Riguardo alla problematica relativa alle autorizzazioni a costruire, occorre fare riferimento al parere della Commissione d’accesso ai documenti amministrativi del 27 marzo 2003 nonché al parere del 14 ottobre 2003 di rinvio alla decisione n. 549 del 23 maggio 1997 con la quale il Consiglio di Stato, V sezione ha riconosciuto che "in virtù dell'art. 22 della legge 241 del 1990, qualsiasi soggetto abitante nel comune ha diritto di accesso agli atti relativi ad una concessione edilizia rilasciata dal sindaco".
In particolare, secondo quanto rilevato dalla Commissione d’accesso, trattandosi di diritto del cittadino di accedere ai documenti del proprio comune, la materia è soggetta non alla disciplina generale della legge n. 241/1990 ma a quella particolare della legge 17 agosto 1942, n. 1150, che all'art. 31, comma 8, stabilisce che "chiunque può prendere visione presso gli uffici comunali della concessione edilizia e dei relativi atti di progetto", e del d.lgs. n. 267/2000 T.U. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, art.10.
Tuttavia occorre precisare che la legge n. 1150/1942 è stata sostituita, tra le altre anche dal D.P.R. n. 380 del 6.6.2001, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, il quale pur non avendo riproposto il contenuto dell’articolo 31, comma 8, ha mantenuto, all’art. 20, la disposizione relativa alla pubblicità del permesso di costruire mediante affissione all’albo pretorio, ferma restando la più generale applicazione dell’ articolo 10 del T.U. n. 267/2000.
I permessi per costruire, pertanto, non sono soggetti a particolare riservatezza potendo essere conosciuti da qualsiasi cittadino, ferma restando la necessità del rispetto delle linee guida in materia di trattamento di dati personali per finalità di pubblicazione e diffusione di atti e documenti di enti locali, adottate dal Garante per la protezione dei dati personali con deliberazione n. 17 del 19 aprile 2007, e ferma restando l’opportunità della valutazione in ordine all’individuazione di eventuali controinteressati che abbiano titolo ad essere avvisati con le modalità di cui all’articolo 3 del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184.
Con nota email del 15 ottobre u.s., che si allega in copia, un consigliere del comune di . ha chiesto un parere in merito al corretto esercizio del diritto di accesso agli atti riservato agli amministratori degli enti locali.
Al riguardo, si osserva che l'articolo 22, comma 2 della legge n. 241/1990 prevede che 'l'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza'.
In materia di enti locali, l'articolo 10 del d. lgs. n. 267/2000 dispone che tutti gli atti dell'amministrazione comunale sono pubblici, e rinvia, altresì alla previsione regolamentare la disciplina delle modalità di esercizio del diritto di accesso che, comunque deve essere assicurato a tutti i cittadini.
Del resto, l'art. 124 del d. lgs. n. 267/2000 prevede la pubblicazione all'albo pretorio, di tutte le deliberazioni (in senso lato) del comune, che pur essendo soggetta ad una limitazione temporale, consente, tuttavia, a chiunque di prendere visione degli atti prodotti.
Il diritto d'accesso dei consiglieri comunali e provinciali agli atti amministrativi dell'ente locale è disciplinato dall'art. 43, comma 2, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, il quale prevede in capo agli stessi il diritto di ottenere dagli uffici comunali, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del loro mandato (ribadito anche dalla Commissione per l'Accesso ai Documenti Amministrativi, Plenum del 2.2.2010 e del 23.2.2010 e parere del 5.10.2010).
Secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato (cfr. C.di S. Sez. V. n. 929/2007), il diritto di accesso nei confronti del consigliere 'non può subire compressioni per pretese esigenze di natura burocratica dell'ente con l'unico limite di poter esaudire la richiesta (qualora sia di una certa gravosità) secondo i tempi necessari per non determinare interruzione delle altre attività di tipo corrente .'(limite della proporzionalità e ragionevolezza delle richieste), restando ferma la 'necessità di contemperare nel modo più ragionevole e adeguato possibile dette richieste, finalizzate all'espletamento del mandato, con le esigenze di funzionamento degli uffici'. (C.d.S., Sezione V, del 17 settembre 2010, n. 6963).
Dal contenuto dell'art. 43 del d. lgs. n. 267/2000 si evince il riconoscimento in capo al consigliere comunale di un diritto dai confini più ampi sia del diritto di accesso ai documenti amministrativi attribuito al cittadino nei confronti del Comune di residenza (art. 10, T.U. Enti locali) sia, più in generale, nei confronti della P.A. quale disciplinato dalla legge n. 241/90.
