Rimborso spese legali sostenute alcuni dipendenti comunali (in diversi procedimenti penali) uno concluso con archiviazione, altro con formula “per non aver commesso il fatto” - Applicazione art. 28, CCNL del 14.5.2000.

Territorio e autonomie locali
9 Giugno 2009
Categoria 
15.07 Disposizioni particolari
Sintesi/Massima 

Possibilità o meno, per Avvocatura comunale, accoglimento richiesta rimborso spese sostenute per difesa suddetti procedimenti, in misura ridotta rispetto ad importi richiesti - data loro consistenza, pur in presenza parere di congruità espresso da Ordine degli Avvocati - in relazione ad attività svolta e documentata - Non applicabilità citata norma contrattuale, stante mancata coincidenza di interesse tra dipendenti ed amministrazione e contrasto dei reati medesimi con finalità proprie di una amministrazione pubblica.

Testo 

Con una nota, un'Amministrazione ha chiesto di conoscere il parere di questo Ministero in ordine alla possibilità di accogliere la richiesta di rimborso delle spese legali avanzata da alcuni dipendenti per i quali, nel primo caso, il procedimento che riguarda 8 vigili urbani si è concluso con l'archiviazione ed è stato avviato per i reati di cui agli artt. 81, 110, 314, 490, 61 n. 2 c.p.; nel secondo caso, che riguarda altri 6 vigili urbani, il procedimento è stato avviato per i reati di cui agli artt. 81 e 314 c.p., e si è concluso con la formula 'per non aver commesso il fatto'. Data la consistenza degli importi richiesti, è stato chiesto se l'Avvocatura comunale, pur in presenza di parere di congruità espresso dall'Ordine degli Avvocati, possa ridurlo in relazione all'attività svolta e documentata.
Al riguardo, com'è noto, il rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente di una amministrazione locale in procedimenti civili, penali, contabili, relativi a fatti o atti direttamente connessi allo svolgimento delle sue attribuzioni, e salvo che sussista conflitto d'interessi, trova il suo fondamento nella norma contenuta nell'art. 28 del CCNL del 14.5.2000, che, peraltro, riproduce l'art. 67 del D.P.R. 268/1987.
L'esatto adempimento dell'articolo richiamato obbliga l'ente, prima di convenire di assumere a proprio carico ogni onere di difesa in un procedimento, di valutare la ricorrenza di puntuali condizioni quali: l'esistenza di una connessione dei fatti e degli atti oggetto del giudizio con l'espletamento del servizio e l'assolvimento degli obblighi istituzionali; la necessità di tutelare i propri diritti e i propri interessi; l'insussistenza di un conflitto di interessi con il dipendente; l'insussistenza di illeciti commessi dal dipendente durante l'espletamento del servizio e per l'adempimento di compiti d'ufficio e, naturalmente, l'esistenza di una sentenza definitiva che abbia escluso la responsabilità del dipendente.
Quindi, l'amministrazione deve rigorosamente esaminare se sussista piena coincidenza fra la posizione del dipendente e quella dell'amministrazione, ovvero se l'imputazione riguardi un'attività svolta in diretta connessione con i fini del comune e sia imputabile all'ente stesso.
Condizione determinante è dunque la verifica dell'inesistenza di un conflitto di interesse, il quale deve essere valutato non solo sotto il profilo della responsabilità penale, ma anche sotto i profili disciplinare e amministrativo per mancanze attinenti al compimento dei doveri d'ufficio.
La numerosa giurisprudenza in materia è concorde, infatti, nel sostenere la necessità che l'ente, al fine di stabilire se il dipendente abbia agito nell'interesse del comune e non in conflitto di interessi, compia delle valutazioni nel merito delle singole fattispecie.
Da quanto sopra, pertanto, in relazione alla natura dei reati contestati ai vigili urbani in questione, che sono di peculato (art. 314), concorso formale, reato continuato (art. 81), soppressione, distruzione e occultamento di atti veri (art. 490), circostanze aggravanti comuni (art. 61), emerge chiaramente che non solo non vi è coincidenza di interesse tra i dipendenti medesimi e l'amministrazione, ma i reati medesimi si pongono in contrasto con le finalità proprie di una amministrazione pubblica.
Si deve, quindi, ritenere che le richieste di rimborso delle spese legali avanzate dai dipendenti interessati non possano trovare favorevole accoglimento.