Incompatibilità ex art. 63, comma 1, n. 2), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267

Territorio e autonomie locali
23 Aprile 2014
Categoria 
12.01.04 Incompatibilità
Sintesi/Massima 

il ruolo di consigliere provinciale non è compatibile con la carica di presidente ed amministratore della società in parola. In tal senso, depongono sia le linee ermeneutiche fornite dalle citate pronunce giurisprudenziali sia la ratio della prospettata fattispecie d’incompatibilità, finalizzata ad evitare situazioni di conflitto tra l’interesse personale dell’amministratore e gli interessi pubblici facenti capo all’istituzione locale.

La valutazione della eventuale sussistenza di un’ipotesi d’incompatibilità è rimessa al consiglio provinciale.

In conformità al generale principio per cui ogni organo collegiale è competente a deliberare sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la verifica delle cause ostative all’espletamento del mandato è compiuta con la procedura prevista dall’art. 69 del decreto legislativo n. 267 del 2000, che garantisce il contraddittorio tra organo ed amministratore, assicurando a quest’ultimo l’esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la causa d’incompatibilità contestata (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 10 luglio 2004, n. 12809; Id., sentenza 12 novembre 1999, n. 12529).

Testo 

Classifica 15900/TU/00/63 Roma,

Al XXXX

E per conoscenza Alla Prefettura U.T.G.
di XXXXX

OGGETTO: Incompatibilità ex art. 63, comma 1, n. 2), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Quesito.