Tale maggiore ampiezza di legittimazione è riconosciuta in ragione del particolare munus espletato dal consigliere comunale, affinché questi possa valutare con piena cognizione di causa la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, onde poter esprimere un giudizio consapevole sulle questioni di competenza della P.A., opportunamente considerando il ruolo di garanzia democratica e la funzione pubblicistica da questi esercitata (a maggior ragione, per ovvie considerazioni, qualora il consigliere comunale appartenga alla minoranza, istituzionalmente deputata allo svolgimento di compiti di controllo e verifica dell'operato della maggioranza).
A tal fine il consigliere comunale non deve motivare la propria richiesta di informazioni, poiché, diversamente opinando, la P.A. si ergerebbe ad arbitro delle forme di esercizio delle potestà pubblicistiche dell'organo deputato all'individuazione ed al perseguimento dei fini collettivi.
Conseguentemente, gli Uffici comunali non hanno il potere di sindacare il nesso intercorrente tra l'oggetto delle richieste di informazioni avanzate da un consigliere comunale e le modalità di esercizio del munus da questi espletato.
Ciò, anche nel rispetto della separazione dei poteri (art. 4 e art. 14 del d. lgs. n. 165/2001) sancita per gli enti locali dall'art. 107 del d.lgs. n. 267/2000 che richiama il principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, essendo riservata ai dirigenti la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato si è orientata nel senso di ritenere che ai consiglieri comunali spetti un'ampia prerogativa a ottenere informazioni, senza che possano essere opposti profili di riservatezza nel caso in cui la richiesta riguardi l'esercizio del mandato istituzionale, restando fermi, peraltro, gli obblighi di tutela del segreto e i divieti di divulgazione di dati personali secondo la vigente normativa sulla riservatezza (secondo la quale, ai sensi dell'art. 43, comma 2, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, i consiglieri comunali e provinciali 'sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge').
In ogni caso, ad avviso di questa Direzione Centrale, appare necessaria una regolamentazione della materia da parte del Consiglio comunale nell'ambito anche degli strumenti di autorganizzazione dello stesso Consiglio.
Anche il TAR Toscana, Sez. I, con sentenza 11.11.2009, n. 1607 ha ritenuto opportuno sottolineare (concordando, in questo, con l'indicazione fornita dal Ministero dell'Interno in fattispecie analoghe) l'opportunità che l'ente locale, nell'ambito della propria autonomia, si doti da un lato di apposita regolamentazione, utile a disciplinare il corretto esercizio del diritto di accesso agli atti e alle informazioni sancito dall'art. 43 comma 2 del TUEL, dall'altro di strumenti organizzativi adeguati a soddisfare le esigenze connesse con l'esercizio del diritto in questione.
Riguardo alla particolare problematica relativa alle autorizzazioni a costruire, occorre fare riferimento al parere della Commissione d'accesso ai documenti amministrativi del 27 marzo 2003 nonché al parere del 14 ottobre 2003 di rinvio alla decisione n. 549 del 23 maggio 1997 con la quale il Consiglio di Stato, V sezione ha riconosciuto che "in virtù dell'art. 22 della legge 241 del 1990, qualsiasi soggetto abitante nel comune ha diritto di accesso agli atti relativi ad una concessione edilizia rilasciata dal sindaco".
In particolare, secondo quanto rilevato dalla Commissione d'accesso, trattandosi di diritto del cittadino di accedere ai documenti del proprio comune, la materia è soggetta non alla disciplina generale della legge n. 241/1990 ma a quella particolare della legge 17 agosto 1942, n. 1150, che all'art. 31, comma 8, stabilisce che "chiunque può prendere visione presso gli uffici comunali della concessione edilizia e dei relativi atti di progetto", e del d.lgs. n. 267/2000 T.U. delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, art.10.
Tuttavia occorre precisare che la legge n. 1150/1942 è stata sostituita, tra le altre anche dal D.P.R. n. 380 del 6.6.2001, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, il quale pur non avendo riproposto il contenuto dell'articolo 31, comma 8, ha mantenuto, all'art. 20, la disposizione relativa alla pubblicità del permesso di costruire mediante affissione all'albo pretorio, ferma restando la più generale applicazione dell' articolo 10 del T.U. n. 267/2000.
I permessi per costruire, pertanto, non sono soggetti a particolare riservatezza potendo essere conosciuti da qualsiasi cittadino, ferma restando la necessità del rispetto delle linee guida in materia di trattamento di dati personali per finalità di pubblicazione e diffusione di atti e documenti di enti locali, adottate dal Garante per la protezione dei dati personali con deliberazione n. 17 del 19 aprile 2007, e ferma restando l'opportunità della valutazione in ordine all'individuazione di eventuali controinteressati che abbiano titolo ad essere avvisati con le modalità di cui all'articolo 3 del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184.
Tanto si rappresenta con preghiera di volere partecipare il contenuto della presente al consigliere ed all'Ente interessati.