L'OBBLIGO DI ASTENSIONE RICORRE OGNI QUALVOLTA SUSSISTE UNA CORRELAZIONE DIRETTA ED IMMEDIATA FRA LA POSIZIONE DELL'AMMINISTRATORE E L'OGGETTO DELLA DELIBERAZIONE E DI CONSEGUENZA IN TUTTI I CASI IN CUI GLI AMMINISTRATORI VERSINO IN SITUAZIONI, ANCHE POTENZIALMENTE, IDONEE A PORRE IN PERICOLO LA LORO ASSOLUTA IMPARZIALITA' E SERENITA' DI GIUDIZIO.
Class. 15900/TU/00/78 Roma, 31 ottobre 2007
OGGETTO: Approvazione del Piano di Governo del Territorio (P.G.T.). Obbligo di astensione dei consiglieri comunali.
Si fa riferimento alla nota sopradistinta, con la quale è stato richiesto un parere in merito all'art. 78, comma 2, D. Lgs. n. 267/2000, laddove stabilisce che '.l'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini sino al quarto grado'.
Al riguardo, si rappresenta che è regola generale dell'ordinamento giuridico quella che vuole che i soggetti interessati (o comunque parenti ed affini entro il quarto grado dei soggetti interessati) si astengano dalla partecipazione alla discussione e all'approvazione di provvedimenti che possono produrre effetti nella loro sfera giuridica (Cons.di Stato, Sez. IV, sent. 21 giugno 2007, n. 3385).
Invero, '.l'obbligo di astensione che incombe sugli amministratori comunali in sede di adozione (e di approvazione) di atti di pianificazione urbanistica sorge per il solo fatto che, considerando lo strumento stesso l'area alla quale l'amministratore è interessato, si determini il conflitto di interessi, a nulla rilevando il fine specifico di realizzare l'interesse privato e/o il concreto pregiudizio dell'amministrazione pubblica. Tale obbligo, che trova fondamento nei principi di legalità, imparzialità e trasparenza che deve caratterizzare l'azione amministrativa, ai sensi dell'art. 97 della Cost., essendo finalizzato ad assicurare soprattutto nei confronti di tutti gli amministrati la serenità della scelta amministrativa discrezionale costituisce regola di carattere generale, che non ammette deroghe ed eccezioni e ricorre quindi ogni qualvolta sussiste una correlazione diretta ed immediata fra la posizione dell'amministratore e l'oggetto della deliberazione, pur quando la votazione non potrebbe avere altro apprezzabile esito e quand'anche la scelta fosse in concreto la più utile e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico.' (C. d. S., sez. IV, n. 2826/2003).
La giurisprudenza, dunque, è concorde nel ritenere che il dovere di astensione de quo sussista in tutti i casi in cui i gli amministratori versino in situazioni, anche potenzialmente, idonee a porre in pericolo la loro assoluta imparzialità e serenità di giudizio.
Né l'eventuale annullabilità del provvedimento, comunque adottato, potrà riguardare soltanto quella parte dello stesso che riguardava i soggetti incompatibili, al riguardo, infatti, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, in diverse occasioni, ha ribadito, che '.la regola che vuole l'astensione dei soggetti interessati è di carattere generale e tende ad evitare che, partecipando gli stessi alla discussione e all'approvazione del provvedimento, essi possano condizionare nel complesso la formazione della volontà dell'assemblea, concorrendo a determinare un assetto complessivo dello stesso provvedimento non coerente con la volontà che sarebbe scaturita senza la loro presenza.' (cfr. C.d.S., Sez. IV, sent. 21 giugno 2007, n. 3385, cit.).
Riguardo, poi, al concetto di -interesse- del consigliere alla deliberazione, esso '.comprende ogni situazione di conflitto o di contrasto di situazioni personali, comportante una tensione della volontà verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all'adozione di una delibera' (cfr. C.d.S. Sez. IV, n. 7050/2003).