Disciplina dei rapporti tra le funzioni dei sindaci e quelle dei consiglieri comunali

Territorio e autonomie locali
27 Luglio 2016
Categoria 
05.01.01 Competenze
Sintesi/Massima 

Il sindaco è “membro del consiglio comunale” e, anche alla luce della sentenza n. 44/1997 della Corte Costituzionale è compartecipe a pieno titolo delle relative funzioni.

E’ fermo il principio generale che, nelle ipotesi in cui l'ordinamento non ha inteso annoverare il sindaco o il presidente della provincia, nel quorum richiesto per la validità delle sedute, lo ha indicato espressamente usando la formula “senza computare a tal fine il sindaco ed il presidente della provincia”.

La presentazione di mozioni è prevista dall’art. 43 del decreto legislativo n. 267/00, che al comma 3, demanda allo statuto ed al regolamento la disciplina concernente le modalità di presentazione degli atti di sindacato ispettivo e le relative risposte.

Testo 

Si fa riferimento alla nota sopradistinta con la quale codesta Prefettura a seguito di precorsa corrispondenza con un consigliere ed il sindaco del Comune di …, ha posto a questo Ministero una serie di quesiti attinenti le prerogative e le funzioni di tali figure istituzionali.
Al riguardo, si osserva che l’articolo 37 del decreto legislativo n. 267/00 che fornisce indicazioni sulla composizione numerica dei consigli stabilisce, al comma 1, che “il consiglio comunale è composto dal sindaco” e da un certo numero di membri differenziato in base alla popolazione del comune.
L’art. 39, comma 3 del medesimo decreto legislativo affida al sindaco dei comuni con popolazione inferiore a i 15.000 abitanti, salva differente previsione statutaria, il compito di presiedere il consiglio comunale.
Tale funzione, come è noto, non potrebbe essere esercitata da soggetti che non facciano parte a pieno titolo dell’organo in parola e che non rivestano dunque lo status di consigliere comunale (es. il componente della Giunta che non sia anche consigliere comunale non può assumere la presidenza del consiglio comunale in sostituzione del sindaco assente).
Ciò posto, considerato che anche l’art. 37, comma 2, dello Statuto del Comune di … recita che “il sindaco è membro del consiglio comunale” non può non riconoscersi lo status in parola in capo a tale figura, alla luce anche della sentenza n. 44/1997, con la quale la Corte Costituzionale ha precisato che i sindaci direttamente eletti, tuttora componenti dei consigli, sono come tali compartecipi a pieno titolo delle relative funzioni.
Tuttavia, la partecipazione agli organismi collegiali del Comune quali le commissioni consiliari permanenti, che, si ricorda rispecchiano di norma la composizione dei gruppi consiliari è definita, in particolare, dalle disposizioni statutarie e regolamentari dell’ente interessato ove dovrebbero trovare espressione anche le modalità e i requisiti per la relativa costituzione, nonché le soluzioni alle diverse problematiche.
L’articolo 18 del regolamento consiliare al comma 5, escludendo espressamente i “sindaci e gli assessori” dalle Commissioni permanenti, ha previsto, però la loro partecipazione alle riunioni anche in caso di richiesta degli stessi.
La preclusione, che pure astrattamente sarebbe stata superabile (v. sentenza del C.d.S. Sez. V 23 aprile 1998, n. 476), deriva dunque direttamente dal regolamento comunale che deve essere osservato, salvo sua modifica o impugnativa da parte di chi abbia interesse.
La partecipazione alla Conferenza dei capigruppo trova una sua disciplina nell’articolo 16 del regolamento consiliare il quale al comma 2 stabilisce che “alle riunioni della Conferenza dei capigruppo può partecipare il Sindaco o l’Assessore da lui delegato”.
Riguardo al quorum strutturale per la validità delle sedute, l’art. 38, comma 2, del T.U.O.E.L. demanda al regolamento l’individuazione del numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia.
