CONSIGLIERE COMUNALE NOMINATO CONSIGLIERE E PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLA IPAB.

Territorio e autonomie locali
30 Dicembre 2014
Categoria 
12.01.04 Incompatibilità
Sintesi/Massima 

SI RITIENE CHE LA NOMINA DA PARTE DEL COMUNE DEL CONSIGLIO DI AMM.NE DELLA IPAB ED I CONNESSI POTERI DI GESTIONE NON SONO SUFFICIENTI A CONCRETARE UN RAPPORTO DI DIPENDENZA CON L'ENTE CON LA CONSEGUENTE IPOTIZZATA IPOTESI DI INCOMPATIBILITA'.

Testo 

Class. 15909/TU/00/63 Roma, 30 dicembre 2014

OGGETTO: Comune di ....... Incompatibilità consigliere comunale, ex artt. 60 e 63 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Quesito.

Si fa riferimento alla nota sopra indicata, con la quale codesta Prefettura ha chiesto l'avviso di questo Ministero in ordine all'eventuale esistenza di una causa di incompatibilità nei confronti di un consigliere comunale di ......, il quale, nel corso del mandato elettivo, è stato nominato consigliere e presidente del consiglio di amministrazione della I.P.A.B. 'Centro Residenziale per Anziani .........'.
È stato altresì precisato che per la realizzazione dei propri scopi l'istituzione di che trattasi utilizza i corrispettivi dei servizi erogati, le rendite derivanti dal proprio patrimonio, nonché donazioni e contributi provenienti da soggetti pubblici e privati (cfr. art. 5 dello statuto).
Da ultimo, come evidenziato da codesta Prefettura, l'ente locale -ritiene che non ricorra, nella fattispecie, la causa di incompatibilità di cui all'art. 63, comma 1, punto 1), del decreto legislativo n. 267/2000 come modificato dal decreto legge n. 115/2005 convertito dalla legge n. 168/2005, in quanto il Comune 'non dispone di alcuna partecipazione al capitale dell'IPAB né eroga in via continuativa sovvenzioni facoltative', limitandosi ad integrare le rette di ricovero, come prescrive l'art. 6 della legge n. 328/2000, per i soggetti residenti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali- (cfr. nota del sindaco n. 14522 SEGR./L.F. del 15 settembre 2014).
Al riguardo, si osserva che, nel caso in esame, potrebbero astrattamente venire in considerazione sia l'ipotesi ostativa di cui al richiamato art. 63, comma 1, n. 1) sia quella derivante dal combinato disposto degli artt. 60, comma 1, n. 11) e 63, comma 1, n. 7) del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
La prima delle disposizioni citate presuppone che il consigliere comunale sia l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui via sia almeno il venti per cento di partecipazione da parte del comune o che riceva dal comune medesimo, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente.
Posto che, stando a quanto dichiarato dal sindaco nella nota di cui sopra, il comune non ha alcuna partecipazione nella I.P.A.B. in parola, si tratta di verificare se si possa parlare di ente sovvenzionato nei termini indicati dalla norma.
A tal fine, occorre che la sovvenzione erogata dal comune abbia i caratteri della facoltatività, nel senso che non deve trovare origine in un obbligo stabilito dalla legge, della continuità e di un'apprezzabile consistenza quantitativa, obiettivamente rapportata all'entità complessiva delle entrate annuali dell'ente sovvenzionato (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I Civile, sentenza 27 giugno 1986, n. 4260).
Orbene, ove effettivamente la contribuzione da parte dell'amministrazione comunale di ...... consista nella sola integrazione delle rette di ricovero, non sembra ravvisabile il requisito della facoltatività, nel senso sopra precisato, atteso che tale tipo di contribuzione è espressamente prevista dall'art. 6, comma 4, della legge 8 novembre 2000, n. 328, ai sensi del quale -Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all'eventuale integrazione economica-.
Conseguentemente, non sembra neppure configurabile il requisito della continuità, il quale postula una duratura e stabile partecipazione alle risorse finanziarie dell'ente sovvenzionato, tale da consentire a quest'ultimo di farvi ragionevole affidamento per il perseguimento dei propri scopi.
Tali considerazioni inducono ragionevolmente ad escludere che la situazione prospettata possa integrare l'incompatibilità di cui al più volte citato art. 63, comma 1, n. 1).
Parimenti deve dirsi con riferimento alla seconda delle cause ostative sopra considerate.
Sotto tale profilo, deve essere verificato se l'I.P.A.B. 'Centro Residenziale per Anziani .......' possa rientrare nel concetto di 'istituto dipendente dal comune', al quale fa riferimento il menzionato art. 60, comma 1, n. 11).
