Assunzione onere assistenza legale (per dipendenti o amministratori locali) - Diverso trattamento riservato da normativa tra giudizio vertente suaccertamento responsabilità civile e penale e quello relativo a responsabilità contabile-amministrativa (nel caso cui il procedimento non si instauri per intervenuta archiviazione).
Con una nota, un'Amministrazione ha sottoposto all'attenzione di questo Ministero, al fine dell'acquisizione di un parere, la questione relativa al diverso trattamento riservato dalla normativa disciplinante l'assunzione dell'onere dell'assistenza legale, per i dipendenti o amministratori locali, a seconda se il giudizio verta sull'accertamento della responsabilità civile e penale, o sull'accertamento della responsabilità contabile amministrativa, con particolare riferimento al caso in cui il procedimento non si instauri per intervenuta archiviazione.
Al riguardo, si rileva preliminarmente che la diversa formulazione della normativa che regola l'assunzione dell'onere dell'assistenza legale, rispettivamente in sede civile e/o penale o in sede contabile, assicura una differente tutela al dipendente o amministratore.
Difatti, si rammenta che l'art. 28 del CCNL del 14.9.2000 per il personale degli enti locali e l'art. 12 del CCNL Area dirigenza per il biennio 2000-2001, disciplinante il patrocinio legale per i dipendenti o dirigenti coinvolti in procedimenti di responsabilità civile e penale, obbliga l'ente ad assumere a proprio carico ogni onere di difesa sin dall'apertura del procedimento e, quindi, ancor prima che emergano determinazioni dell'organo giudicante in ordine alla sussistenza o meno della responsabilità, salvo poi l'obbligo per l'ente di ripetere quanto anticipato in caso di condanna definitiva.
Come noto, in ogni caso, l'assunzione dell'onere dell'assistenza legale in sede civile o penale da parte dell'ente non è automatica ma deve essere conseguenza di alcune valutazioni per accertare la sussistenza delle imprescindibili condizioni poste dalla normativa stessa, quali la necessità di tutelare i propri diritti ed interessi, l'assenza di un conflitto d'interessi, la connessione del contenzioso processuale alla carica espletata o all'ufficio rivestito, e l'accertamento, alla conclusione del procedimento, dell'insussistenza dell'elemento psicologico del dolo o colpa grave.
Per quanto attiene agli amministratori locali, pur non esistendo una particolare disposizione che obblighi il comune a tenere indenni gli amministratori medesimi dalle spese processuali sostenute in sede penale o civile, tuttavia, come ritenuto dal Consiglio di Stato, Sez. V, nella decisione n. 2242/2000, alla lacuna legislativa si può ovviare con una norma di carattere generale, individuata nella disciplina civilistica del contratto di mandato prevista dall'art. 1720, comma 2, del codice civile. In base a tale norma '... il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell'incarico'.
Nella medesima decisione, il Consiglio di Stato, ha comunque evidenziato la sostanziale eccezionalità del rimborso delle spese legali, necessariamente subordinata a garanzie procedimentali che non hanno valore puramente formale, ma che mirino ad accertare la presenza dei necessari presupposti sostanziali della pretesa la quale, in ultima analisi, postula l'accertamento dell'assenza di responsabilità dell'amministratore in relazione al fatto generatore dell'esborso anticipato nel giudizio penale.
Il Consiglio di Stato ha altresì ribadito, con richiamo alla giurisprudenza ordinaria, che, ai fini del rimborso, è necessario accertare che le spese siano state sostenute a causa e non semplicemente in occasione dell'incarico e sempre entro il limite costituito dal positivo e definitivo accertamento della mancanza di responsabilità penale degli amministratori che hanno sostenuto le spese legali.
La normativa che regola, invece, il rimborso delle spese legali sostenute da dipendenti e amministratori sottoposti al giudizio della Corte dei conti, prevista dal comma 2bis dell'art. 3 del decreto legge n. 543/96, introdotto dalla legge di conversione n. 639/96 e interpretato dall'art. 10bis della legge n. 248/2005, subordina il predetto rimborso al definitivo proscioglimento, correlando la praticabilità del rimborso medesimo all'espletamento di un procedimento giudiziario contabile e alla sua definitiva conclusione con una formula ampiamente assolutoria che escluda completamente la responsabilità dei convenuti sotto il profilo non solo soggettivo ma anche oggettivo.
Il definitivo proscioglimento è quindi requisito essenziale perché si possa procedere al rimborso delle spese legali nei giudizi contabili non risultando sufficiente il decreto di archiviazione per l'accertamento dell'assenza di responsabilità in capo all'amministratore o al dipendente.