Nomina del difensore civico comunale. Impugnazione

Territorio e autonomie locali
23 Aprile 2009
Categoria 
02.03 Difensore Civico Comunale/Provinciale
Sintesi/Massima 

Secondo la giurisprudenza amministrativa, nel caso in cui sia impugnato l’atto di nomina del difensore civico, rilevano i vizi dell’ammissione della procedura (per mancanza dei requisiti richiesti dallo statuto e dal regolamento) e della votazione, per violazione della segretezza del voto o vizi della procedura in sé, ma non anche i criteri e le ragioni che hanno indotto l’assemblea ad esprimere la fiducia. L’atto di nomina non è sindacabile se non sotto il profilo della evidente irrazionalità e della falsità dei presupposti, ma non anche per il giudizio di valore tratto dai dati curriculari del candidato e tanto meno per vizio formale, essendo nella espressione del voto, la ragione stessa della nomina (cfr. C. di S. sez. V, sent. n. 1910/2005).

Testo 

Sono stati chiesti elementi in ordine ai mezzi di gravame attivabili avverso la nomina del difensore civico comunale del comune di ., ove sia ritenuta illegittima.
Al riguardo si rappresenta che generalmente siffatto atto di nomina è oggetto di apposito provvedimento del competente consiglio comunale, ed è pertanto soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione contemplati dall'ordinamento giuridico, quali il ricorso straordinario al Capo dello Stato ovvero il ricorso giurisdizionale al competente Tribunale Amministrativo (secondo la disciplina recata dal d.p.r. n. 1199/71 e art. 20, legge n. 1034/71 per i ricorsi amministrativi e dalla legge n. 1034/71 e dal r.d. n. 1054/1924 per quelli giurisdizionali).
Come noto infatti la figura del difensore civico comunale è istituibile facoltativamente dagli enti locali ai sensi dell'art. 11 del d.lgs.vo n. 267/2000. La norma ne demanda la previsione alla fonte statutaria che disciplina 'l'elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico, nonché i suoi rapporti con il consiglio comunale o provinciale'.
Sulla base di siffatta riserva statutaria i singoli enti locali possono prevedere discipline diversificate in merito alle procedure di elezione del difensore civico che, generalmente, trovano un comune denominatore nella previsione della competenza dell'assemblea consiliare a deliberare la nomina, preceduta dallo svolgimento di una apposita selezione sulla base di un bando pubblico.
Nel comune di . la figura è prevista e disciplinata nel capo V dello statuto comunale (artt. 18 – 22) che all'art. 20 reca norme sull'elezione del Difensore Civico.
Detta norma, che appare modulata alla stregua di molte altre realtà locali, prevede che lo stesso sia 'eletto dal Consiglio Comunale, a maggioranza dei due/terzi (2/3) dei componenti ed a scrutinio segreto. Dopo il terzo scrutinio l'elezione è valida se il candidato ottiene la maggioranza assoluta dei voti dei Consiglieri assegnati'.
Quanto ai requisiti è previsto che il Difensore Civico sia scelto tra i cittadini, resi¬denti da almeno cinque anni nel Comune, che per capacità, preparazione, esperienza giuridico-amministrativa, garanti¬scano l'indipendenza, l'obiettività e l'imparzialità richieste dalla funzione.
Appare evidente come tale rapporto sia connotato da natura fiduciaria in virtù della maggioranza qualificata richiesta per la proclamazione del nominando, la cui scelta, che avviene a scrutinio segreto, presuppone il raggiungimento di un accordo che soddisfi anche la parte minoritaria del consiglio.
Avverso siffatto atto di nomina è ammessa l'attivazione dei succitati mezzi di gravame (in sede amministrativa o in alternativa in sede giurisdizionale), in relazione a rilevati vizi di legittimità dell'atto deliberativo del consiglio.
Laddove l'atto sia impugnato innanzi al competente TAR giova citare un passo della motivazione della sentenza pronunziata dal TAR Lazio sul ric. 8291/2007 laddove, nel chiarire la natura dell'atto di nomina in questione, si esprime sulle censure esperibili in tale sede. In particolare spiega il Collegio che '.la votazione di secondo grado che caratterizza il procedimento di scelta evidenzia che la nomina costituisce un atto latamente politico dell'intera Assemblea, alla quale non trovano applicazione le regole proprie delle procedure e dei provvedimenti di tipo concorsuale' . pertanto, rilegge nel medesimo passo della motivazione 'rilevano i vizi dell'ammissione della procedura (per mancanza dei requisiti richiesti dallo statuto e dal regolamento) e della votazione, per violazione della segretezza del voto o vizi della procedura in sé, ma non anche i criteri e le ragioni che hanno indotto l'assemblea ad esprimere la fiducia.'. A giudizio del Collegio quindi l'atto di nomina non è sindacabile se non sotto il profilo della evidente irrazionalità e della falsità dei presupposti, ma non anche per il giudizio di valore tratto dai dati curriculari del candidato e tanto meno per vizio formale, essendo nella espressione del voto, la ragione stessa della nomina (nello stesso senso cfr. C. di S. sez. V, sent. n. 1910/2005).