Con nota n. XXXX del XXXXX, codesta Amministrazione provinciale ha chiesto l'avviso di questo Ministero in ordine all'eventuale esistenza di una causa d'incompatibilità tra la carica di consigliere provinciale e quella di presidente ed amministratore della xxxx S.c.p.a., che ha come -oggetto sociale esclusivo la gestione del servizio idrico integrato, così come previsto dal d.gls. 152/06 e sulla base della convenzione stipulata con l'autorità d'ambito individuata dalla l.r. xxx-.
In riscontro alla predetta richiesta, con nota n. XXXX del XXX, questo Ministero ha rappresentato che gli elementi forniti non erano sufficienti ai fini dell'analisi della sussistenza di eventuali fattispecie ostative all'espletamento del mandato elettivo.
Quindi, con successiva nota n. XXX del XXXX , codesta Amministrazione provinciale ha trasmesso ulteriore documentazione, tra cui lo statuto e la visura camerale della società in questione, reiterando la richiesta di parere.
Al riguardo, si osserva che, come chiarito in giurisprudenza, le cause d'incompatibilità di cui all'art. 63 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ascrivibili al novero delle c.d. incompatibilità d'interessi, hanno la finalità di impedire che possano concorrere all'esercizio delle funzioni di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli dell'istituzione locale o i quali si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l'imparzialità (cfr. Corte costituzionale, sentenza 20 febbraio 1997, n. 44; Id., sentenza 24 giugno 2003, n. 220).
In particolare, l'ipotesi d'incompatibilità prevista dal comma 1, n. 2), del menzionato art. 63, è ravvisabile in presenza di un duplice presupposto: il primo di natura soggettiva ed il secondo di natura oggettiva.
Sul piano soggettivo, è necessario che l'interessato rivesta la qualità di 'titolare' o di 'amministratore' ovvero di 'dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento'. L'ampia formulazione usata dal legislatore, per un verso, indica che le predette qualità soggettive devono risolversi in poteri di gestione e/o decisione relativamente ai servizi di che trattasi; per altro verso, legittima il ricorso ad una eventuale interpretazione estensiva della disposizione.
Dal punto di vista oggettivo, il consigliere provinciale, rivestito di una delle citate qualità, in tanto può considerarsi incompatibile, in quanto abbia parte in servizi nell'interesse del comune. L'espressione 'avere parte' allude ad una situazione di potenziale conflitto del soggetto titolare dell'interesse particolare rispetto all'esercizio imparziale del mandato. Ne discende che la nozione di partecipazione deve assumere un significato il più possibile esteso e flessibile, al fine di potervi ricomprendere forme di partecipazione eterogenee. In tal senso, è altresì irrilevante la natura, pubblicistica o privatistica, dello strumento prescelto dall'ente locale per la realizzazione delle proprie finalità istituzionali.
In altri termini e a titolo esemplificativo, se un soggetto ha parte, nel senso sopra indicato, in un servizio, al quale l'ente è interessato, lo stesso non è idoneo, secondo la previsione tipica del legislatore, ad adempiere imparzialmente i doveri connessi all'esercizio della carica elettiva (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 22 dicembre 2011, n. 28504; Id., sentenza 16 gennaio 2004, n. 550; Id., sentenza 8 agosto 2003, n. 11959; Id., sentenza 17 aprile 1993, n. 4557).
Nel caso di specie, l'interessato riveste la carica di presidente ed amministratore della XXXX S.c.p.a., che gestisce il servizio idrico integrato, sulla base della convenzione stipulata con l'autorità d'ambito territoriale ottimale, individuata dalla legge della regione XXXX del XXX.
Tale ultima legge - successivamente abrogata dall'art. XX della legge regionale XXXXX - ha previsto la costituzione di autorità d'ambito territoriale ottimale, con la partecipazione di province e comuni, attribuendo alle stesse le funzioni di organizzazione, affidamento e controllo del servizio in questione
In materia, è altresì intervenuto l'art. della legge della regione XXXXX il quale, nel testo modificato con successive leggi regionali n. XXXXX e n. XXX, ha disposto che -nelle more della emanazione della legge regionale di riforma del Servizio idrico integrato e del Servizio di gestione integrata dei rifiuti ai sensi dell'articolo 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e Regioni), convertito con modificazioni dalla legge 26 marzo 2010, n. 42, e comunque non oltre il 28 febbraio 2014, in via transitoria, le funzioni già di competenza delle Autorità d'ambito territoriale ottimale sono assegnate alle Province che subentrano in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi delle stesse-.
Da ultimo, la menzionata legge regionale n. XX del XXX (oltre ad aver abrogato, come detto, la legge n. XXX del XXXX) ha individuato ambiti territoriali ottimali ed ha previsto che, all'interno di ciascun ambito, tutte le funzioni in materia di servizio idrico integrato sono attribuite ai comuni facenti parte dello stesso, che le esercitano in forma associata attraverso l'ente d'ambito (cfr. artt. XXX). La stessa, all'art. XXX, comma XX, ha stabilito che -Fino alla data di costituzione degli enti d'ambito, la Provincia mantiene le funzioni di cui alla legge regionale XXX-.
La normativa richiamata appare particolarmente articolata e complessa, in ragione dei numerosi rinvii ivi contenuti e delle modifiche succedutesi nel tempo. Nondimeno, alla luce di una lettura sistematica della stessa, sembra doversi ritenere che le province sono chiamate ad esercitare le funzioni già attribuite alle autorità d'ambito territoriale ottimale, fino a quando non saranno istituiti gli enti d'ambito.
Tanto premesso, si ritiene che, allo stato, il ruolo di consigliere provinciale non sia compatibile con la carica di presidente ed amministratore della società in parola. In tal senso, depongono sia le linee ermeneutiche fornite dalle citate pronunce giurisprudenziali sia la ratio della prospettata fattispecie d'incompatibilità, finalizzata ad evitare situazioni di conflitto tra l'interesse personale dell'amministratore e gli interessi pubblici facenti capo all'istituzione locale.
Si precisa, da ultimo, che la valutazione della eventuale sussistenza di un'ipotesi d'incompatibilità è rimessa al consiglio provinciale.
Infatti, in conformità al generale principio per cui ogni organo collegiale è competente a deliberare sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la verifica delle cause ostative all'espletamento del mandato è compiuta con la procedura prevista dall'art. 69 del decreto legislativo n. 267 del 2000, che garantisce il contraddittorio tra organo ed amministratore, assicurando a quest'ultimo l'esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la causa d'incompatibilità contestata (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 10 luglio 2004, n. 12809; Id., sentenza 12 novembre 1999, n. 12529).

IL DIRETTORE CENTRALE