Accesso al protocollo informatico comunale da parte di un consigliere comunale

Territorio e autonomie locali
7 Maggio 2019
Categoria 
05.02.06 Diritto di accesso
Sintesi/Massima 

Diritto di accesso dei consiglieri “da remoto”. Con decisione n.545 del 4.04.2019 il T.A.R. Campania ha confermato il diritto del consigliere comunale all’accesso anche da remoto al protocollo informatico dell’Ente.

Testo 

E’stato chiesto se possa essere consentito ad un consigliere comunale, che ne ha fatto specifica richiesta, l’accesso da remoto al protocollo informatico e se lo stesso debba essere abilitato alla visione del protocollo informatico o alla visione del solo registro informatico.
In merito, come osservato dal Plenum della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, del 16 marzo 2010, il “diritto di accesso” ed il “diritto di informazione” dei consiglieri comunali nei confronti della P.A. trovano la loro disciplina nell’art.43 del decreto legislativo n.267/00 che riconosce a questi il diritto di ottenere dagli uffici comunali, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. (Confermato dal successivo parere del 23 ottobre 2012).
Il protocollo informatico, come noto, è stato introdotto dall’art.50 del d.P.R. n.445/2000, il quale, al comma 3, richiede la realizzazione o la revisione dei sistemi informativi automatizzati in conformità anche alle disposizioni di legge sulla riservatezza dei dati personali; gli artt.53 e 55 del citato d.P.R. n.445 prevedono, rispettivamente, la “registrazione di protocollo” e la “segnatura di protocollo” che contengono una serie di dati che consentono la rintracciabilità dei documenti.
La citata Commissione per l’accesso, già con il richiamato parere del 2010 stabiliva che “l’accesso diretto tramite utilizzo di apposita password al sistema informatico dell’Ente, ove operante, è uno strumento di accesso certamente consentito al consigliere comunale che favorirebbe la tempestiva acquisizione delle informazioni richieste senza aggravare l’ordinaria attività amministrativa. Ovviamente il consigliere comunale rimane responsabile della segretezza della password di cui è stato messo a conoscenza a tali fini (art.43, comma 2, T.U.O.E.L.)”.
Anche il Garante per la protezione dei dati personali (v. relazione del 2004, pag.19 e 20) aveva specificato che “nell’ipotesi in cui l’accesso da parte dei consiglieri comunali riguardi dati sensibili, l’esercizio di tale diritto, ai sensi dell’art.65, comma 4, lett.b), del Codice, è consentito se indispensabile per lo svolgimento della funzione di controllo, di indirizzo politico, di sindacato ispettivo e di altre forme di accesso a documenti riconosciute dalla legge e dai regolamenti degli organi interessati per consentire l’espletamento di un mandato elettivo. Resta ferma la necessità, … che i dati così acquisiti siano utilizzati per le sole finalità connesse all’esercizio del mandato, rispettando in particolare il divieto di divulgazione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute. Spetta quindi all’amministrazione destinataria della richiesta accertare l’ampia e qualificata posizione di pretesa all’informazione ratione officii del consigliere comunale”.
Rilevando che la specifica materia dovrebbe trovare apposita disciplina di dettaglio nel regolamento dell’Ente, si osserva che anche la giurisprudenza ha affermato il diritto del consigliere alla visione del protocollo generale, senza alcuna esclusione di oggetti e notizie riservate e di materie coperte da segreto, posto che i consiglieri comunali sono tenuti al segreto - ai sensi del citato art.43 del decreto legislativo n.267/00.
Già il T.A.R. Sardegna con la sentenza n.29/2007 ha affermato, tra l’altro, che è consentito prendere visione del protocollo generale senza alcuna esclusione di oggetti e notizie riservate e di materie coperte da segreto, posto che i consiglieri comunali sono comunque tenuti al segreto ai sensi dell’art.43 del decreto legislativo n.267/00, mentre il T.A.R. Lombardia, Brescia, 1° marzo 2004, n.163, ha ritenuto non ammissibile imporre al consigliere l’onere di specificare in anticipo l’oggetto degli atti che intendono visionare giacché trattasi di informazioni di cui gli stessi possono disporre solo in conseguenza dell’accesso.
Sempre il T.A.R. Sardegna, approfondendo ancor di più la tematica, con la sentenza n. 531/2018, ha specificato che il “possesso delle chiavi di accesso telematico, rappresenta una condizione preliminare, ma nondimeno necessaria, per l’esercizio consapevole del diritto di accesso, in modo che questo si svolga non attraverso una apprensione generalizzata e indiscriminata degli atti dell’amministrazione comunale.., ma mediante una selezione degli oggetti degli atti di cui si chiede l’esibizione. Peraltro, una delle modalità essenziali per poter operare in tal senso è rappresentata proprio dalla possibilità di accedere (non direttamente al contenuto della documentazione in arrivo o in uscita dall’amministrazione, ma) ai dati di sintesi ricavabili dalla consultazione telematica del protocollo”.
Rispetto alla odierna richiesta, appare dirimente, infine, la recentissima decisione n.545 del 4.04.2019 con cui il T.A.R. Campania (Sezione staccata di Salerno), ha confermato il diritto del consigliere comunale all’accesso anche da remoto al protocollo informatico dell’Ente; lo stesso T.A.R. Campania, confermando sostanzialmente quanto stabilito dal T.A.R. Sardegna con la richiamata sentenza 531/2018, ha ribadito che tale esercizio non dovrebbe tuttavia essere esteso al contenuto della documentazione in arrivo o in uscita dall’Amministrazione - soggetta, invece, alle ordinarie regole in materia di accesso, tra le quali la necessità di richiesta specifica -, ma ai soli dati di sintesi ricavabili dalla consultazione telematica del protocollo (numero di registrazione al protocollo, data, mittente, destinatario, modalità di acquisizione, oggetto).