IN UN PROCEDIMENTO PENALE CONCLUSOSI CON L'ASSOLUZIONE , PERCHE' IL FATTO NON SUSSISTE, NON ESCLUDE CHE LE IRREGOLARITA' RISCONTRATE ALLA CONDOTTA DELL'AMM.RE, PER QUANTO INIDONEE AD INTEGRARE LA FATISPECIE DELITTUOSA, DETERMINANO L'INSORGERE DI QUEL CONFLITTO DI INTERESSI CHE COSTITUISCE L'ELEMENTO OSTATIVO AL RIMBORSO.
A CIO' SI AGGIUNGE CHE NON RISULTA IL COINVOLGIMENTO INIZIALE DELL'ENTE NELLA SCELTA DEL DIFENSORE, CHE DEVE ESSERE PREVENTIVAMENTE E CONCORDEMENTE SCELTO TRA LE PARTI.
Class. n. 15900/10/B/1/A Roma, 9 APRILE 2010
OGGETTO: Comune di .... - Quesito in merito alla rimborsabilità delle spese legali in favore di un ex Sindaco.
Si fa riferimento alla nota in epigrafe, con la quale codesto comune ha posto un quesito in merito alla rimborsabilità delle spese legali in favore di un ex Sindaco in un procedimento penale per reato di concussione conclusosi con l'assoluzione, ai sensi dell'art. 530 co. 2 c.p.p. perché il fatto, così come contestato, non sussiste.
La sentenza emessa, infatti, pur statuendo l'assoluzione con formula piena, contiene nel suo contesto alcune precisazioni, peraltro già riportate anche nella nota in riferimento, cui in particolare va aggiunto il seguente periodo: ' ritiene la Corte che l'esame degli elementi di prova non consenta di uscire da una zona grigia che si colloca tra una disinvolta millanteria facilitata dall'incauta, ma gratuita compiacenza del sindaco ed una prova incompiuta del concorso nel reato contestato.
Al riguardo, si rappresenta che non esiste una disposizione che obblighi il comune a tenere indenni gli amministratori delle spese processuali sostenute in giudizi penali concernenti imputazioni oggettivamente connesse all'espletamento dell'incarico, espressa-mente prevista, invece, per i dipendenti comunali.
In via generale si rappresenta che la disposizione di cui all'art.28 del CCNL dei dipendenti degli enti locali del 14.09.2000 è stata considerata dalla giurisprudenza ' applicabile in via retroattiva ed anche in via estensiva agli amministratori e non solo ai dipendenti pubblici, ma si è ritenuta limitata ai procedimenti giurisdizionali, senza che ciò escluda tuttavia la rimborsabilità delle spese sopportate in sede di indagine penale, potendosi fare ricorso alla azione di ingiustificato arricchimento' (cfr. Cons. di Stato - Sez. VI, sent. n. 5367/2004. ).
Tale estensione è stata giustificata 'in considerazione del loro status di pubblici funzionari'.
In forza di tale norma ' hanno titolo al rimborso delle spese legali il dipendente e quindi l'amministratore locale, sottoposti a giudizio penale per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio , semprechè il giudizio non si sia concluso con una sentenza di condanna e non vi sia conflitto di interessi con l'amministrazione di appartenenza ..' (cfr. Cons. di Stato , sez. V, sent. n.3946/2001).
Altra parte della giurisprudenza (cfr. Cons. di Stato - Sez.V n.2242/00), non condividendo il suddetto indirizzo, ha applicato l'analogia iuris tramite il richiamo all'art.1720, comma 2, c.c., in base al quale '.Il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell'incarico'.
Nella medesima decisione, il Consiglio di Stato ha comunque evidenziato la sostanziale eccezionalità del rimborso delle spese legali ed ha ribadito, con richiamo alla giurisprudenza ordinaria che, ai fini del rimborso, è necessario accertare che le spese siano state sostenute a causa e non semplicemente in occasione dell'incarico e sempre entro il limite costituito dal positivo e definitivo accertamento della mancanza di responsabilità penale degli amministratori che hanno sostenuto le spese legali.
Il giudice ordinario ha, peraltro, chiarito ulteriormente tale concetto precisando che il rimborso previsto dalla citata norma del codice civile ' concerne solo le spese sostenute dal mandatario in stretta dipendenza dall'adempimento dei propri obblighi.
Più esattamente esso si riferisce alle sole spese effettuate per espletamento di attività che il mandante ha il potere di esigere.
Perciò il Legislatore del 1942 ha sostituito l'espressione ' a causa' all'espressione 'in occasione dell'incarico', contenuta nell'art. 1754 cod.civ. 1865. In tal modo, si è precisato, il Legislatore si è riferito a spese che, per la loro natura, si collegano necessariamente all'esecuzione dell'incarico conferito, nel senso che rappresentino il rischio inerente all'esecuzione dell'incarico.
