Nel caso in cui il revisore unico sia sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, l'ente può procedere con la cessazione dell'incarico, anche se il regolamento comunale prevede diversamente.
Un comune ha chiesto un parere in merito alle possibili soluzioni relative alla problematica sorta a carico del proprio revisore dei conti, rappresentando di aver appreso, a mezzo stampa, la notizia degli arresti domiciliari e dell'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari fuori Regione per il reato di cui all'articolo 319-quater c.p., con conseguente impossibilità di allontanamento dai luoghi previsti ed impossibilità di comunicazione, con qualsiasi mezzo, con persone diverse dai familiari.
Nella nota viene evidenziato che con riferimento al comma 3, lettera c), dell'articolo 235 del Tuel, il regolamento comunale prevede che la cessazione del revisore possa avvenire per impossibilità derivante da qualsivoglia causa a svolgere l'incarico per almeno tre mesi.
Al riguardo, si osserva quanta segue.
La situazione rappresentata sembra rientrare oggettivamente nella fattispecie di cui al comma 3, lettera c, del richiamato articolo 235.
Circa la disciplina dell'organo di revisione è evidente la volontà del legislatore di garantire la continuità dell'esercizio della funzione, poste le importanti funzioni attribuite allo stesso, in primis dall'articolo 239.
A tale riguardo, il richiamato articolo 235 al comma 1, fa espresso riferimento all'istituto della proroga degli organi amministrativi alla scadenza dell'incarico, mentre il comma 3, dello stesso articolo 235 alla lettera b) prevede che il revisore debba comunicare con un preavviso di almeno 45 giorni le dimissioni volontarie.
Appare utile rilevare come tale ultima disposizione sia stata introdotta nel 2014 (art.19, comma 1 bis lettera a), del decreto legge n. 66 del 2014) con l'evidente finalità di garantire la necessaria continuità dell'incarico in esame, a salvaguardia della piena funzionalità delle attività dell'ente locale.
In tale prospettiva, occorre interpretare l'ipotesi di cessazione dall'incarico prevista dal richiamato comma 3, lettera c) dell'articolo 235 con riferimento alla "impossibilità derivante da qualsivoglia causa a svolgere l'incarico per un periodo di tempo stabilito dal regolamento dell'ente". In particolare, il rinvio alla fonte regolamentare ai fini della definizione del periodo temporale al quale ancorare il concetto di "impossibilità" non può non tener conto dell'evoluzione normativa relativa all'ampliamento delle funzioni attribuite all'organo di revisione e alla connessa importanza acquisita dal revisore nell'ambito della gestione dell'ente locale.
Alla luce di tale considerazione, occorre ora valutare la specifica previsione recata dal regolamento del comune. Preliminarmente, va rilevato che tale fonte normativa risale all'anno 1997, quindi precede le numerose e sostanziali modifiche normative intervenute nella materia ed è, pertanto, non allineata alla vigente normativa.
Per quanto, invece, riguarda nello specifico la previsione relativa al periodo temporale cui ancorare la causa di cessazione dall'incarico "per impossibilità" che risulta fissata in tre mesi, occorre rilevare come tale periodo risulti incompatibile con le esigenze di continuità dell'esercizio della funzione di revisore, come potenziatasi per effetto di recenti disposizioni normative e delle conseguenze sul regolare e corretto svolgimento dell'azione dell'ente.
Tanto premesso, in base ad una interpretazione sistematica del quadro normativo sopra descritto - e tenuto conto peraltro della indeterminatezza temporale della misura cautelare - appare percorribile l'ipotesi di procedere all'applicazione della fattispecie della cessazione dall'incarico prevista dal richiamato art.235, comma 3, lettera c), per scongiurare ogni possibile danno o pregiudizio a carico dell'ente, considerato che, nel caso in questione, l'organo di revisione non è collegiale ma composto di un solo revisore.
In ogni caso, il comune potrà valutare la necessità di provvedere ad una rapida modifica del regolamento in relazione alla quale si può ritenere di poter prescindere dal parere del revisore di cui all'articolo 239, comma 1, lettera b, n.7, del Tuel, attenendo la modifica ad aspetti non strettamente contabili e comunque in conflitto di interessi con il revisore in carica.