Nel caso di scioglimento del consiglio comunale si determina l'automatica cessazione dalla carica di consigliere, cui consegue l'ovvia decadenza da ogni prerogativa (diritto d'iniziativa, presentazione interrogazioni e mozioni, diritto d'accesso generalizzato agli atti).
Un ex consigliere comunale lamenta il mancato riscontro ad una propria richiesta di accesso agli atti presentata all'ente in costanza del proprio status di consigliere, venuto meno a seguito dello scioglimento del consiglio comunale in data 27 febbraio 2020. In particolare, l'esponente, dopo avere ricevuto direttamente dal responsabile del settore finanziario del comune i mandati di pagamento richiesti in copia aveva sollecitato anche il riscontro alla richiesta relativa alla rendicontazione delle somme concesse completa di ricevute e/o fatture quietanzate. Tale richiesta non veniva accolta dagli uffici comunali difettando l'interesse qualificato alla richiesta di accesso, essendo nel frattempo intervenuto lo scioglimento del consiglio comunale. Con successiva nota, l'interessato ribadiva che la richiesta era stata effettuata in costanza del possesso dello status di consigliere comunale e che, inoltre, rivestendo incarichi di rilievo politico sia da considerare portatore di interessi diffusi e in quanto tale, titolare del diritto. In ogni caso la richiesta veniva reiterata ai sensi dell'articolo 22 della legge n.241/1990. Il segretario generale e il dirigente dell'ufficio tecnico respingevano anche la predetta richiesta ex art.22 della legge n.241/1990, sostenendo che la medesima mirerebbe a finalità tipicamente ispettive (mancando dunque una forma di lesione degli interessi o pregiudizio dell'interessato) e che, dunque, l'accesso "non può essere uno strumento utilizzabile per consentire la sostituzione degli organi deputati dall'ordinamento ad effettuare i controlli sui servizi". L'interessato, con la nota indicata in oggetto, ha sostanzialmente chiesto l'avviso in merito anche all'applicabilità dell'art.10 del d.lgs. n.267/2000, il quale prevede il diritto di accesso dei cittadini, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l'amministrazione. Il segretario generale ha chiesto, a sua volta, un parere in merito alla questione illustrata, "attesa la complessità della materia e considerato, altresì, che la richiesta dell'istante, inoltrata ai sensi della legge n.241/1990 e della legge n.15/2005, involge anche interessi di terzi, i cui dati personali sono indicati negli atti richiesti". Peraltro, secondo il segretario dell'ente, il diritto in parola sarebbe disconosciuto in virtù dei principi contenuti nella sentenza del Consiglio di Stato n.1121 del 12.02.2020. Al riguardo, come più volte sostenuto dalla commissione per l'accesso ai documenti amministrativi (in particolare, Plenum del 2.2.2010 e del 23.2.2010 e parere del 5.10.2010), il "diritto di accesso" ed il "diritto di informazione" dei consiglieri comunali nei confronti della P.A. trovano la loro disciplina specifica nell'art.43 del d.lgs. n.267/2000 (T.U. degli enti locali) che riconosce ai consiglieri comunali ... il "diritto di ottenere dagli uffici, ... del comune, nonché dalle ... aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato". Tuttavia, essendo intervenuto lo scioglimento dell'ente si è determinata l'automatica cessazione dalla carica di consigliere, cui consegue l'ovvia decadenza da ogni prerogativa (diritto di iniziativa, presentazione di interrogazioni e mozioni e diritto di accesso generalizzato agli atti ai sensi del richiamato articolo 43 del decreto legislativo n.267/2000) e la decadenza di ogni proposta o richiesta giacente avanzata dai consiglieri comunali. Non risulta neppure sostenibile l'applicazione del principio del tempus regit actum, pure indirettamente invocato dall'esponente con riferimento alla circostanza che l'istanza è stata presentata quando ancora rivestiva la carica di consigliere, atteso che, con la cessazione dello status di amministratore locale, non è più attuabile la ratio della disposizione recata dall'art.43 richiamato, che correla indefettibilmente lo speciale diritto di informazione di cui sono titolari i consiglieri degli enti locali all'espletamento del mandato. Ferma restando la facoltà dell'interessato di adire gli organi giurisdizionali, nei termini previsti dalla legge, qualora il medesimo rilevi comunque una consumata omissione di atti da parte dell'amministrazione, proprio il vigente regolamento consiliare (in assenza di altre disposizioni interne dell'ente, attualmente non rinvenibili) che assegna al sindaco il compito di pronunciarsi sulle richieste, rafforza peraltro la tesi dell'impossibilità di accogliere l'istanza ai sensi dell'art.43 del d.lgs. n.267/2000. La richiesta avanzata ai sensi dell'art.22 della legge n.241/1990, come noto, segue la regola dell'interesse come previsto dal comma 1, lett.b) secondo cui, sono interessati tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso. In tale caso, è demandata all'amministrazione la verifica di tali presupposti, fermo restando che ai sensi dell'art.24, comma 7, della citata legge n.241 "deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici". L'articolo 10 del decreto legislativo n.267/2000 ha una portata più vasta rispetto all'art.22 della legge n.241/1990, anticipando sostanzialmente le disposizioni relative al cosiddetto "accesso civico". Tale norma, infatti, consente l'accessibilità agli atti amministrativi del comune a tutti i cittadini, singoli od associati, rendendoli pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco che ne vieti l'esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese. In questo caso, in carenza di specifiche norme ostative, sarà il commissario straordinario, che fa le veci del sindaco, che potrà disporre in merito. Riguardo al c.d. "accesso civico" si rileva che l'art.5 del d.lgs. n.33/2013, al comma 2 prevede che allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del medesimo decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis. Per tale modalità di accesso occorre seguire le procedure previste dal citato articolo 5, il quale, peraltro, vede il coinvolgimento del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (comma 7) e la successiva possibilità di adire il Tribunale Amministrativo Regionale o (comma 8) il difensore civico. Ciò premesso, si ritiene infine opportuno segnalare, come da decisione del Consiglio di Stato n.1121 del 12 febbraio 2020 indicata dal segretario generale, che il presupposto imprescindibile di ammissibilità dell'istanza di accesso civico generalizzato, è la sua strumentalità alla tutela di un interesse generale. La relativa istanza, dunque, andrà in ogni caso disattesa ove tale interesse generale della collettività non emerga in modo evidente, oltre che, a maggior ragione, nel caso in cui la stessa sia stata proposta per finalità di carattere privato ed individuale.