Il revisore dei conti non può accettare l'incarico con riserva di verificare la legittimità della deliberazione in merito al compenso e, qualora non fosse disponibile a proseguire nell'incarico, deve rinunciare con atto formale
Una Prefettura, nel trasmettere la nota con la quale un'Unione ha evidenziato le criticità emerse a seguito della nomina del proprio revisore dei conti, ha chiesto di fornire un parere in merito.
In particolare, è stato rappresentato che l'Unione con deliberazione consiliare ha nominato il revisore dei conti stabilendo il compenso annuo nella misura di euro 2.700,00, pari al compenso attribuito al precedente revisore, stante le disposizioni di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legge n.78 del 2010 (a decorrere dal 2011 è prevista la riduzione del 10 per cento delle indennità, compensi, gettoni, retribuzioni e utilità comunque denominate, corrisposti dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo1, comma 3, della legge n.196 del 2009, ai componenti di organi di indirizzo, direzione, controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di qualsiasi incarico), nonché il divieto di superare, sino al 31 dicembre 2015 (per effetto di varie proroghe, da ultimo il D.L. n.192 del 2014) gli emolumenti risultanti alla data del 30 aprile 2010, come ridotti del 10 per cento).
Il Revisore, che aveva comunicato di accettare l'incarico con riserva di analisi sulla legittimità della deliberazione, ha chiesto successivamente la rettifica della determinazione del compenso giudicato non in linea con le disposizioni di cui all'articolo 241, comma 4, del decreto legislativo n.267 del 2000 e senza la riduzione del 10 per cento alla luce della deliberazione della Corte dei Conti Sezione delle Autonomie n.4 del 10 febbraio 2014 che ha ritenuto che "le disposizioni dettate dall'articolo 6, commi da 1 a 3, non si riferiscono agli enti territoriali".
A seguito di ulteriori approfondimenti l'Unione ha ribadito la piena legittimità ed immediata operatività della deliberazione di nomina mentre il revisore ha comunicato che non intende sciogliere la riserva sull'incarico né può firmare alcunché come revisore bloccando, per la mancanza dei pareri obbligatori del revisore, importanti adempimenti in scadenza.
In relazione alla situazione rappresentata si osserva quanto segue.
In ordine alla quantificazione del compenso spettante e in particolare all'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 6, comma 3, del citato decreto legge n.78 del 2010, atteso che la materia è oggetto di approfondimento da parte della giurisdizione contabile, si rinvia alle decisioni della Corte dei Conti che, da ultimo, con delibera della Sezione Regionale di Controllo per la Campania n.199 dell'8 luglio 2015, ha affrontato la problematica rimettendo gli atti al Presidente della Corte dei Conti per le valutazioni di competenza.
Si ritiene utile, comunque, evidenziare che la materia dei compensi spettanti ai revisori dei conti, disciplinata dall'articolo 241 del decreto legislativo n.267 del 2000, rinvia al decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economica e delle finanze, la fissazione dei limiti massimi del compenso base; detta fissazione normativa dei limiti massimi permette, già di per sé, che l'ente possa autonomamente ridurre gli stessi in adesione al principio di contenimento della spesa pubblica.
Peraltro, le disposizioni sull'ordinamento degli enti locali non prevedono l'accettazione condizionata dell'incarico.
Si ritiene, pertanto, che, stante l'esecutività della deliberazione di nomina, il revisore dei conti non possa esimersi dall'adempiere ai propri compiti istituzionali e, qualora non fosse disponibile a proseguire nell'incarico, dovrebbe rinunciare con atto formale all'incarico stesso.
Diversamente, come ritenuto dalla Prefettura, il mancato rilascio dei prescritti pareri configura una fattispecie omissiva di atti obbligatori per legge, rilevante anche ai sensi dell'articolo 235, comma 2, del decreto legislativo n.267 del 2000.