Revoca Presidente del consiglio. Come ritenuto, tra gli altri, dal T.A.R. Puglia – Lecce, con sentenza n.528/2014, “la giurisprudenza ha chiarito che la figura del Presidente del consiglio .... è posta a garanzia del corretto funzionamento di detto organo e della corretta dialettica tra maggioranza e minoranza, per cui la revoca non può essere causata che dal cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità; e deve essere motivata perciò con esclusivo riferimento a tale parametro e non a un rapporto di fiducia (conforme, Consiglio di Stato, Sez. V, 26 novembre 2013, n. 5605)”.
E‘ stato posto un quesito in ordine alla legittimità delle proposte modifiche del regolamento sul funzionamento consiliare e delle commissioni di un Comune. In particolare, codesta Prefettura, ha evidenziato le problematiche relative sia alla correttezza della previsione della modifica regolamentare che disciplina la revoca del Presidente del Consiglio con una maggioranza diversa ed inferiore rispetto a quella richiesta dallo Statuto per la sua nomina, che alle proposte di modifica del regolamento che disciplinano il funzionamento delle commissioni consiliari in modo difforme da quanto stabilito dallo Statuto.
Al riguardo, occorre preliminarmente osservare che l’attività di consulenza svolta da questa Amministrazione in favore degli enti locali non comporta alcun potere di controllo della legittimità degli atti.
Nel caso di specie, si osserva che il presidente del consiglio, è previsto dall’art.39 del decreto legislativo n.267/00 che rende obbligatoria la figura in parola nei riguardi dei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, mentre per i comuni con popolazione inferiore alla predetta soglia ne è demandata la facoltà alla previsione statutaria.
Lo statuto del Comune in oggetto, all’art.10/bis, comma 2, in prima votazione richiede la maggioranza dei 2/3 dei consiglieri assegnati, computando anche il sindaco, al fine dell’elezione del presidente del consiglio. In seconda votazione, da effettuarsi nella stesa seduta, il comma 3 prevede la maggioranza assoluta dei voti dei consiglieri assegnati, computando anche il sindaco.
Il regolamento modificato, all’art.18 prevede la revoca a seguito di mozione di sfiducia che può essere presentata solo dopo l’accertamento di gravi mancanze nella corretta conduzione del proprio ruolo istituzionale. Ciò posto, come ritenuto, tra gli altri, dal T.A.R. Puglia – Lecce, con sentenza n.528/2014, “la giurisprudenza ha chiarito che la figura del Presidente del consiglio .... è posta a garanzia del corretto funzionamento di detto organo e della corretta dialettica tra maggioranza e minoranza, per cui la revoca non può essere causata che dal cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità e deve essere motivata perciò con esclusivo riferimento a tale parametro e non a un rapporto di fiducia (conforme, Consiglio di Stato, Sez. V, 26 novembre 2013, n.5605)”.
In merito alla specifica tematica sollevata, concordando sulla necessità dell’osservanza del rispetto della gerarchia delle fonti, conformemente anche all’articolo 7 del decreto legislativo n.267/00, che disciplina l’adozione dei regolamenti comunali “nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo statuto” (cfr. sentenza TAR Lombardia, Brescia, n.2625 del 28 dicembre 2009) non sembra tuttavia evidente alcun contrasto della citata disposizione regolamentare con il vigente statuto in ordine alle maggioranze richieste.
In ogni caso, così come affermato dal Consiglio di Stato con la sentenza n.2678 del 5.06.2017 “è sufficiente osservare che è la stessa natura e delicatezza delle funzioni di Presidente del Consiglio comunale, …, ad escludere logicamente la configurabilità della irrevocabilità della funzione, ciò anche a prescindere dalla considerazione che, secondo i principi generali, il potere di adottare un atto implica di per sé il potere di emettere anche il contrarius actus, salvo che ciò sia espressamente escluso da una specifica disposizione normativa che nel caso di specie non si riscontra”.
Riguardo le commissioni consiliari si rileva che l'articolo 38, comma 6, del decreto legislativo n.267/00 demanda allo statuto la loro istituzione facoltativa con il solo vincolo del rispetto del criterio proporzionale nella loro composizione. I poteri, l’organizzazione e le forme di pubblicità dei lavori sono demandati al regolamento.
Il citato art.38, al comma 2, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, prevede, altresì, altri contenuti obbligatori del citato regolamento (modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte, l’indicazione del numero dei consiglieri necessari per la validità della seduta – con il vincolo della presenza di almeno un terzo dei componenti assegnati).
Con norma regolamentare, ai sensi del comma 3 del citato art. 38, sono fissate le modalità per fornire ai consigli, servizi, attrezzature e risorse finanziare ed è disciplinata la gestione delle risorse attribuite per il loro funzionamento e per quello dei gruppi consiliari, mentre per i comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti è data facoltà di previsione di apposite strutture per il funzionamento del consiglio.
Ciò premesso, si ritiene che, qualora sussista un contrasto tra le norme statutarie e le norme regolamentari è alle prime che occorre fare riferimento, mentre l’eventuale assenza di una disciplina regolamentare degli istituti sopra citati, potendo comportare delle disfunzioni nel corretto funzionamento degli organi, dovrebbe comunque essere colmata dall’ente.