Parità di genere nelle giunte comunali. Il comma 137, dell’art. 1 della legge n. 54/14 dispone che “nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico”.
Al riguardo, si osserva che il Consiglio di Stato, sez. V, n. 4626 del 5/10/2015, ha precisato che tutti gli atti adottati nella vigenza dell’art. 1, comma 137, citato trovano in esso “un ineludibile parametro di legittimità” e, pertanto, un’interpretazione che riferisse l’applicazione della norma alle sole nomine assessorili effettuate all’indomani delle elezioni e non anche a quelle adottate in corso di consiliatura consentirebbe un facile aggiramento della suddetta normativa.
Circa l’adeguatezza dell’istruttoria effettuata dal sindaco e del corredo motivazionale addotto quale giustificazione del mancato rispetto della normativa in questione, appare utile richiamare la sentenza n. 1 del 2015 con la quale il Tar Calabria, Sez. Catanzaro, nel pronunciarsi per l’annullamento del decreto di nomina della giunta, ha ritenuto che l’atto impugnato fosse sprovvisto di adeguata istruttoria finalizzata al reperimento di “… idonee personalità di sesso femminile nella società civile, nell’ambito del bacino territoriale di riferimento, limitandosi a comprovare soltanto la rinuncia di due consigliere.”. (cfr Tar Calabria sentenze nn. 2,3 e 4 del 2015).
E’ stato chiesto l’intervento della scrivente amministrazione in merito alla mancata attuazione della vigente normativa in tema di parità di genere nella composizione delle giunte.
In particolare, è stato segnalato che il sindaco del Comune in oggetto, nel prendere atto delle dimissioni di un assessore di genere femminile, ha provveduto alla nomina di un assessore uomo. Tale sostituzione, non corredata da alcuna motivazione in ordine alla difficoltà riscontrata nell’attuazione della normativa in parola, ha alterato l’equilibrio di genere della compagine giuntale, riducendo la rappresentanza del genere femminile ad un solo componente.
Come noto, il comma 137, dell’art. 1 della legge n. 54/14 dispone che “nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico”.
Al riguardo, si osserva che il Consiglio di Stato, sez. V, n. 4626 del 5/10/2015, ha precisato che tutti gli atti adottati nella vigenza dell’art. 1, comma 137, citato trovano in esso “un ineludibile parametro di legittimità” e, pertanto, un’interpretazione che riferisse l’applicazione della norma alle sole nomine assessorili effettuate all’indomani delle elezioni e non anche a quelle adottate in corso di consiliatura consentirebbe un facile aggiramento della suddetta normativa.
Circa l’adeguatezza dell’istruttoria effettuata dal sindaco e del corredo motivazionale addotto quale giustificazione del mancato rispetto della normativa in questione, appare utile richiamare la sentenza n. 1 del 2015 con la quale il Tar Calabria, Sez. Catanzaro, nel pronunciarsi per l’annullamento del decreto di nomina della giunta, ha ritenuto che l’atto impugnato fosse sprovvisto di adeguata istruttoria finalizzata al reperimento di “… idonee personalità di sesso femminile nella società civile, nell’ambito del bacino territoriale di riferimento, limitandosi a comprovare soltanto la rinuncia di due consigliere.”. (cfr Tar Calabria sentenze nn. 2,3 e 4 del 2015).
Da ultimo, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 406/2016, ha osservato che l’effettiva impossibilità di assicurare nella composizione della giunta comunale la presenza dei due generi nella misura stabilita dalla legge deve essere “adeguatamente provata”.
Nella citata pronuncia, il Supremo Consesso Amministrativo ha, inoltre, dato conto della ragionevolezza delle indicazioni fornite dalla scrivente amministrazione nella circolare n. 6508 del 24.4.2014 laddove si fa presente che occorre lo svolgimento di una preventiva e necessaria attività istruttoria preordinata ad acquisire la disponibilità dello svolgimento delle funzioni assessorili da parte di persone di entrambi i generi e di fornire un’adeguata motivazione sulle ragioni della mancata applicabilità del principio di pari opportunità.
Tanto premesso, si osserva che, come noto, il vigente ordinamento non prevede poteri di controllo di legittimità sugli atti degli enti locali in capo a questa Amministrazione e, pertanto, gli eventuali vizi di legittimità degli atti adottati potranno essere fatti valere nelle competenti sedi.