Presidente del consiglio comunale. Revoca

Territorio e autonomie locali
11 Maggio 2020
Categoria 
05.02.04 Convocazione e presidenza
Sintesi/Massima 

La figura del presidente del consiglio comunale è posta a garanzia del corretto funzionamento di detto organo e della corretta dialettica tra maggioranza e minoranza, per cui la revoca non può essere causata che dal cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità e deve essere motivata, perciò, con esclusivo riferimento a tale parametro e non ad un rapporto di fiducia (conforme, T.A.R. Puglia–Lecce, sent.n.528/2014, Consigio di Stato-Sez.V, n.5605/2013, TAR Puglia-Sez.I n.38/2019).

Testo 

È stata sottoposta all'attenzione della scrivente la vicenda riferita alla richiesta di convocazione del consiglio avanzata da un sindaco al presidente dell'organo assembleare. In particolare, da tali missive si evince che il sindaco del comune aveva richiesto l'inserimento all'ordine del giorno della seduta del 17 aprile 2020 dei punti relativi a: 1) revoca del presidente del consiglio comunale; 2) nomina del presidente del consiglio comunale. Il presidente del consiglio comunale, ritenendo non di competenza del consiglio tali punti, in quanto facoltà non prevista espressamente dallo statuto comunale, non ha dato seguito alla richiesta. Il sindaco, con nota dell'11 aprile 2020, ha integrato l'ordine del giorno con gli argomenti menzionati che venivano ritirati durante la seduta del 17 aprile ed ha successivamente avanzato richiesta di convocazione del consiglio direttamente alla Prefettura, con l'inserimento dei citati punti, in base alla specifica previsione di cui all'art.39, comma 5, del decreto legislativo n.267/00. Con nota del 23 aprile 2020 il presidente del consiglio ribadiva l'incompetenza consiliare in materia.
Al riguardo, per quanto attiene la specifica problematica riferita all'obbligo di convocazione dell'assemblea, si osserva preliminarmente che, sulla base dell'art.39, comma 2, del d.lgs. n.267/00, il presidente è tenuto a riunire il consiglio comunale in un termine non superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri o il sindaco, inserendo all'ordine del giorno le questioni richieste. In caso di inosservanza degli obblighi di convocazione, sulla base del già citato comma 5, previa diffida, provvede il prefetto.
Conformemente alla giurisprudenza prevalente in materia, al presidente del consiglio comunale spetta soltanto la verifica formale che la richiesta provenga dai soggetti legittimati, mentre non può sindacarne l'oggetto, poiché spetta allo stesso consiglio, nella sua totalità, la verifica circa la propria competenza e, quindi, sull'ammissibilità delle questioni da trattare, salvo che non si tratti di oggetto, in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell'assemblea in nessun caso potrebbe essere posto all'ordine del giorno (v. in particolare, T.A.R. Piemonte, Sez.II, 24 aprile 1996, n.268).
Ciò posto, in via generale, quanto al caso di specie, si rileva che il presidente del consiglio a fondamento della legittimità del non accoglimento della richiesta di convocazione, evidenzia che lo statuto nell'istituire la carica – trattandosi di un comune al di sotto di 15.000 abitanti – non contiene una disposizione in merito alla revoca del presidente eletto. In proposito, occorre precisare che anche il decreto legislativo n.267/2000 non prevede espressamente la possibilità di revoca del presidente del consiglio, tant'è che in carenza di una specifica previsione statutaria, la giurisprudenza (come rilevato dall'interessato presidente) tende ad affermarne costantemente l'illegittimità (v., tra l'altro, TAR Piemonte, Sez.I, 4.9.2009, n.2248). Infatti, la figura del presidente del consiglio è posta a garanzia del corretto funzionamento di detto organo e della corretta dialettica tra maggioranza e minoranza, per cui la revoca non può essere causata che dal cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità e deve essere motivata, perciò, con esclusivo riferimento a tale parametro e non ad un rapporto di fiducia (conforme, T.A.R. Puglia – Lecce, sentenza n.528/2014; Consiglio di Stato, Sez.V, 26 novembre 2013, n.5605; TAR Puglia, Sez.I, n.38/2019).
Fermo restando il rispetto dei principi affermati dalla giurisprudenza in ordine alle condizioni che possono legittimare la revoca del presidente del consiglio, non sembra, tuttavia, che possa sottrarsi al consesso consiliare la facoltà di una verifica della conformità dell'azione del presidente ai predetti principi, pur in assenza di specifiche disposizioni statutarie. In proposito, infatti, si cita la sentenza n.865 del 02/07/2008 con la quale la Sezione Prima del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo ha precisato che la mancata previsione nello statuto comunale di espresse disposizioni normative, disciplinanti la cessazione anticipata dalla carica di presidente del consiglio comunale, non ... può essere preclusiva all'adozione di un provvedimento di revoca di tale carica istituzionale in caso di condotte poste in essere da colui il quale vi sia preposto che siano risultate incompatibili con il ruolo istituzionale di garanzia connesso alla funzione. Anche il TAR Campania, Sezione I, con sentenza n.605/07, richiamando il T.A.R. Toscana, Firenze, Sez.I, 26 aprile 2005, n.1896, ha precisato che "anche al di fuori di ogni specifica previsione normativa, sussiste sempre in capo all'amministrazione il potere di procedere, per ragioni di pubblico interesse, connesse evidentemente al corretto funzionamento dei suoi organi, alla revoca delle proprie precedenti determinazioni in materia di nomina delle figure rappresentative delle cariche istituzionali". (Conforme anche TAR Lazio-Sez.IIbis n.710 del 21/01/2010).
Ciò posto, nel ribadire che le uniche ipotesi per le quali l'organo che presiede il consiglio comunale può omettere la convocazione dell'assemblea sono la carenza del prescritto numero di consiglieri richiedenti la suddetta convocazione oppure la verificata illiceità, impossibilità o manifesta estraneità dell'oggetto alle competenze del consiglio, si ritiene che nel caso prospettato non ricorrano le descritte ipotesi e che, dunque, competa all'organo assembleare la verifica sulla sua competenza e sull'ammissibilità degli argomenti richiesti.
Per quanto riguarda la possibilità di attivare il potere sostitutivo non soltanto nell'ipotesi di inerzia del presidente dell'assemblea, ma pure nel caso in cui il predetto organo abbia riscontrato negativamente la richiesta con atto formale, la scrivente ritiene che anche in presenza di un diniego formale non venga meno il potere sostitutivo del prefetto, salvo che il diniego stesso sia motivatamente fondato su una delle eccezionali ipotesi per le quali la giurisprudenza, sia la dottrina ritengano giustificata l'omessa convocazione, il che non sembra ricorrere nel caso di specie. Ciò in considerazione della ratio ispirativa dell'art.39 del T.U.O.E.L., volta a garantire il diritto delle minoranze a poter esercitare il proprio mandato. D'altro canto, diversamente opinando, si consentirebbe al presidente di poter vanificare con un mero provvedimento formale di diniego il diritto dei consiglieri, purché rappresentanti un quinto di quelli assegnati all'ente, o del sindaco alla convocazione dell'assemblea, privandoli, altresì, della tutela apprestata dall'ordinamento con la previsione dell'intervento sostitutivo del prefetto ai sensi dell'art.39, comma 5, del decreto legislativo n.267/00.