RIMBORSO ONERI PER PERMESSI ART. 80 T.U.

Territorio e autonomie locali
10 Giugno 2010
Categoria 
13.01 Posizione giuridica e trattamento economico:
Sintesi/Massima 

L'ENTE NON E' TENUTO AL RIMBORSO DEGLI ONERI PER I PERMESSI RETRIBUITI PER LA NATURA PUBBLICA DI POSTE ITALIANE SPA E FERROVIE DELLO STATO SPA

Testo 

Classifica 15900/TU/00/80 Roma, 10 GIUGNO 2010

OGGETTO: Comune di ....... Quesito su art. 80 T.U.O.E.L.

Si fa riferimento alla nota sopradistinta con la quale il Dirigente del Servizio Organi Istituzionali di codesto Comune ha chiesto se l'Ente sia tenuto a rimborsare, ai sensi dell'art. 80 T.U.O.E.L., gli oneri per i permessi retribuiti fruiti dagli amministratori che siano dipendenti di Poste Italiane S.p.A o di Ferrovie dello Stato S.p.A.
In proposito si rappresenta che l'art. 80 del T.U.O.E.L. precisa che gli oneri per i permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici economici sono a carico dell'ente presso il quale gli stessi lavoratori esercitano le funzioni pubbliche di cui all'art.79 T.U.O.E.L.
Con l'espressione 'lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici economici' il legislatore ha voluto escludere i lavoratori dipendenti dallo Stato e da altri Enti Pubblici. Nel caso prospettato occorre, quindi, individuare la natura giuridica di Poste Italiane S.p.A. e di Ferrovie dello Stato S.p.A. che, pur avendo assunto la forma societaria, sono qualificate dalla giurisprudenza amministrativa, come si va ad esporre, enti sostanzialmente pubblici.
Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza n. 1206 del 2 marzo 2001 – considerata fondamentale sulla problematica della natura giuridica delle società per azioni derivanti dalla trasformazione degli enti pubblici economici e degli enti di gestione - ha evidenziato che dottrina e giurisprudenza, dopo un iniziale contrasto tra i fautori della tesi privatistica delle società per azioni a partecipazione pubblica e quelli della tesi pubblicistica, si sono orientate nel senso di escludere che la semplice veste formale di s.p.a. sia idonea a trasformare la natura pubblicistica di soggetti che, in mano al controllo maggioritario dell'azionista pubblico, continuano ad essere affidatari di rilevanti interessi pubblici: pertanto, ai fini dell'identificazione della natura pubblica di un soggetto, la forma societaria è neutra ed il perseguimento di uno scopo pubblico non è in contraddizione con il fine societario lucrativo descritto dall'art. 2247 c.c.
L'Alto Consesso ha, pertanto, ritenuto che Poste Italiane s.p.a., poiché società di diritto speciale ancora in mano dello Stato, abbia natura pubblica, continui ad agire per il conseguimento di finalità pubblicistiche e che lo Stato, nella sua veste di azionista di maggioranza o totalitario, non possa che indirizzare le attività societarie ai fini di interesse pubblico generale anche al di là e prescindendo dal mero intento lucrativo.
L'orientamento del Consiglio di Stato risulta ribadito in successive analoghe sentenze (cfr. Cons. St., Sez. VI, 5.03.2002, n. 1303; Cons. St., Sez. VI, 7.08.2002, n. 4152) e trova fondamento, almeno al fine di giustificare la permanenza del controllo della Corte dei Conti sulle società per azioni soggette a privatizzazione solo formale ed al controllo maggioritario da parte dello Stato, anche nelle decisioni della Corte Costituzionale, che ha sottolineato la neutralizzazione della veste societaria rispetto alla natura sostanzialmente pubblicistica dei soggetti in questione (cfr. Corte Cost., n. 466 del 28.12.1993).
