Diritto di accesso dei consiglieri comunali

Territorio e autonomie locali
24 Aprile 2020
Categoria 
05.02.06 Diritto di accesso
Sintesi/Massima 

L'art.43 del T.U.E.L. riconosce al consigliere comunale un diritto più ampio sia del diritto d'accesso ai documenti amministrativi attribuito al cittadino nei confronti del comune di residenza (art.10 T.U.E.L.) sia nei confronti della P.A. quale disciplinato dalla legge n.241/90.

Testo 

Un consigliere comunale ha rappresentato di avere proposto più volte istanza di accesso agli atti all'amministrazione locale, al fine di conoscere che tipo di progettualità fosse stata proposta da un privato che aveva rilevato una fabbrica dismessa al centro del paese e di aver sempre ricevuto un diniego da parte del responsabile del servizio. Il predetto responsabile, in merito alla giustificazione del diniego ha citato giurisprudenza che richiederebbe un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento per il quale si richiede l'accesso, ed ha sostenuto, inoltre, che tali richieste sarebbero tendenti a compiere un sindacato generalizzato dell'attività degli organi decidenti, deliberanti ed amministrativi dell'ente e non all'esercizio del mandato politico.
Al riguardo, come più volte sostenuto dalla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi (in particolare, Plenum del 2.2.2010 e del 23.2.2010 e parere del 5.10.2010), il "diritto di accesso" ed il "diritto di informazione" dei consiglieri comunali nei confronti della P.A. trovano la loro disciplina specifica nell'art.43 del decreto legislativo n.267/00 che riconosce ai consiglieri comunali e provinciali il "diritto di ottenere dagli uffici, ... del comune, nonché dalle ... aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato".
Dal contenuto della citata norma si evince il riconoscimento in capo al consigliere comunale di un diritto dai confini più ampi sia del diritto di accesso ai documenti amministrativi attribuito al cittadino nei confronti del comune di residenza (art.10, T.U. Enti Locali) sia, più in generale, nei confronti della P.A. quale disciplinato dalla legge n.241/90. Tale maggiore ampiezza di legittimazione è riconosciuta in ragione del particolare munus espletato dal consigliere comunale, affinché questi possa valutare con piena cognizione di causa la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, onde potere esprimere un giudizio consapevole sulle questioni di competenza della stessa amministrazione, opportunamente considerando il ruolo di garanzia democratica e la funzione pubblicistica da questi esercitata (a maggior ragione, per ovvie considerazioni, qualora il consigliere comunale appartenga alla minoranza, istituzionalmente deputata allo svolgimento di compiti di controllo e verifica dell'operato della maggioranza). A tal fine, il consigliere comunale non deve motivare la propria richiesta di informazioni, poiché, diversamente opinando, la P.A. si ergerebbe ad arbitro delle forme di esercizio delle potestà pubblicistiche dell'organo deputato all'individuazione ed al perseguimento dei fini collettivi. Conseguentemente, gli uffici comunali non hanno il potere di sindacare il nesso intercorrente tra l'oggetto delle richieste di informazioni avanzate da un consigliere comunale e le modalità di esercizio del munus da questi espletato. Ciò, anche nel rispetto della separazione dei poteri (art.4 e art.14 del d.lgs. n.165/2001) sancita per gli enti locali dall'art.107 del d.lgs. n.267/2000 che richiama il principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, essendo riservata ai dirigenti la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica. L’asserito controllo generalizzato di legittimità degli atti del comune, come contestato dal responsabile dell'ufficio tecnico, potrebbe ritenersi fondato solo nel caso di molteplici richieste da parte del singolo consigliere comunale tendenti ad ostacolare l'attività dell'ufficio e che abbiano scopo meramente emulativo. Proprio con la sentenza n.846/2013 citata dall'ente, il Consiglio di Stato ha censurato le numerose e reiterate istanze presentate dai consiglieri