L’articolo 4 del decreto legislativo n. 81 del 28 febbraio 2000 ha previsto espressamente che l’utilizzo nelle attività socialmente utili o di pubblica utilità, non determina l’instaurazione di un tipico rapporto di lavoro, interpretazione recepita dalla costante giurisprudenza. La Corte di Cassazione, s.u. civ., con sentenza del 22 febbraio 2005, n. 3508 ha ritenuto che il rapporto intercorrente tra un lavoratore di pubblica utilità e la P.A. non ha natura di lavoro subordinato. Tra l’Ente ed il lavoratore viene a sussistere unicamente un rapporto c.d. di “utilizzazione”, evidenziato nella fattispecie dall’art. 1 del Disciplinare regionale, laddove viene espressamente previsto che “ ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 468/2000, l’utilizzazione dei soggetti individuati all’art. 3 della L.R. 4/2001, non determina in alcun caso l’instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento e dalle liste di mobilità”. Nel caso di specie non si ravvisa la sussistenza della prospettata causa di ineleggibilità dettata dall’art 60, comma 1, n. 7 del decreto legislativo n. 267/2000.
Class. n.15900/TU/00/60 Roma, 12 maggio 2011
OGGETTO: Quesito in merito ad ipotesi di ineleggibilità.
Si fa riferimento alla nota pervenuta via fax in data 2 febbraio 2011, con la quale è stato richiesto il parere di questo Ministero in merito all'eventuale sussistenza di una causa di incompatibilità sopravvenuta nei confronti di un consigliere di codesto ente, che svolge funzioni di lavoratore socialmente utile.
La questione sollevata va analizzata alla luce dell'art. 60, comma 1, n. 7, del decreto legislativo n. 267/2000, ai sensi del quale non sono eleggibili nel rispettivo consiglio comunale i dipendenti del comune.
Al riguardo, la giurisprudenza ha escluso dall'ipotesi dell'ineleggibilità prevista dalla norma citata la sola ipotesi del lavoro autonomo (Cassazione civile, sez. I, n. 9762 del 15.9.1995; Tribunale di Sassari, sez. civ. sent. n. 1254 del 13.11.2002) e del lavoratore che non espleti attività lavorativa a favore del Comune in virtù di un contratto di fornitura di lavoro, in quanto al servizio esclusivo di una impresa esterna, esclusiva titolare del potere disciplinare (Cassazione civile, sez. I, 11.3.2005, sent. n.5449).
La ratio della norma è evidentemente quella di garantire il più possibile la separazione tra attività politica e attività di gestione e l'elemento di discrimine affermato dalla giurisprudenza è la sussistenza delle condizioni tipiche del rapporto di impiego subordinato (sottoposizione ad ordini e direttive, inserimento del lavoratore nella struttura dell'ente.).
Tuttavia, l'articolo 4 del decreto legislativo n. 81 del 28 febbraio 2000 ha previsto espressamente che l'utilizzo nelle attività socialmente utili o di pubblica utilità, non determina l'instaurazione di un tipico rapporto di lavoro, interpretazione recepita dalla costante giurisprudenza.
La Corte di Cassazione, s.u. civ., con sentenza del 22 febbraio 2005, n. 3508 ha ritenuto che il rapporto intercorrente tra un lavoratore di pubblica utilità e la P.A. non ha natura di lavoro subordinato. Tra l'Ente ed il lavoratore viene a sussistere unicamente un rapporto c.d. di 'utilizzazione', evidenziato nella fattispecie dall'art. 1 del Disciplinare regionale, laddove viene espressamente previsto che ' ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 468/2000, l'utilizzazione dei soggetti individuati all'art. 3 della L.R. 4/2001, non determina in alcun caso l'instaurazione di un rapporto di lavoro e non comporta la sospensione e la cancellazione dalle liste di collocamento e dalle liste di mobilità'.
Tale orientamento è stato consolidato anche dalla richiamata sentenza della Corte di Cassazione n. 3 del 3 gennaio 2007, che ha ribadito l'impossibilità di configurare, nel rapporto di LSU, un normale rapporto di lavoro subordinato pubblico, chiarendo, altresì, che nei lavori socialmente utili il rapporto da configurarsi è quello previdenziale, in quanto il lavoratore socialmente utile ha diritto ad emolumenti ai quali, però, non può riconoscersi natura retributiva ma, per l'appunto, previdenziale.
Da quanto sopra, nel caso di specie non si ravvisa la sussistenza della prospettata causa di ineleggibilità dettata dall'art 60, comma 1, n. 7 del decreto legislativo n. 267/2000.
Tenuto conto che le cause ostative all'espletamento del mandato elettivo, disciplinato dal T.U. sopra citato, incidendo direttamente sull'esercizio del diritto di elettorato passivo, sono di stretta interpretazione e come tali non suscettibili di estensione analogica, anche situazioni di fatto che accidentalmente dovessero evidenziare elementi del rapporto di lavoro subordinato, non precluderebbero l'assunzione della carica elettiva.