Incompatibilità del consigliere comunale debitore nei confronti del comune per sanzioni relative a violazioni del Codice della Strada

Territorio e autonomie locali
10 Agosto 2020
Categoria 
12 Cause ostative all'assunzione e all'espletamento del mandato elettivo
Sintesi/Massima 

Sussiste la causa di incompatibilità del consigliere comunale debitore nei confronti del comune per sanzioni relative a violazioni del Codice della strada iscritte a ruolo e non pagate, purché il consigliere sia stato “legalmente messo in mora”, e cioè gli sia stato formalmente richiesto il pagamento delle sanzioni contestate.

Testo 

Un comune ha chiesto di conoscere l’avviso di questo Ufficio in merito alla sussistenza di eventuali cause di incompatibilità in capo a un consigliere, della cui elezione è stata sospesa la convalida in attesa di acquisire apposito parere in merito.
La complessa vicenda riguardante il consigliere in questione, che lo vede sia parte processuale in un giudizio con l'ente, sia debitore nei confronti dello stesso per sanzioni relative a violazioni del Codice della strada iscritte a ruolo e non pagate, va analizzata alla luce delle previsioni contenute nell’articolo 63 del decreto legislativo n. 267/2000.
Il predetto articolo enuncia una causa di incompatibilità, detta anche “incompatibilità di interessi”, la cui ratio è quella di garantire il corretto adempimento del mandato ed impedire che concorrano all’esercizio della relativa funzione soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli del comune o che si trovino in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità; l’amministratore, infatti, come specificato anche dalla giurisprudenza, non deve prestare il fianco al sospetto che la sua condotta possa essere orientata dall’intento di tutelare i propri interessi personali contrapposti a quelli dell’ente (cfr. Corte Cost., sent. 24 giugno 2003, n. 220; Id., 20 febbraio 1997, n. 44; v., anche, Cass. Civ., sez. I, sent. 4 maggio 2002, n. 6426).
Ciò precisato, il caso pare inquadrabile sia nella fattispecie di cui al punto 4 che in quella di cui al punto 6 del comma 1 dell’articolo 63 del T.U.O.E.L.
A norma dell’articolo 63, comma 1, punto 4: “Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale: […] colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o la provincia […]”.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la nozione di “parte” cui si riferisce tale disposizione assume carattere “tecnico”, ossia è da intendersi come “parte” in senso processualistico, onde occorre la pendenza di un’effettiva controversia giudiziaria e non semplicemente una lite potenziale o un contrasto, potenziale o reale, di interessi (v., ex multis, Cass. Civ., sez. I, sent. 12 febbraio 2008, n. 3384; Id., sent. 24 febbraio 2005, n. 3904; Id., sent. 19 maggio 2001, n. 6880). 
La “lite” deve riflettere uno scontro di interessi tra le parti, che, dunque, debbono risultare contrapposte. Affinché si possa ritenere sussistente la “lite pendente”, non è sufficiente la semplice constatazione dell’esistenza di un procedimento civile o amministrativo nel quale risultino coinvolti, attivamente o passivamente, l’eletto o l’ente, ma occorre che a tale dato formale corrisponda una concreta contrapposizione di parti, da cui deriva l’esigenza di evitare che il conflitto di interessi che ha determinato la lite possa orientare le scelte dell’eletto in pregiudizio dell’ente amministrato, o comunque, possa ingenerare all’esterno sospetti al riguardo (in questi termini Cass. Civ., sez. I, 28 luglio 2001, n. 10335).
Con riguardo, invece, alla configurabilità della causa di incompatibilità di cui all’articolo 63, comma 1, n. 6), del decreto legislativo 267/2000, va ricordato che esso dispone testualmente: “Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale: (…) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (…)”.
Alla luce della prima parte della disposizione appena riportata, è incompatibile a ricoprire la carica di consigliere comunale colui che abbia un debito liquido ed esigibile verso il comune e che, per lo stesso, sia stato legalmente messo in mora dall’ente creditore, senza che sia avvenuto il pagamento del quantum dovuto. Con riferimento, invece, alla seconda parte della predetta disposizione, l’incompatibilità sussiste solo nel caso in cui l’amministratore, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei confronti del comune, abbia ricevuto invano la notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46, del D.P.R. n. 602/1973.
Nel caso che ci occupa, il debito di cui si tratta non rientra nel genus dei debiti per imposte, tasse e tributi, quindi, sussisterebbero i presupposti per l’applicazione del succitato articolo63, comma 1, n. 6 nella sua prima parte, purché il consigliere sia stato “legalmente messo in mora”, e cioè gli sia stato formalmente richiesto il pagamento delle sanzioni contestate ai sensi del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (Codice della strada), secondo quanto prescritto dal primo comma dell’articolo 1219 del codice civile: “Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto”.
Va ricordato che la costituzione in mora, a norma del quarto comma dell’articolo 2943 del codice civile, interrompe la prescrizione, mentre l’iscrizione a ruolo delle somme da parte dell’ente non determina, di per sé, l’effetto interruttivo della stessa. La richiesta di pagamento è l’atto necessario a mettere al corrente il destinatario della pretesa dell’ente, nonché idoneo a generare l’interruzione del decorso del termine prescrizionale (Cass. Civ. , Sez. V, ordinanza 27 gennaio 2019, n. 2014).
Dunque, ai fini della configurabilità della causa di incompatibilità di cui all’articolo 63, comma 1, n. 6 del T.U.O.E.L. non appare sufficiente che le sanzioni relative a violazioni del Codice della strada non pagate siano state iscritte a ruolo, bensì occorrerà verificare se vi sia stata formale messa in mora del debitore che nel caso di specie deve avvenire mediante notifica della cartella esattoriale.
La riferibilità del debito derivante da violazioni del Codice della strada alla prima parte della predetta norma è confermata da precedenti pareri dello scrivente ufficio, che nell’ipotesi di posizioni debitorie derivanti sia da tale tipo di sanzioni che da imposte, tasse e tributi, ha sottolineato come la notificazione dell'avviso di cui all'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 riguardi solo “la parte di debito derivante dalle richiamate imposte e tasse comunali, atteso che solo per tale tipo di posizione debitoria l'incompatibilità disciplinata dal citato art. 63, comma 1, n. 6, presuppone che l'interessato abbia ricevuto invano l'avviso ivi menzionato […] Per quanto concerne, invece, la parte di debito che trae origine da contravvenzioni al codice della strada, si ritiene di dover confermare le considerazioni ripetutamente svolte con riferimento a casi analoghi. In tal senso, si evidenzia che i concetti di 'liquidità' ed 'esigibilità' di cui si fa menzione nella norma esprimono l'uno la certezza del debito e del relativo ammontare e l'altro che il debito stesso non sia soggetto a termini o condizioni” (parere di questo Ministero del 24 febbraio 2015).