comunali finalizzate ad ottenere la documentazione di tutti i settori dell'Amministrazione, apparendo così tendenti a compiere un sindacato generalizzato dell'attività degli organi decidenti, deliberanti ed amministrativi dell'ente. Tuttavia, il Collegio, nel caso di specie, aveva osservato che "al di là delle valutazioni su una esagerata richiesta di conoscere ed informarsi su tutti i settori dell'attività amministrativa da parte dei consiglieri comunali, in ogni caso, per l'accoglimento dell'appello è sufficiente prendere atto dell'attività eseguita dal Comune in ottemperanza alla richiesta di accesso, espletatasi sia nella trasmissione ed ostensione dei documenti a disposizione, sia nell'apertura di nuovi procedimenti, intesi ad acquisire maggiori conoscenze, allo stato non disponibili". Sostanzialmente, dunque, l'amministrazione interessata aveva dato prova di avere ottemperato alla richiesta.
Anche la decisione del T.A.R. Campania – Salerno – n.1234 del 4 giugno 2013, richiamata dal responsabile del settore tecnico, non sembra conferente rispetto alla giustificazione del diniego da parte del Comune in quanto nella fattispecie segnalata "il sindaco ha sostanzialmente opposto l'inesistenza agli atti dell'ente, della documentazione richiesta" non potendosi, peraltro, "imporre alla P.A. un vero e proprio facere, che esula completamente dal concetto di accesso configurato dalla legge, consistente soltanto in un pati, ossia nel lasciare prendere visione ed al più in un facere meramente strumentale, vale a dire in quel minimo di attività materiale che occorre per estrarre i documenti indicati dal richiedente e metterli a sua disposizione". In ogni caso, anche l'inciso contenuto nelle sentenze predette - evidenziato dall'Amministrazione - secondo cui "anche il consigliere comunale deve essere portatore di un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento per il quale richiede l'accesso", non può ovviamente ricondurre il diritto nell'alveo esclusivo delle modalità indicate dalla legge n.241/1990, dovendo, invero, essere letto nell'ambito della funzione pubblicistica del consigliere come riconosciuta dall'art.43 del T.U.O.E.L..
L'art.32 del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale dispone che "i consiglieri, per acquisire informazioni utili all'espletamento del proprio mandato, hanno diritto all'accesso agli uffici del Comune e degli enti o aziende ad esso facenti capo o ...". Il comma 3 che demanda ai responsabili delle unità organizzative il rilascio di "tutte le informazioni riguardanti gli atti istruttori delle proposte di deliberazioni di consiglio e di giunta nonché dei provvedimenti adottati dal sindaco e dai responsabili stessi in ordine a impegni di spesa del Comune proposti e adempiuti", non sembra assegnare a tali responsabili il compito di filtrare le richieste degli interessati per limitarle alla conoscenza dei soli atti definitivi. Peraltro, nel caso di specie, la documentazione riguarda una pratica edilizia relativa ad un bene di natura industriale dismesso. In particolare, si tratta di un intervento di sostituzione edilizia con cambio di destinazione urbanistica di un ex mulino e la richiesta concerne altresì, copia di un documento già protocollato (acquisito) dall'ente. Dovrebbe certamente affermarsi l'interesse del consigliere comunale a conoscere la futura destinazione d'uso anche per le previsioni di impatto sulla collettività amministrata, a nulla rilevando che il procedimento amministrativo attivato ad impulso di parte sia ancora in fase istruttoria e non si sia avuto un provvedimento definitivo.
Da ultimo, si osserva che anche la sentenza del Consiglio di Stato n.12 del 02/01/2019, citata, tra le altre, dal responsabile a supporto del proprio diniego, è riferita a fattispecie di indagine della Procura contabile (Corte dei Conti) che espressamente limita le ipotesi di accesso e, dunque, non sembra calzante rispetto alla richiesta del consigliere che, ad avviso di questa Direzione Centrale, ha diritto di accesso a tutta la documentazione in possesso dell'ente, seppur in fase istruttoria.