Istanza di accesso agli atti avanzata da un consigliere del Comune di Ascoli Piceno

Territorio e autonomie locali
15 Settembre 2016
Categoria 
05.02.06 Diritto di accesso
Sintesi/Massima 

Diritto di accesso Consiglieri comunali ad un atto di citazione.
Con riferimento alla applicabilità della normativa prevista dal d.P.C.M. n. 200 del 26.1.1996, recante il regolamento per la categoria di documenti dell’Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso, il Consiglio di Stato ha osservato che “le limitazioni poste da tale d.p.c.m non possono applicarsi, in via analogica, ai consiglieri comunali, i quali, nella loro veste di componenti del massimo organo di governo del Comune, hanno titolo ad accedere anche agli atti concernenti le vertenze nelle quali il Comune è coinvolto nonché ai pareri legali richiesti dall’Amministrazione comunale, onde prenderne conoscenza e poter intervenire al riguardo”. (Consiglio di Stato sez. V 4/5/2004 n. 2716). Tale orientamento non risulta coerente con altre pronunce nelle quali lo stesso Consiglio di Stato ha elaborato osservazioni di diverso segno, come, ad esempio, nella nota sentenza n. 1893 del 2.4.2001, nella quale è stato rilevato che “…nessun argomento sistematico od esegetico consente di affermare che la portata del segreto professionale possa assumere consistenza diversa, a seconda del tipo di amministrazione considerato”.

Testo 

Si fa riferimento alla nota sopradistinta con la quale codesta Prefettura ha formulato un quesito in materia di diritto di accesso ex art. 43, comma 2, del decreto legislativo n. 267/00. In particolare il sindaco del Comune in oggetto, nell’ambito della seduta consiliare tenutasi in data 16.2.2016, ha comunicato di aver conferito mandato all’ufficio legale comunale di avviare il procedimento giudiziario nei confronti del socio minoritario di una s.r.l., incaricata della gestione di un servizio pubblico, per mancato rispetto degli accordi stipulati in seno alla convenzione che ne regola i relativi rapporti. Un consigliere dello stesso comune ha presentato istanza di accesso all’atto di citazione, ai sensi del sopra citato art. 43, comma 2, e tale richiesta è stata riscontrata con una nota con la quale il Segretario Generale dell’Ente ha comunicato il differimento dell’ostensione della citata documentazione in ragione della normativa recata dall’art. 11 del regolamento della civica Avvocatura. Ai sensi di tale disposizione, esecutiva dell’art. 24, comma 1, della legge n. 241/90, è previsto che, in virtù del segreto professionale, come disciplinato dall’ordinamento, sono sottratti al diritto di accesso gli atti e gli scritti difensivi, le consulenze tecniche nonché la corrispondenza relativa ai suddetti atti. Nella stessa nota si legge, altresì, che anche la giurisprudenza amministrativa ha escluso il diritto di accesso del consigliere comunale nei confronti degli atti difensivi in caso di lite pendente e che gli atti dei legali della parte sono assistiti dal segreto professionale. In tali ipotesi, ad avviso del Segretario Generale, l’art. 24, primo comma, della legge n. 241/90 va coordinato con gli artt. 622 c.p. e 200 c.p.p. che qualificano il segreto degli atti difensivi e con la previsione di cui all’articolo 2 del d.P.C.M. n. 200 del 26.1.1996 recante il regolamento per la categoria di documenti dell’Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso. Al riguardo, si osserva che, come noto, l'esercizio del diritto di accesso è definito dal Consiglio di Stato (sentenza n.4471/2005) "diritto soggettivo pubblico funzionalizzato", finalizzato al controllo politico-amministrativo sull'ente nell'interesse della collettività e, come tale, diverso dal diritto di accesso previsto dalla legge n.241/1990, riconosciuto ai soggetti interessati allo scopo di predisporre la tutela di posizioni soggettive lese. Il diritto del consigliere comunale ad ottenere dall’ente tutte le informazioni utili all’espletamento del mandato non incontra neppure alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio; gli unici limiti all’esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono rinvenirsi, per un verso, nel fatto che esso deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali (attraverso modalità che ragionevolmente sono fissate nel regolamento dell’ente) e, per altro verso, che esso non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando tuttavia che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazione al diritto stesso. (Consiglio di Stato, sez. V, n.6963/2010). Per quanto concerne l’applicabilità della normativa prevista dal d.P.C.M. n. 200 del 26.1.1996, recante il regolamento per la categoria di documenti dell’Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso, il Supremo Consesso Amministrativo ha osservato che “le limitazioni poste da tale d.p.c.m non possono applicarsi, in via analogica, ai consiglieri comunali, i quali, nella loro veste di componenti del massimo organo di governo del Comune, hanno titolo ad accedere anche agli atti concernenti le vertenze nelle quali il Comune è coinvolto nonché ai pareri legali richiesti dall’Amministrazione comunale, onde prenderne conoscenza e poter intervenire al riguardo”. ( Consiglio di Stato sez. V 4/5/2004 n. 2716). Tale orientamento non risulta coerente con altre pronunce nelle quali lo stesso Consiglio di Stato ha elaborato osservazioni di diverso segno, come, ad esempio, nella nota sentenza n. 1893 del 2.4.2001, nella quale è stato rilevato che “…nessun argomento sistematico od esegetico consente di affermare che la portata del segreto professionale possa assumere consistenza diversa, a seconda del tipo di amministrazione considerato”. La Commissione per l’Accesso ai Documenti Amministrativi ha condiviso le osservazioni formulate in quest’ultima pronuncia nel parere reso in data 9 aprile 2014, laddove ha considerato legittimo il differimento dell’accesso agli atti relativi alla fase istruttoria di un procedimento disciplinare, in quanto “…i documenti, seppur detenuti dall’amministrazione, non sono suscettibili di divulgazione, perché il principio di trasparenza cede, quantomeno sul piano temporale, a fronte dell’esigenza di salvaguardare l’interesse protetto da speciali normative di segretezza..”. Alla luce della non omogenea giurisprudenza, la questione, pertanto, non può che essere rimessa alle valutazioni dell’ente locale che, nell’ambito della propria autonomia, dovrà assumere le conseguenti determinazioni.