La Corte Costituzionale ha inoltre ricordato come la stessa dicotomia tra ente pubblico e società di diritto privato si sia andata, tanto in sede normativa che giurisprudenziale, sempre più stemperando: e questo in relazione, da un lato, all'impiego crescente dello strumento della società per azioni per il perseguimento di finalità di interesse pubblico; e dall'altro lato, agli indirizzi emersi in sede di normazione comunitaria, favorevoli all'adozione di una nozione sostanziale di impresa pubblica (art. 2 direttiva CEE n. 80/723, in tema di trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche; art. 1 direttiva CEE n. 90/531, in tema di procedure di appalto degli enti erogatori di servizi).
Ha inoltre sottolineato che le società per azioni derivate dalla trasformazione dei precedenti enti pubblici conservano connotazioni proprie della loro originaria natura pubblicistica, quali quelle, ad esempio, che si collegano alla assunzione della veste di concessionarie necessarie di tutte le attività in precedenza attribuite o riservate agli enti originari o che mantengono alle nuove società le attribuzioni in materia di dichiarazione di pubblica utilità e di necessità ed urgenza già spettanti agli stessi enti (v. art. 14 della legge n. 359/1992, primo ed ultimo comma).
Anche con riferimento alle società che svolgono il servizio ferroviario sul territorio nazionale - e che attualmente fanno capo alla Ferrovie dello Stato S.p.A., società capogruppo - la giurisprudenza ha ribadito analoghi concetti (Cfr. T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, 20-07-2006, n. 6130).
La giurisprudenza del giudice amministrativo ha da tempo chiarito la natura pubblicistica dell'ente che, nonostante la veste formalmente privatistica, è concessionario ex lege della gestione del servizio di trasporto ferroviario (Cons.Stato, VI Sez., 16 dicembre 1998 n. 1683) e, quindi, sostituto ed organo indiretto della Pubblica Amministrazione, i cui atti sono soggettivamente ed oggettivamente amministrativi (Cons.Stato, VI Sez., 16 dicembre 1998 n. 1683; T.A.R. Lazio, III Sez., 6 agosto 2002 n. 7010).
La trasformazione in società per azioni di un Ente pubblico economico o di gestione rappresenta la soluzione prescelta per risolvere l'annoso problema della economicità di gestione delle imprese pubbliche. Queste, peraltro, malgrado la trasformazione, sono destinate a rimanere tali in quanto di rilevanza strategica o perché temporaneamente sotto il controllo pubblico in quanto oggetto di programmi di ristrutturazione e riordino.
Con riferimento a tali fattispecie è ragionevole concludere nel senso che l'adozione della forma societaria è un mero modulo giuridico per rendere l'attività economica più efficace e più funzionale rispetto alla sfida della concorrenza sui mercati internazionali, fermo restando che l'impresa mantiene sotto molteplici profili uno spiccato rilievo pubblicistico (Cons.Stato, VI Sez., 20 maggio 1995 n. 498).
Come espressamente affermato dalla citata giurisprudenza, tale è il caso delle Ferrovie s.p.a. divenuta, a seguito delle delibere C.I.P.E. 12 giugno e 12 agosto 1992, concessionaria ex lege dei compiti previsti dalla legge 17.05.1985, n. 210, istitutiva dell'Ente Ferrovie dello Stato. Nei suoi confronti si possono agevolmente estendere le conclusioni alle quali era pervenuta la Corte Costituzionale nella sentenza n. 466 del 28 dicembre 1993, a proposito della trasformazione in s.p.a. dell'I.R.I., E.N.I., I.N.A. e E.N.E.L., definite società di "diritto speciale" perché riconducibili alla disciplina privatistica solo per taluni aspetti strutturali e non anche per gli aspetti genetici, funzionali e dei rapporti con gli interessi generali. La Ferrovie dello Stato s.p.a. è infatti un soggetto che opera in settori che, come quello dei trasporti, deve ritenersi di rilevanza strategica e, quindi, di spiccato rilievo pubblicistico.
Alla luce della prevalente giurisprudenza amministrativa in materia, che si richiama ai principi espressi dalla Corte Costituzionale, quest'ufficio è dell'avviso che, allo stato, il comune non sia tenuto a rimborsare gli oneri per i permessi retribuiti per la natura pubblica di Poste Italiane S.p.A. e di Ferrovie dello Stato S.p.A.