L’amministratore lavoratore autonomo che intenda richiedere all’ente locale il versamento degli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi, dovrà astenersi del tutto dall’attività di lavoro autonomo.
Un comune ha chiesto a questo Ministero un parere circa la conformità alla legge dell’avvenuto versamento, nel corso del mandato amministrativo 2009/2014, degli oneri previdenziali, assicurativi e assistenziali in luogo e per conto di amministratori comunali lavoratori autonomi. Nella richiesta viene sottolineato che l’esigenza di un parere chiarificatore è emersa in seguito all’affermarsi, negli anni successivi al mandato di cui si tratta, di una giurisprudenza che ha posto in luce alcuni aspetti problematici della fattispecie, ribaltando il precedente orientamento.
La disciplina del trattamento previdenziale, assistenziale ed assicurativo degli amministratori locali è dettata dall’articolo 86 del decreto legislativo n. 267/2000. Essa è riservata a specifiche categorie di amministratori che hanno scelto di dedicarsi a tempo pieno all’esercizio del mandato, rinunciando allo svolgimento di un’attività lavorativa dipendente (comma 1) o di natura autonoma (comma 2).
Nel dettaglio, il comma 2 dell’articolo 86 in questione dispone testualmente che “Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l'amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. Con decreto dei Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell’incarico”.
I criteri per la determinazione delle quote forfettarie da conferire alla forma pensionistica presso la quale l’amministratore “era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell’incarico” elettivo sono stati stabiliti con decreto del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale e con il Ministro del Tesoro del Bilancio e della Programmazione Economica, in data 25 maggio 2001.
Le istruzioni relative alle modalità operative per il versamento delle cifre forfettarie da parte degli enti locali sono state diramate dalla Direzione centrale delle entrate contributive dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale con la circolare n. 205 del 21 novembre 2001.
Secondo un primo, risalente orientamento, gli enti locali avrebbero dovuto versare in ogni caso le quote forfettarie degli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi ai regimi pensionistici cui sono iscritti i lavoratori autonomi che rivestono la carica di amministratori locali. Con il parere del 17 febbraio 2004, questo Ministero ha ritenuto che tale obbligo si basasse “sul presupposto che l'assunzione di cariche pubbliche particolarmente impegnative interferiscono sull'attività del professionista, con ripercussioni prevedibili sul reddito e quindi sulla sua capacità contributiva. A differenza dei lavoratori dipendenti, infatti, i lavoratori autonomi non hanno la possibilità di porsi in aspettativa e difficilmente possono sospendere l'attività professionale”. Tale assunto ha condotto alla conclusione secondo cui “Il versamento dei predetti oneri, da parte degli enti locali, costituisce pertanto un beneficio che va accordato a prescindere dall'incidenza dell'espletamento della carica elettiva sull'effettivo esercizio dell'attività professionale”.
Successivamente, gli orientamenti espressi nel tempo dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti sulla portata applicativa del menzionato articolo 86, comma 2, del decreto legislativo n. 267/2000, con riferimento agli amministratori lavoratori non dipendenti – per i quali, a differenza dei lavoratori dipendenti, l’istituto dell’aspettativa non retribuita non è previsto – sono divenuti univoci in senso inverso a quello sopra illustrato. I giudici hanno costantemente affermato che, al fine della fruizione del beneficio previsto dalla norma, occorre che il soggetto interessato rinunci espressamente all’espletamento dell’attività lavorativa autonoma svolta, così da garantire che l’incarico istituzionale sia reso nelle medesime condizioni di esclusività previste per i lavoratori dipendenti posti in aspettativa non retribuita (cfr., ex multis, Corte conti, sez. reg. contr. Liguria n. 21 del 21 gennaio 2019; Corte conti, sez. reg. contr. Molise, n. 32 del 17 febbraio 2016 e n. 86 del 25 maggio 2015; Corte conti, sez. reg. contr. Lombardia, n. 274 del 27 ottobre 2014; Corte conti, sez. reg. contr. Veneto, n. 280 del 30 aprile 2014; Corte conti, sez. reg. contr. Marche, n. 27 del 16 aprile 2014, Corte conti, sez. reg. contr. Basilicata, n. 3 del 15 gennaio 2014; Corte conti, sez. reg. contr. Puglia, n. 57 del 27 marzo 2013).
Invero, la magistratura contabile sottolinea come i primi due commi del citato articolo 86 debbano essere letti unitariamente, in virtù dell’inciso “allo stesso titolo previsto dal comma 1” contenuto nel secondo comma, da cui si ricava, oltre all’unitarietà della ratio fondante l’intera norma, altresì, l’identità dei presupposti richiesti da entrambe le fattispecie richiamate. La Corte dei Conti, infatti, ritiene che non troverebbe alcuna giustificazione il riconoscimento del diritto al versamento degli oneri assistenziali, previdenziali ed assicurativi all’amministratore locale non dipendente, ove questo, a differenza dell’amministratore dipendente collocato in aspettativa senza assegni, non abbia in concreto sospeso la propria attività autonoma in costanza di espletamento del mandato amministrativo. È l’esclusività dell’incarico, espressamente prevista dal primo comma, a giustificare causalmente il pagamento degli oneri contributivi a carico dell’ente locale in favore dell’amministratore dipendente collocato in aspettativa senza assegni. Viceversa, il medesimo obbligo in capo all’ente locale non potrebbe trovare riconoscimento nel caso in cui l’amministratore locale non fosse dipendente e continuasse, durante l’espletamento del mandato, ad esercitare la propria attività lavorativa autonoma. Diversamente opinando, il lavoratore autonomo riceverebbe un ingiustificato trattamento di favore costituito dal vantaggio derivante dal versamento della contribuzione ad opera dell’amministrazione e, inoltre, si verrebbe a configurare un’evidente disparità di trattamento fra amministratori lavoratori dipendenti e non dipendenti, ove questi ultimi, a differenza dei primi, verrebbero a cumulare due benefici (il versamento dei contributi sostitutivi e lo svolgimento della propria attività professionale o imprenditoriale), non dedicandosi a tempo pieno all’espletamento dell’incarico di amministratore.
Dunque, l’amministratore lavoratore autonomo che intenda richiedere all’ente locale il versamento dei citati oneri in misura forfettaria, dovrà astenersi del tutto dall’attività di lavoro autonomo, dando evidenza di tale rinuncia, in costanza di mandato amministrativo, attraverso idonea documentazione da rendere al comune ed al competente istituto di previdenza che comprovi, in concreto, il requisito dell’esclusività dell’incarico elettivo.
Con riferimento al requisito sopra citato relativo alla “idonea documentazione” comprovante la totale astensione dall’attività lavorativa, la giurisprudenza sia contabile che di merito cita, a titolo di esempio, “la dichiarazione di avvenuta sospensione dell’attività professionale o altra documentazione ove emerga l’assenza di redditi conseguenti all’esercizio di tale attività” (Corte conti, sez. reg. contr. Abruzzo n. 118 del 13 luglio 2017), ovvero “un’attestazione”, da rilasciare all’ente locale e notificare all’ente previdenziale, in cui il lavoratore autonomo “dichiara la sospensione dell’attività in costanza di espletamento del mandato amministrativo” (Tribunale di Bari, in funzione di Giudice del Lavoro, sent. n. 2341 del 26 aprile 2017).