Rappresentanza di genere nelle giunte. Comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti. I comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti sono tenuti ad applicare le disposizioni contenute nei citati articoli 6, comma 3 e 46 comma 2, del decreto legislativo n.267/00 e nella legge n.215/12. Tali disposizioni, recependo i principi sulle pari opportunità dettati dall’art.51 della Costituzione, dall’art.1 del decreto legislativo dell’11 aprile 2006, n.198 (Codice delle pari opportunità) e dall’art.23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, non hanno un mero valore programmatico, ma carattere precettivo, finalizzato a rendere effettiva la partecipazione di entrambi i sessi in condizioni di pari opportunità, alla vita istituzionale degli enti territoriali.
Come noto, il comma 137 della legge n.56/14 dispone che “nelle giunte dei comuni con popolazione superiore ai 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico”.
Per quanto concerne i comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, occorre tenere conto che ai sensi dell’art.6, comma 3, del decreto legislativo n.267/00, come modificato dalla legge n.215/12, è previsto che gli statuti comunali e provinciali stabiliscano norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna e per garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali non elettivi del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti.
L’art.2, comma 1, lett. b) della stessa legge n. 215/12 modificato l’art.46, comma 2, del T.U.O.E.L. disponendo che il sindaco ed il presidente nella provincia nominano i componenti della giunta “nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi”.
La normativa va letta alla luce dell’art.51 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n.1/2003, che ha riconosciuto dignità costituzionale al principio della promozione della pari opportunità tra donne e uomini.
Pertanto si ritiene che per i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti debbano trovare applicazione le disposizioni contenute nei citati articoli 6, comma 3 e 46, comma 2, del decreto legislativo n.267/00 e nella legge n.215/12. Tali disposizioni, recependo i principi sulle pari opportunità dettati dall’art.51 della Costituzione, dall’art.1 del decreto legislativo dell’11 aprile 2006, n.198 (Codice delle pari opportunità) e dall’art.23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, non hanno un mero valore programmatico, ma carattere precettivo, finalizzato a rendere effettiva la partecipazione di entrambi i sessi in condizioni di pari opportunità, alla vita istituzionale degli enti territoriali.
Ciò posto, si osserva che il giudice amministrativo ha in più occasioni osservato che l’effettiva impossibilità di assicurare nella composizione della giunta comunale la presenza dei due generi nella misura stabilita dalla legge deve essere “adeguatamente provata” (cfr. Consiglio di Stato n.406/2016).
Nella citata sentenza n.406/2016 il Supremo Consesso Amministrativo ha, inoltre, dato conto della ragionevolezza delle indicazioni fornite dalla scrivente amministrazione nella circolare n.6508 del 24.4.2014 laddove si fa presente che occorre lo svolgimento di una preventiva e necessaria attività istruttoria preordinata ad acquisire la disponibilità dello svolgimento delle funzioni assessorili da parte di persone di entrambi i generi e di fornire un’adeguata motivazione sulle ragioni della mancata applicabilità del principio di pari opportunità.
Tanto premesso, si osserva che il vigente ordinamento non prevede poteri di controllo di legittimità sugli atti degli enti locali in capo a questa Amministrazione e, pertanto, gli eventuali vizi di legittimità degli atti adottati potranno essere fatti valere nelle competenti sedi.