L'’effettuazione del referendum comunale è preclusa qualora manchi l’apposito regolamento attuativo attesa la funzione complementare ed integrativa della disciplina regolamentare rispetto alle previsioni statutarie (parere del Consiglio di Stato, Sez. I, n. 464/1998 reso nell’adunanza dell’8 luglio1998) e qualora gli specifici quesiti referendari vertano su una materia che non rientra nella disponibilità dell’ente locale.
Un comune (sottoposto a gestione commissariale), ha prospettato un quesito in ordine alla possibilità di effettuazione di un referendum consultivo, in esito alle istanze presentate da un Comitato Promotore composto da dieci cittadini iscritti nelle liste elettorali comunali, formulate ai sensi dell'art. 66 del vigente statuto comunale.
Al riguardo, si condividono le perplessità evidenziate, in via preliminare, dall'interessato commissario straordinario in merito alla valenza delle istanze in parola. La prima delle stesse, indirizzata al commissario straordinario (in relazione alle funzioni svolte come organo consiliare), appare irrituale in quanto, sulla base della disciplina dettata dal surriferito articolo 66, il procedimento referendario può prendere avvio, in via alternativa, o con iniziativa unilaterale dell'organo politico (consiglio comunale che provvede a fissare il testo del quesito da sottoporre agli elettori) o con iniziativa popolare (nel qual caso la predisposizione del quesito è sottratta all'organo politico e rimessa al comitato promotore contestualmente alla presentazione al sindaco della 'richiesta' di cui al comma 6 del suddetto art. 66 dello statuto).
Pertanto, sulla base della cennata disciplina statutaria, è da ritenersi senza dubbio irrituale l'anzidetta istanza indirizzata dal comitato promotore al commissario straordinario, affinché si attivi ai sensi del comma 4 del citato art. 66 per 'proporre, con delibera di consiglio comunale, fissante il testo da sottoporre agli elettori.' i quesiti referendari redatti dallo stesso comitato promotore.
Nei termini anzidetti, l'istanza in parola, presenta, fra l'altro, profili di incoerenza con specifico riferimento all'individuazione del soggetto competente alla predisposizione del quesito referendario.
La seconda istanza appare, sotto un profilo meramente formale e astratto, ammissibile in quanto configura sostanzialmente la 'richiesta' contemplata dal comma 6 del considerato articolo 66 dello statuto.
Ed invero, sebbene al comma 5 sia previsto testualmente che la 'richiesta' di proposta referendaria debba essere 'corredata dalle firme.di almeno il 15% degli elettori.', la ricostruzione del procedimento referendario desumibile dall'esame complessivo dei commi successivi, induce a ritenere che la raccolta delle firme da parte del comitato promotore sia differita alla 'comunicazione da parte del sindaco al comitato promotore della dichiarazione di ammissibilità' effettuata dal Segretario Generale.
Nella fase di avvio dell'iniziativa referendaria di tipo popolare, sembrerebbe, pertanto, ammissibile una 'richiesta', ex comma 6 dell'art. 66 citato, che non sia contestualmente corredata dalle firme del 15%, nel minimo, degli elettori.
Un'opportuna revisione delle cennate disposizioni statutarie potrebbe, per il futuro, dissipare i possibili dubbi sul punto.
Premesse le cennate osservazioni di carattere meramente formale riguardo alle considerate istanze formulate dal comitato promotore nei confronti dell'Amministrazione comunale, si ritiene che nel caso di specie l'effettuazione del referendum sia preclusa per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo la mancanza dell'apposito regolamento attuativo al quale fa esplicito rinvio l'art. 66 esaminato (al comma 2 per i profili di carattere generale e al comma 10 con specifico riferimento alle modalità di svolgimento) si ritiene che configuri una causa ostativa alla sua attivabilità, attesa la funzione complementare ed integrativa della disciplina regolamentare rispetto alle previsioni statutarie (v., in tal senso, parere del Consiglio di Stato, Sez. I, n. 464/1998 reso nell'adunanza dell'8 luglio1998).
Ad avviso della scrivente, inoltre, nel caso in esame la possibilità di effettuare il referendum è da reputarsi preclusa in relazione al merito degli specifici quesiti referendari.
Questi ultimi, sottoponendo agli elettori la valutazione in ordine all'opportunità che ad operare in un ambito (di spettanza comunale) specificatamente determinato sia l'organo straordinario piuttosto che gli organi politici istituzionali, sostanzialmente vertono sui poteri del commissario, cioè su una materia che non rientra nella disponibilità dell'ente locale.
Ciò in violazione dell'inderogabile principio stabilito al comma 4 dell'art. 8 del T.U.E.L. n. 267/2000 (e recepito dal comma 2 dell'art. 66 dello statuto comunale) secondo cui i referendum devono riguardare materie di esclusiva competenza locale, quindi su cui vi sia la competenza ad operare.
Com'è noto, la legittimazione del commissario straordinario a gestire in via temporanea l'ente locale (con i poteri di sindaco, consiglio e giunta) non trae il suo fondamento da una competenza comunale in materia, ma dal D.P.R. relativo allo scioglimento degli organi comunali, il quale gli attribuisce l'incarico in parola in base al vigente ordinamento (art. 141 del T.U.E.L. n. 267/2000) che, peraltro, è coerente al sistema costituzionale che riserva in via esclusiva allo Stato la legislazione concernente gli organi di governo dell'ente locale (art. 117, co. 2, lett. p Cost.).