Fermo restando il principio generale che, nelle ipotesi in cui l'ordinamento non ha inteso annoverare il sindaco o il presidente della provincia, nel quorum richiesto per la validità delle sedute, lo ha indicato espressamente usando la formula “senza computare a tal fine il sindaco ed il presidente della provincia”, si ritiene legittimo, al di fuori del caso prospettato, includere nel calcolo dei consiglieri anche il sindaco, fatte salve le eventuali previsioni statutarie o regolamentari difformi adottate dall’ente locale nell’ambito della propria discrezionalità.
Nel caso di specie, l’art. 20, comma 6, dello statuto prevede che “il consiglio comunale delibera validamente quando sia presente almeno la metà dei consiglieri assegnati”, mentre l’art. 57 del regolamento, al comma 1, stabilisce che in prima convocazione il consiglio non può deliberare se non interviene la metà dei consiglieri assegnati al comune, senza computare a tal fine il sindaco. Del resto, anche l’articolo 141 del decreto legislativo n. 267/00 al comma 1, lett. b), punto 3, indicando la metà più uno dei membri “assegnati” che presentano le dimissioni contestuali al fine dello scioglimento del consiglio, esclude espressamente il sindaco dal computo.
L’espressione “consiglieri assegnati”, sembra giustificarsi solo con riferimento al richiamato art. 37 del T.U.O.E.L., ove viene stabilito il numero di membri del Consiglio che spettano a ciascun Comune in base alla popolazione, oltre il Sindaco (conforme TAR Lombardia sentenza 1604/2011 del 22/11/2011 – contrario TAR Puglia – Bari n. 1301/2004 del 12.03.2004).
La stessa esclusione è prevista comunque, dall’articolo 58, comma 2 del regolamento consiliare, il quale richiede che per la validità delle adunanze di seconda convocazione devono essere presenti almeno diciotto consiglieri, senza computare a tal fine il Sindaco.
In merito alla legittimità dell’art. 44 del regolamento che consente la presentazione di mozioni anche in materia di competenza specifica della giunta municipale, e dunque non di stretta competenza dell’organo consiliare, si osserva che il predetto diritto è previsto dall’art. 43 del decreto legislativo n. 267/00, che al comma 3, demanda allo statuto ed al regolamento la disciplina concernente le modalità di presentazione degli atti di sindacato ispettivo e le relative risposte.
La dottrina definisce “mozioni” gli atti approvati dal consiglio per esercitare un’azione di indirizzo, esprimere posizioni e giudizi su determinate questioni, organizzare la propria attività, disciplinare procedure e stabilire adempimenti dell’amministrazione nei confronti del Consiglio.
Il T.A.R. Puglia – Sezione di Lecce – I Sez., sentenza n. 1022/2004, individua la mozione quale “istituto a contenuto non specificato … , trattandosi di un potere a tutela della minoranza per situazioni non predefinibili, a differenza di altri strumenti più a valenza di mera conoscenza (quali l’interrogazione o la interpellanza), essendo strumento di “introduzione ad un dibattito” che si conclude con un voto che è ragione ed effetto proprio della mozione”.
La normativa regolamentare in esame, che si spinge fino ad includere le materie di competenza della giunta, non pone, dunque, limiti di materia al diritto dei consiglieri di presentare mozioni che, in quanto atti preordinati a promuovere una deliberazione del consiglio, costituiscono una delle modalità attraverso cui quest’ultimo esercita la funzione di indirizzo e di controllo politico - amministrativo prevista, ai sensi dell’art. 42, comma 1, del decreto legislativo n. 267/00 tra le attribuzioni dell’organo rappresentativo dell’ente.
Pertanto, potrebbe non ravvisarsi alcuna illegittimità in ordine all’eventuale deliberazione consiliare adottata a seguito della mozione ex articolo 44 del regolamento, qualora il Consiglio impegni la Giunta ad adottare atti di competenza della stessa, senza sostituirsi all’organo esecutivo nell’adozione del provvedimento.