Referendum. Gli istituti di partecipazione e gli organismi consultivi del cittadino trovano una loro concretizzazione nel T.U.O.E.L. 267/2000 ed essi, indipendentemente dalla dimensione demografica dell’ente, fanno parte del contenuto necessario e non meramente facoltativo dello statuto; nondimeno, il comma 3 dell’art. 8 riconosce solo la mera “possibilità” per lo statuto di prevedere “referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini”, mentre il comma 4 li limita a “materie di esclusiva competenza locale”.
L’ordinamento, come detto, non contempla l’obbligatorietà del referendum comunale, è in facoltà del consiglio comunale la possibile soppressione dell’istituto o la sua revisione con la previsione di solo una o più tra le fattispecie “propositive”, “consultive” o “abrogative”, anche con le eventuali limitazioni ritenute opportune.
Si fa riferimento alla nota sopradistinta con la quale è stato chiesto se il Consiglio comunale in oggetto possa legittimamente procedere alla modifica del vigente statuto per comprimere il diritto referendario dei cittadini e limitarlo solo alle fattispecie consultive e, nel caso, se l’eventuale consultazione possa essere limitata alle sole questioni sulle quali il consiglio non si sia ancora pronunciato. Al riguardo si osserva che l'art. 6 del T.U.O.E.L. prevedendo l’adozione dello statuto da parte dei comuni, al comma 4, stabilisce, tra l’altro, che le medesime disposizioni procedurali “si applicano anche alle modifiche statutarie”. L’Ente pertanto, in base alle vigenti norme, è legittimato a deliberare le modifiche statutarie ritenute opportune. In merito alla fattispecie referendaria, si rappresenta che l’ordinamento italiano presta una particolare attenzione alla partecipazione diretta del cittadino nella vita delle istituzioni locali. Giova ricordare in proposito, che l’Italia ha fatto propri i principi della Carta Europea dell’autonomia locale a cui ha aderito sottoscrivendo la relativa convenzione, poi ratificata con la legge 30 dicembre 1989, n. 439. L’articolo 3 della Carta, al comma 2 - che costituisce uno dei paragrafi su cui esercitare la scelta del vincolo (art. 12, comma 1) – riconoscendo alle collettività locali il diritto di regolamentare ed amministrare nell'ambito della legge una parte importante di affari pubblici mediante Consigli e Assemblee costituiti da membri eletti a suffragio libero, segreto, paritario, diretto e universale, in grado di disporre di organi esecutivi responsabili nei loro confronti, ha puntualizzato, altresì, che “detta disposizione non pregiudica il ricorso alle Assemblee di cittadini, al referendum, o ad ogni altra forma di partecipazione diretta dei cittadini qualora questa sia consentita dalla legge”. Gli istituti di partecipazione e gli organismi consultivi del cittadino trovano una loro concretizzazione nel citato T.U.O.E.L. ed essi, indipendentemente dalla dimensione demografica dell’ente, fanno parte del contenuto necessario e non meramente facoltativo dello statuto; nondimeno, il comma 3 dell’art. 8 riconosce solo la mera “possibilità” per lo statuto di prevedere “referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini”, mentre il comma 4 li limita a “materie di esclusiva competenza locale”. Nel caso di specie, l’art. 36 dello Statuto comunale, al comma 5, prevede l’adozione di un regolamento attuativo delle disposizioni statutarie relative al referendum e, correttamente, codesta Prefettura con nota del 2 agosto u.s. ha invitato l’Ente ad adottare con la dovuta urgenza il provvedimento in parola al fine di rendere concreto l’esercizio del diritto. Tuttavia, fermo restando che l’ordinamento, come detto, non contempla l’obbligatorietà del referendum comunale, è in facoltà del consiglio comunale la possibile soppressione dell’istituto o la sua revisione con la previsione di solo una o più tra le fattispecie “propositive”, “consultive” o “abrogative”, anche con le eventuali limitazioni ritenute opportune.