Al riguardo, con orientamento ormai consolidato, la giurisprudenza ha individuato i tratti distintivi del rapporto di dipendenza di un ente rispetto ad un altro -nella esistenza di un potere di vera e propria ingerenza tale da incidere sul processo formativo della volontà dell'organismo dipendente e nella finalità di cura dell'interesse pubblico perseguito, che esiti nell'esercizio di poteri di informazione, di ispezione, di posizione di indirizzi gestionali, di preposizione e rimozione di tutti gli amministratori o di parte di essi-. -L'ente dipendente, in siffatta condizione, si configura come mero strumento della volontà direttiva dell'ente sovraordinato, titolare della funzione amministrativa affidata alla cura della struttura subordinata, nei cui riguardi si determina un vero e proprio obbligo di adempiere i compiti fissatile-. In tal senso, vanno qualificati come 'dipendenti' -pure gli enti che godono di autonomia amministrativa, patrimoniale e contabile ove siano comunque preposti a compiti inclusi in quelli istituzionali dell'ente territoriale e siano soggetti all'ingerenza e alle scelte di quest'ultimo con riguardo alla loro costituzione e persistenza in vita- (ex multis, Corte di Cassazione, Sezione I Civile, sentenza 21 novembre 2013, n. 26123; Id., sentenza 16 gennaio 2012, n. 438; Id., sentenza 11 dicembre 2012, n. 25944; Id., sentenza 18 luglio 2008, n. 20055; Id., sentenza 18 ottobre 2006, n. 22346; Corte di Cassazione, Sezione feriale, sentenza 28 settembre 1994, n. 7886).
Tanto premesso in linea generale, si osserva che il decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207 ha provveduto a riordinare il sistema delle I.P.A.B., già disciplinate dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972 (c.d. legge Crispi), abrogata dall'art. 30 della legge delega 8 novembre 2000, n. 328 e dall'art. 21 del predetto decreto legislativo.
La nuova normativa ha sancito l'inserimento delle istituzioni in parola nel sistema integrato di interventi e servizi sociali e ne ha previsto il riordino attraverso la loro trasformazione in aziende pubbliche o in persone giuridiche di diritto privato ovvero attraverso la loro estinzione, demandando la puntuale attuazione del processo di riforma all'iniziativa legislativa delle singole regioni.
Allo stato, la regione Veneto non ha ancora approvato una legge organica di riordino delle I.P.A.B. mediante il percorso di aziendalizzazione previsto dalla legislazione nazionale. Pertanto, si sensi dell'art. 21 del menzionato decreto legislativo n. 207 del 2001, nel periodo transitorio previsto per il riordino delle istituzioni di che trattasi, continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti, nonché le relative leggi regionali.
In particolare, per quanto qui interessa, merita richiamare l'art. 12 della legge della regione Veneto 15 dicembre 1982, n. 55, ai sensi del quale -Spettano alla Regione la programmazione, l'indirizzo, la vigilanza ed il coordinamento dei servizi sociali e socio-sanitari in conformità alle leggi di settore. Spettano al Dirigente del dipartimento competente: a) il riconoscimento giuridico, la classificazione, il controllo e la vigilanza sugli organi, le modifiche statutarie, le fusioni, le trasformazioni nonché le estinzioni e la conseguente devoluzione del patrimonio delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza di cui alla legge 17 luglio 1890, n. 6972 e successive modificazioni ed integrazioni e che operino nell'ambito della Regione-.
L'art. 72 della legge regionale 30 gennaio 1997, n. 6, a sua volta, dispone che -le I.P.A.B. provvedono alla revisione del proprio statuto, demandando agli enti locali interessati l'individuazione dell'organo competente alle nomine, nel rispetto comunque delle volontà del fondatore. (Omissis) la rimozione e la revoca degli amministratori rimane di esclusiva competenza dell'autorità tutoria regionale che, nel rispetto comunque delle volontà del fondatore, vi può provvedere anche su proposta dell'organo competente alle nomine-.
Ancora, l'art. 3 della legge regionale 16 agosto 2007, n. 23 demanda alla regione il controllo sugli organi delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e prevede che la stessa possa procedere allo scioglimento del consiglio di amministrazione ed alla nomina di un commissario straordinario in caso di gravi violazioni di legge, di statuto o di regolamento ovvero in caso si rilevanti irregolarità nella gestione amministrativa e patrimoniale dell'ente.
Da ultimo, la regione Veneto, con gli artt. 8 e 9 della legge 23 novembre 2012, n. 43, ha dettato specifiche norme in materia di contabilità, nonché di liquidazione ed estinzione delle I.P.A.B..
Nel complesso, risulta evidente come il delineato regime giuridico sia tale da riservare all'Amministrazione regionale penetranti poteri di ingerenza nella vita delle istituzioni in argomento.
Pertanto, pur condividendo i dubbi prospettati da codesta Prefettura, si ritiene che la nomina, da parte del comune, del consiglio di amministrazione del 'Centro Residenziale per Anziani .......' ed i connessi poteri di gestione, per quanto di indubbia incisività, non siano di per sé sufficienti a concretare un rapporto di dipendenza con l'ente e la conseguente ipotizzata condizione di incompatibilità.
Ciò anche per la considerazione che le situazioni previste dagli artt. 60 e 63 del decreto legislativo n. 267 del 2000, sostanziandosi in una limitazione al diritto di elettorato passivo, costituzionalmente garantito, sono di stretta interpretazione ed applicazione (ex multis, Corte costituzionale, sentenza 20 febbraio 1997, n. 44; Corte di Cassazione, Sezione I Civile, sentenza 22 dicembre 2011, n. 28504; Id., sentenza 11 marzo 2005, n. 5449).