I gruppi consiliari. Qualora le fonti di autonomia locale non prevedano specifiche disposizioni relative all’ipotesi della espulsione di un consigliere dal proprio gruppo di appartenenza originario, è auspicabile da parte del consiglio comunale la valutazione dell’opportunità di regolamentare anche tale fattispecie.
Si fa riferimento alla nota sopradistinta con la quale, in relazione alla segnalazione del Presidente del Consiglio comunale di … è stato chiesto un parere in merito alla costituzione dei gruppi consiliari, ed in particolare circa la legittimità della diffida - operata dai presentatori di una lista civica nei confronti di un consigliere eletto nell’ambito della medesima lista subentrato per surroga di un consigliere dimissionario - ad utilizzare le corrispondenti prerogative. Al riguardo, si rappresenta in linea generale, che l’esistenza dei gruppi consiliari non è espressamente prevista dalla legge, ma si desume implicitamente da quelle disposizioni normative che contemplano diritti e prerogative in capo ai gruppi o ai capigruppo (art. 38, comma 3, art. 39, comma 4 e art. 125 del decreto legislativo n. 267/00). La materia deve, comunque, essere regolata da apposite norme statutarie e regolamentari, adottate dai singoli enti locali nell’ambito dell’autonomia organizzativa dei consigli, riconosciuta dall’art. 38 del citato T.U.O.E.L.. I mutamenti che possono sopravvenire all’interno delle forze politiche presenti in consiglio comunale per effetto di dissociazioni dall’originario gruppo di appartenenza, comportanti la costituzione di nuovi gruppi consiliari, ovvero l’adesione a diversi gruppi esistenti, sono ammissibili. Tuttavia, sono i singoli enti locali, nell’ambito della propria potestà di organizzazione, i titolari della competenza a dettare norme, statutarie e regolamentari, nella materia. Va da sé che i mutamenti in parola modificano i rapporti tra le forze politiche presenti in consiglio, incidendo sul numero dei gruppi ovvero sulla consistenza numerica degli stessi, e ciò non può non influire sulla composizione delle commissioni consiliari che deve, pertanto, adeguarsi ai nuovi assetti. Del resto, la possibilità di transitare da un gruppo ad altro, o di costituire nuovi gruppi non potrebbe non essere finalizzata alla formazione delle commissioni consiliari, che, come è noto, non sono componenti indispensabili della struttura organizzativa, bensì organi strumentali dei consigli, alle quali, una volta istituite deve partecipare almeno un rappresentante di ciascun gruppo. Nella fattispecie segnalata si osserva che lo statuto comunale, all’articolo 21 prevede l’obbligo per tutti i consiglieri di appartenere ad un gruppo consiliare e disciplina la formazione di gruppi unipersonali. Il vigente regolamento consiliare, all’articolo 57, si limita a rinviare al disposto dell’articolo 21 dello Statuto. Sia la suddetta fonte regolamentare che lo Statuto non prevedono, invece, specifiche disposizioni relative all’ipotesi della espulsione di un consigliere dal proprio gruppo di appartenenza originario, facendo salva, piuttosto, la possibilità di potersi distaccare dal gruppo originario. Ciò posto, si evidenzia che il rapporto tra il candidato eletto ed il partito di appartenenza “…non esercita influenza giuridicamente rilevabile, attesa la mancanza di rapporto di mandato e la assoluta autonomia politica dei rappresentanti del consiglio comunale e degli organi collegiali in generale rispetto alla lista o partito che li ha candidati.” (Tar Puglia, sez. di Bari sentenza n. 506/ 2005). Peraltro, con la stessa sentenza il T.A.R. Puglia ha affermato che nel nostro sistema legislativo la “lista” è lo strumento a disposizione dei cittadini per presentare all’elettorato i propri candidati ed esaurisce la sua funzione giuridica al momento delle elezioni che si concludono con la proclamazione degli eletti, atto anteriore e del tutto autonomo rispetto alla convalida. Ne consegue che all’interno del consiglio i gruppi non sono configurabili quali organi dei partiti e, pertanto, non sembra sussistere in capo a questi ultimi una potestà direttamente vincolante sia per un membro del gruppo di riferimento, sia per gli organi assembleari dell’ente. Il T.A.R. per il Lazio, con sentenza n. 16240/2004, ha precisato che i gruppi consiliari rappresentano, per un verso, la proiezione dei partiti all’interno delle assemblee, e, per altro verso, costituiscono parte dell’ordinamento assembleare, in quanto articolazioni interne di un organo istituzionale. Nella suddetta pronuncia, si è stabilito che “… è dunque possibile distinguere due piani di attività dei gruppi: uno, più strettamente politico, che concerne il rapporto del singolo gruppo con il partito politico di riferimento, l’altro, gravitante nell’ambito pubblicistico, in relazione al quale i gruppi costituiscono strumenti necessari per lo svolgimento delle funzioni proprie degli organi assembleari, contribuendo ad assicurare l’elaborazione di proposte e il confronto dialettico tra le diverse posizioni politiche e programmatiche (cfr. Cass. civ, SS.UU., 19 febbraio 2004, n. 3335; C.S., IV, 2 ottobre 1992, n. 932; Corte Cost. 12 aprile 1990, n. 187).” Nel caso di specie, la diffida è stata peraltro presentata da altro consigliere del Comune di … nella sua sola qualità di presidente del Movimento che fa capo al gruppo conteso, facendo lo stesso parte di un altro gruppo politico presente nel consiglio comunale. Mancando, dunque, un conflitto diretto tra consiglieri comunali in ordine alla titolarità del gruppo - fermo restando che in assenza di disposizioni regolamentari che disciplinino i rapporti tra i partiti (o liste) di riferimento dei consiglieri e i gruppi costituiti non sembra possibile alcuna interferenza dei primi nei riguardi dei secondi - è auspicabile, comunque, da parte del consiglio comunale la valutazione dell’opportunità di regolamentare anche la fattispecie segnalata, al fine di assicurare il regolare funzionamento dei gruppi e l’ordinato svolgimento delle funzioni proprie dell’assemblea consiliare.