L'ipotesi, si è chiarito, non si verifica quando l'attività di esecuzione dell'incarico abbia in qualsiasi modo dato luogo ad un'azione penale contro il mandatario, e questi abbia dovuto effettuare spese di difesa delle quali intenda chiedere il rimborso ex art.1720 cit.
Ciò è evidente nel caso in cui l'azione si riveli, ad esito del procedimento penale, fondata, ed il mandatario-reo venga condannato, giacché la commissione di un reato non può rientrare nei limiti di un mandato validamente conferito (art.1343 e 1418 cod.civ.). Ma la verificazione dell'ipotesi non è possibile neppure quando il mandatario- imputato, venga prosciolto , giacché in tal caso la necessità di effettuare le spese di difesa non si pone in nesso di causalità diretta con l'esecuzione del mandato, ma tra l'uno e l'altro fatto si pone un elemento intermedio, dovuto all'attività di una terza persona , pubblica o privata, e dato dall'accusa poi rivelatasi infondata.
Anche in questa eventualità non è dunque ravvisabile il nesso di causalità necessaria tra l'adempimento del mandato e la perdita pecuniaria, di cui perciò il mandatario non può pretendere il rimborso'. (cfr. Corte Suprema di Cassazione - sez. I civ., del 20 dicembre 2007, depositata il 16 aprile 2008, n.10052).
Occorre evidenziare, inoltre, che non è sufficiente che il processo penale per fatti connessi all'espletamento di compiti d'ufficio si sia concluso con l'assoluzione, ma deve coesistere l'ulteriore condizione della mancanza di conflitto di interessi con l'ente (cfr. Corte dei Conti - Sez. Giur. Reg. Liguria, sent. n.580 del 13 ottobre 2008), che l'ente stesso dovrà valutare ex post, a conclusione del procedimento (cfr. Corte di Cassazione, sezione I, sentenza n. 15724 del 13.12.2000 e n. 54 del 2.01.02).
In base all'orientamento della magistratura (Corte dei Conti, sezioni riunite, 18.06.86, n. 501; TAR Lombardia, sezione II, 14.01.93, n. 14; TAR Piemonte, sezione II, 28.02.95, n. 138; Consiglio di Stato, sezione VI, 13.01.94, n. 20) il contrasto di interessi va escluso quando l'amministratore abbia adottato atti d'ufficio nell'esclusivo interesse dell'amministrazione e non può pertanto essere valutato in astratto ed ex ante, cioè con puro e semplice riferimento alle accuse rubricate, ma deve essere preso in considerazione in concreto, a conclusione del processo, tenuto conto dell'esito dell'istruttoria e del conseguente giudizio.
Il conflitto d'interessi sussiste tutte le volte in cui l'ente ha assunto, in atti amministrativi o in sede giurisdizionale, una linea a tutela dei propri interessi totalmente o parzialmente diversa da quella dell'amministratore, ed in ogni caso in cui emerga obiettiva-mente una condizione conflittuale.
Così, ad esempio, nel caso in cui la condotta dell'amministratore, pur risultando irrile-vante in sede penale, abbia esposto l'ente ad una condizione pregiudizievole o comunque sfa-vorevole, ovvero non possa ritenersi coerente con i doveri imputabili allo stesso ammi-nistratore.
A tale ultimo riguardo, occorre rilevare che, avendo la richiamata giurisprudenza fondato sulla disciplina civilistica del mandato la rimborsabilità delle spese in questione, il conflitto di interesse, preclusivo del rimborso, è da ritenersi sussistente tutte le volte in cui il comportamento dell'amministratore non risulti compatibile con l'osservanza di quella ordinaria diligenza (la diligenza del buon padre di famiglia) che l'art. 1710 c.c. impone al mandatario.
E' ormai opinione dominante nell'ambito della giurisprudenza contabile che per non configurare conflitto di interessi occorre una sentenza emessa con la formula più ampia possibile, tale da far ritenere il comportamento degli amministratori e/o dipendenti improntato al rispetto del principio cardine dell'art.97 Cost.
Ciò posto, è evidente che il giudizio di insussistenza del fatto come reato non esclude che le irregolarità riscontrate, riferibili alla condotta dell'amministratore, per quanto inidonee ad integrare la fattispecie delittuosa, determinano l'insorgere di quel conflitto di interessi che costituisce elemento ostativo al rimborso.
Dette irregolarità, infatti, in quanto non compatibili con i doveri di diligenza e di buona amministrazione che gravano sull'amministratore locale e che gli impongono il rispetto delle norme che regolano l'attività amministrativa, determinano l'insorgere di una condizione di conflitto di interessi tra lo stesso amministratore e l'ente sotto il profilo della violazione dell'interesse di quest'ultimo al una gestione condotta nel rispetto integrale delle norme.
A ciò si aggiunge che non risulta vi sia stato, nel caso in esame, il coinvolgimento iniziale dell'ente nella scelta del difensore, che deve essere scelto preventivamente e concordemente tra le parti (cfr. sent. Cons. St, sez. V, n.552/07).