Refusione spese legali e costituzione in giudizio dell’amministrazione a dipendenti assolti ex art 425 c.p.p.. L’amministrazione non ha provveduto al rimborso delle spese legali sostenute da alcuni dipendenti sottoposti nel 2005 a procedimento penale

Territorio e autonomie locali
15 Marzo 2012
Categoria 
15.09.04 Sanzioni disciplinari
Sintesi/Massima 

La circostanza che codesto Ente si sia costituito parte civile e, allo stesso tempo, abbia attivato la procedura disciplinare nei confronti dei dipendenti, sembrerebbe deporre per l’esistenza di un conflitto di interessi tra l’Ente e i dipendenti interessati (Cfr. Corte Cassazione, sent. N. 13624/2002), che non consentono l’assunzione dell’onere della difesa. La Corte dei Conti Sez. Reg. Lombardia, nel parere 514/2010, ha affermato l’opportunità, che la parcella delle spese, da produrre a corredo dell’istanza di rimborso oltre alla fattura debitamente quietanzata dal professionista, rechi il parere di congruità dell’Ordine forenze.

Testo 

OGGETTO: Costituzione in giudizio dell'amministrazione e refusione delle spese legali a dipendenti assolti ex art. 425 c.p.p.. Richiesta di parere.

Con una nota una Amministrazione ha fatto presente di non aver provveduto al rimborso delle spese legali sostenute da alcuni dipendenti, sottoposti nell'anno 2005 a procedimento penale per i reati di cui agli artt. 81 c.p.v., 479 c.p. in relazione all'art. 476, comma 2, c.p., e prosciolti, nel 2007, con la formula 'perché il fatto non sussiste' ex art. 425 c.p.p., atteso il parere negativo espresso dall'Avvocatura comunale che non ravvisò la sussistenza dei presupposti richiesti dall'art. 28 del C.C.N.L. 14.5.2000. All'epoca dei fatti, l'Ente si costituì in giudizio e, contestualmente, l'organo disciplinare interno provvide ad attivare regolare procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti medesimi. Poiché i dipendenti, citati in giudizio dall'avvocato per il pagamento dell'onorario, che ammonta ad una cifra cadauno, si sono costituiti chiamando in causa il comune, si è riproposta la questione sulla accoglibilità della citata richiesta. Viene chiesto, in particolare, di conoscere se in presenza della succennata pronuncia di proscioglimento, che ha escluso la responsabilità del dipendente, l'Ente sia tenuto a detto rimborso; se la comunicazione della scelta dell'avvocato sia da considerarsi come coinvolgimento dell'Ente nella scelta stessa, oltre, infine a voler conoscere un giudizio di congruità sulle spese legali chieste dall'avvocato difensore.
Al riguardo, si fa presente che il citato art. 28 del CCNL 14.5.2000, disciplinante la materia per il personale di qualifica non dirigenziale, testualmente dispone che: ' l'ente anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall'apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento.'
L'assunzione dell'onere relativo all'assistenza legale dei dipendenti, pertanto, non è automatico ma presuppone alcune valutazioni che si ricavano dalla formulazione dell'articolo medesimo, valutazioni volte ad accertare il rispetto dell'interesse dell'ente di assicurare una buona amministrazione delle risorse economiche e di tutelare il proprio decoro e la propria immagine.
L'esatto adempimento delle statuizioni del predetto art. 28 obbliga l'ente, prima di convenire di assumere a proprio carico ogni onere di difesa in un procedimento di responsabilità civile o penale aperto nei confronti di un proprio dipendente, a valutare la sussistenza delle seguenti condizioni: necessità di tutelare i propri diritti e i propri interessi; insussistenza di conflitto di interessi con il dipendente come in tutti i casi in cui questi abbia posto in essere atti illegittimi; che si tratti di atti posti in essere dal dipendente durante l'espletamento del servizio e per l'adempimento dei compiti d'ufficio. L'amministrazione, dunque, ha l'onere di verificare se l'imputazione riguardi un'attività svolta in diretta connessione con i fini del comune e sia imputabile all'ente stesso, nonché di accertare la inesistenza di un conflitto di interesse, valutato non solo sotto il profilo della responsabilità penale, ma anche sotto i profili disciplinare e amministrativo per mancanze attinenti al compimento dei doveri d'ufficio.
Alla luce dei principi illustrati e relativamente al caso prospettato, la circostanza che codesto Ente si sia costituito parte civile e, allo stesso tempo, abbia attivato la procedura disciplinare nei confronti dei dipendenti, sembrerebbe deporre per l'esistenza di un conflitto di interessi tra l'ente e i dipendenti interessati (Cfr. Corte di Cassazione, sent. n. 13624/2002), che non consentono l'assunzione dell'onere della difesa.
In ogni caso, secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, si ritiene che codesta Amministrazione debba attentamente valutare, che il requisito dell'assenza del conflitto di interesse, condizione per poter procedere al rimborso, emerga chiaramente alla conclusione del procedimento penale, tenendo conto non solo della formula assolutoria della sentenza, ma anche da tutte le circostanze del caso, in relazione alle caratteristiche concrete del fatto e delle specifiche finalità che hanno spinto il dipendente a porlo in essere.
Relativamente al giudizio di congruità sulle spese legali richieste, si fa presente che la Corte dei Conti Sez. Reg. Lombardia, nel parere 514/2010, ha affermato l'opportunità, se non la necessità, che la parcella delle spese, da produrre a corredo dell'istanza di rimborso oltre alla fattura debitamente quietanzata dal professionista, rechi il parere di congruità dell'Ordine forense. A tale proposito, si è dell'avviso che la semplice comunicazione all'amministrazione della scelta dell'avvocato fatta dai dipendenti, non assolva alla condizione posta dalla norma secondo la quale il professionista deve essere scelto preventivamente e concordemente tra le parti (cfr. Cons. di Stato, sez. V, n. 552/2007).