Mancata convocazione consiglio comunale straordinario. Applicazione dell’art.39 del decreto legislativo n.267/2000

Territorio e autonomie locali
8 Novembre 2017
Categoria 
05.02.07 Richiesta convocazione Consiglio da parte di un quinto
Sintesi/Massima 

Convocazione consiglio comunale ex Art.39 del decreto legislativo n. 267/00  Il  diritto ex  art. 39, comma 2, " ... è tutelato in modo specifico dalla legge con la previsione severa ed eccezionale della modificazione dell'ordine delle competenze mediante intervento sostitutorio del Prefetto in caso di mancata convocazione del consiglio comunale in un termine emblematicamente breve di venti giorni” (T.A.R. Puglia, Sez.1, 25 luglio 2001, n.4278).
Qualora l’intenzione dei proponenti non sia  diretta a provocare una delibera in merito del Consiglio comunale, bensì a porre in essere un atto di sindacato ispettivo,  si potrebbe ipotizzare, ai sensi dell’art. 42, comma 1, del decreto legislativo n. 267/00, che rientri nella competenza del Consiglio comunale in qualità di “ … organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo ” anche la trattazione di “questioni” che, pur non rientrando nell’elencazione del comma 2 del medesimo art. 42, attengono comunque al suddetto ambito di controllo. Del resto, la dizione legislativa che parla di “questioni” e non di deliberazioni o di atti fondamentali, conforta nel ritenere che la trattazione di argomenti non rientranti nella previsione del citato comma 2, dell’art. 42, non debba necessariamente essere subordinata alla successiva adozione di provvedimenti da parte del consiglio comunale.

 

Testo 

E’  stato chiesto un parere in ordine all’applicazione dell’art. 39 del decreto legislativo n. 267/00.
Alcuni consiglieri  del comune in oggetto, in numero superiore a un quinto, hanno segnalato la mancata convocazione del consiglio da parte del vicesindaco, nella veste di Presidente del consiglio comunale,  malgrado fosse stata presentata  apposita istanza ai sensi  del citato art. 39, comma 2.
Il presidente del consiglio ha riferito di non aver provveduto alla convocazione dell’assemblea in quanto  la relativa istanza  non risultava essere corredata da una proposta di delibera, come richiesto dall’art. 24 del  regolamento per il funzionamento del consiglio comunale.
Al riguardo va rilevato  che il diritto ex  art. 39, comma 2, " ... è tutelato in modo specifico dalla legge con la previsione severa ed eccezionale della modificazione dell'ordine delle competenze mediante intervento sostitutorio del Prefetto in caso di mancata convocazione del consiglio comunale in un termine emblematicamente breve di venti giorni” (T.A.R. Puglia, Sez. 1, 25 luglio 2001, n. 4278).
L'orientamento che vede riconosciuto e definito “... il potere dei consiglieri di chiedere la convocazione del Consiglio medesimo” come “diritto” dal legislatore è, quindi, ormai ampiamente consolidato (sentenza T.A.R Puglia, Lecce, Sez. I del 4 febbraio 2004, n. 124).
La questione sulla sindacabilità dei motivi che determinano i consiglieri a chiedere la convocazione straordinaria dell'assemblea, si è  orientata nel senso che al Presidente del Consiglio spetti solo la verifica formale della richiesta prescritto numero di consiglieri, non potendo comunque sindacarne l'oggetto.
La  giurisprudenza in materia si è da tempo espressa affermando che, in caso di richiesta di convocazione del consiglio da parte di un quinto dei consiglieri, “al presidente del consiglio comunale spetta soltanto la verifica formale che la richiesta provenga dal prescritto numero di soggetti legittimati, mentre non può sindacarne l'oggetto, poiché spetta allo stesso consiglio nella sua totalità la verifica circa la legalità della convocazione e l'ammissibilità delle questioni da trattare, salvo che non si tratti di oggetto che, in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell'assemblea in nessun caso potrebbe essere posto all'ordine del giorno” (T.A.R. Piemonte, n.268/1996, Tar Sardegna, n. 718 del 2003 ).
Si soggiunge che il T.A.R. Sardegna, con la sentenza n. 718 del 2003, ha respinto un ricorso avverso un provvedimento prefettizio ex art.  39, comma 5, del citato decreto legislativo  in quanto, ad avviso del giudice amministrativo, il Prefetto non poteva esimersi dal convocare d’autorità il Consiglio Comunale, “essendosi verificata l’ipotesi di cui all’art. 39 del T.U.O.E.L. n. 267/00 ”.
Inoltre, si è sostenuto che appartiene ai poteri sovrani dell'assemblea decidere in via pregiudiziale che un dato argomento inserito nell'ordine del giorno non debba essere discusso (questione pregiudiziale) ovvero se ne debba rinviare la discussione (questione sospensiva) (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. 1, 25 luglio 2001, n. 4278 e sempre T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. 1, 4 febbraio 2004,n.124).
Va peraltro rilevato che l’art. 43 del T.U.O.E.L. demanda alla potestà statutaria e regolamentare dei Comuni e delle province la disciplina delle modalità di presentazione delle interrogazioni, delle mozioni e di ogni altra istanza di sindacato ispettivo proposta dai consiglieri, nonché delle relative risposte, che devono comunque essere fornite entro trenta giorni.
Con riguardo a quest’ultimo ambito, occorre osservare che, qualora l’intenzione dei proponenti non sia  diretta a provocare una delibera in merito del Consiglio comunale, bensì a porre in essere un atto di sindacato ispettivo,  si potrebbe ipotizzare, ai sensi dell’art. 42, comma 1, del decreto legislativo n. 267/00, che rientri nella competenza del Consiglio comunale in qualità di “ … organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo ” anche la trattazione di “questioni” che, pur non rientrando nell’elencazione del comma 2 del medesimo art. 42, attengono comunque al suddetto ambito di controllo. Del resto, la dizione legislativa che parla di “questioni” e non di deliberazioni o di atti fondamentali, conforta nel ritenere che la trattazione di argomenti non rientranti nella previsione del citato comma 2, dell’art. 42, non debba necessariamente essere subordinata alla successiva adozione di provvedimenti da parte del consiglio comunale.
Sulla base di tali argomentazioni, si ritiene, pertanto,  che il Prefetto sia tenuto alla applicazione della normativa prevista dall’art. 39, comma 5, del decreto legislativo n. 267/00, invitando il presidente del consiglio comunale  a voler provvedere alla convocazione dell’assemblea.
  Si soggiunge, per completezza, che l’ente potrebbe  valutare l’opportunità di modificare l’art. 24 del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale  nella parte in cui  prevede che la richiesta di  convocazione sia corredata da uno “schema di deliberazione”. Ciò in quanto la normativa in parola, limitando all’esame delle  “deliberazioni” la possibilità di accedere all’istituto previsto dall’art. 39, comma 2, citato, restringe il perimetro dei diritti riconosciuti ai consiglieri comunali dalla legge statale. 
Infine, si precisa che l’adozione da parte dell’ente locale di una specifica normativa regolamentare in materia di atti di sindacato ispettivo non  impatta in alcun modo  sul diverso istituto disciplinato dall’art. 39 citato dal momento che quest’ultimo riguarda atti esercitabili da un quinto dei consiglieri mentre il diritto di presentare interrogazioni, mozioni o ordini del giorno è riconosciuto al consigliere comunale anche singolarmente.