, formale e sostanziale, occorre che tra i vari candidati via sia parità di armi, ossia nessuno deve trovarsi, rispetto ad altri, in condizioni di vantaggio nella competizione elettorale (in tal senso v. Cass. Civ., sez. I, sent. n. 3902 del 16.03.2002). Il caso che ci occupa si riferisce, invece, ad un “consigliere comunale […]che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità prevista negli articoli precedenti” (articolo 63 del decreto legislativo n. 267 del 2000, comma 1, punto 7) e la relativa richiesta di parere è incentrata sulla possibilità di rimozione della causa di incompatibilità sopravvenuta mediante il collocamento in aspettativa del dipendente per mandato elettorale, con conseguente diritto alla conservazione del posto. Orbene, l’articolo 68 del decreto legislativo n. 267 del 2000, comma 3, stabilisce che “ai fini della rimozione delle cause di ineleggibilità sopravvenute alle elezioni ovvero delle cause di incompatibilità sono applicabili le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 5, 6 e 7 dell’articolo 60”. In particolare, il citato articolo 60 al comma 3 dispone che “le cause di ineleggibilità previste nei numeri […] 7) […] non hanno effetto se l’interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell’incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature”, mentre al comma 7 dispone che “l’aspettativa è concessa anche in deroga ai rispettivi ordinamenti per tutta la durata del mandato, ai sensi dell’articolo 81”.
Nel caso in questione è possibile la rimozione di incompatibilità sopravvenuta collocando in aspettativa per mandato elettorale, secondo quanto disposto dagli articoli 60, commi 3 e 7, e 68, comma 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000, il consigliere assunto quale dipendente a tempo indeterminato presso il comune.
Il consigliere, pertanto, non è tenuto a dimettersi dalla carica rivestita, salvo che a ciò non intenda autonomamente determinarsi, ben potendosi invece, come sopra illustrato, procedere all’assunzione e al collocamento in aspettativa in base alla normativa vigente.